Parti cesarei in calo, Burlo all’avanguardia in Italia

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redazione

20 Ottobre 2021
Reading Time: 3 minutes

Allineamento agli standard internazionali

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Il punto nascita dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” di Trieste è allineato, primo in Italia fra quelli di secondo livello, ai migliori standard internazionali in termini di parti cesarei.

La proporzione di parti effettuati con taglio cesareo è uno degli indicatori di qualità usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario. Questo perché il minor ricorso al cesareo risulta sempre associato a una pratica clinica più appropriata, mentre diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per “ragioni non mediche”.

Nonostante questo, il numero dei parti con taglio cesareo è andato progressivamente aumentando in molti Paesi. In Italia, in particolare, si è passati da circa il 10% all’inizio degli anni Ottanta al 21,5% nel 2019, un valore molto al di sopra del 15% indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

L’indicatore è normalmente calcolato come proporzione di parti con taglio cesareo primario (primo parto con taglio cesareo di una donna), essendo bassissima la probabilità per le donne con pregresso cesareo di partorire per via naturale. Infatti, la proporzione di parti vaginali eseguiti in donne che hanno già partorito con taglio cesareo ha in Italia valori molto bassi (5,5% nel 2012 e 10% nel 2019).

Il nosocomio triestino nel 2020 ha registrato invece dati lusinghieri, con un tasso di parti con taglio cesareo pari al 14,6%, di cui solo il 4% primari, e una percentuale di parti vaginali in donne hanno già partorito con taglio cesareo che è superiore al 55%.

«Riteniamo molto importante – spiega il direttore generale dell’Irccs, Stefano Dorbolò – che l’Istituto si sia allineato alle migliori performances dei più importanti centri del Nord Europa e del Nord America perché il ridotto ricorso al parto chirurgico rappresenta il principale indicatore di qualità in Ostetricia e quindi ci siamo adoperati affinché  siano implementati tutti i requisiti di sicurezza previsti nel parto vaginale mettendo a disposizione H24, 7 giorni sui 7, quattro medici ostetrici esperti, che intervengono a supporto dell’equipe in caso di particolari difficoltà insorte durante il travaglio».

Il risultato raggiunto dal Burlo è arrivato grazie a un percorso che ha visto l’equipe di Ostetricia instaurare una collaborazione con anestesisti e neonatologi e un’interfaccia con la direzione dell’Istituto e si inserisce in una politica sanitaria mirata a cancellare tabù presenti tuttora sul territorio nazionale, come il parto vaginale in gestanti con uno o due precedenti cesarei, nelle gravidanze gemellari e nelle gestanti con il feto in presentazione podalica.

Una politica che si è rivelata vincente considerando i risultati materno-neonatali: quattro gemelli su sei nascono con parto vaginale, il 55% di gestanti con uno o due pregressi cesarei ha un parto vaginale e alcuni casi selezionati con il feto in presentazione podalica hanno un parto naturale o un’estrazione per via vaginale.

«Riteniamo che il modello organizzativo della sala parto del Burlo Garofolo – aggiunge Dorbolò – dovrebbe essere esportato in altri punti nascita del territorio, al fine di riuscire realmente a ridurre o almeno contenere il ricorso spesso indiscriminato al parto chirurgico. Ricordiamo, infatti, che da alcuni decenni sono emanate precise direttive dal Ministero della Salute e sono organizzati corsi di formazione per il personale ostetrico da parte delle Direzioni delle Aziende Sanitarie per favorire il parto vaginale, con successo modesto o nullo».

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