Italiani di Crimea, il genocidio dimenticato

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redazione

17 Marzo 2014
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Mostra a Trieste

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In un momento di enorme tensione, col rischio di una guerra civile o di un confronto militare tra Russia e Ucraina, arriva a Trieste, per iniziativa dell’Assessorato comunale alla Cultura, la mostra itinerante «Gli italiani di Crimea. Il genocidio dimenticato», dedicata alla drammatica storia degli italiani di Crimea, una piccola comunità decimata dalla deportazione di massa del 1942 nei Gulag del Kazakhstan.

La mostra fotografica sarà inaugurata martedì 18 marzo, alle 17 presso la Sala “Selva” al piano terra di Palazzo Gopcevich, e sarà visitabile, a ingresso libero, fino a domenica 30 marzo tutti i giorni, tranne il lunedì, con orario 10-17.

A inaugurare la mostra saranno l’assessore alla Cultura Franco Miracco e il giornalista Stefano Mensurati, vice direttore del Giornale Radio RAI e co-curatore della mostra assieme a Giulia Giacchetti Boico, presidente dell’Associazione Cerkio, che riunisce gli italiani di Crimea sopravvissuti alla deportazione ed i loro discendenti.

Il professor Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici ed Economia Internazionale presso l’Università di Trieste, parlerà della situazione attuale in Crimea, mentre la stessa Giulia Giacchetti Boico interverrà da Kerč in videoconferenza.

Porteranno il loro saluto Adriano Ossola, anima della Libreria Editrice Goriziana che ha realizzato il catalogo della mostra e Walter Pilo, dell’Associazione di intervento sociale e culturale «L’Uomo Libero», che ha collaborato alla realizzazione del catalogo stesso.

Giunti sulle rive del Mar Nero nel corso dell’Ottocento, gli italiani – quasi tutti pugliesi e in gran parte concentrati nella cittadina di Kerč – si inserirono perfettamente nel tessuto locale e anzi, in pochi decenni, dettero vita alla comunità straniera più fiorente e rispettata, capace di affermarsi in tutti i settori della vita economica, dal commercio all’agricoltura, dalle attività legate alla pesca all’artigianato, dalla piccola imprenditoria alle libere professioni.

Con la Rivoluzione d’Ottobre e la collettivizzazione, tutti i loro beni furono requisiti. Poi, negli Anni Trenta, arrivarono le carestie e quindi, nel ’37-’38, il Grande Terrore delle purghe staliniane, coi processi sommari e le condanne a morte o ai lavori forzati. Alcune famiglie riuscirono ad espatriare e a raggiungere proprio la città di Trieste, dove si stabilirono e dove ancora oggi vivono.

Per chi rimase, il 29 gennaio del 1942 fu la catastrofe: per il solo fatto di essere italiani, i circa 2.000 connazionali di Kerč furono rastrellati casa per casa e deportati in massa nei Gulag, come ritorsione contro l’invasione dell’Unione Sovietica da parte dell’Armir. Una pulizia etnica in piena regola, ignorata dai libri di storia. In pochi anni la comunità italiana di Crimea fu quasi totalmente spazzata via dal freddo, dalla fame, dalle malattie, dalle fucilazioni, dalle condizioni carcerarie disumane e dai lavori forzati.

Nel dopoguerra il silenzioso ritorno a Kerč dei circa 200 sopravvissuti, che dovettero ricominciare tutto da zero: senza casa, senza soldi, senza lavoro, con la paura di parlare italiano e additati come traditori.

Una storia angosciante che oggi sta faticosamente tornando alla luce. Una storia di dolore ma anche di grande dignità e di speranza, con l’amore per l’Italia che non è mai venuto meno come dimostra l’attaccamento dei superstiti alla lingua e alle tradizioni degli antenati.

Partita con grande successo di pubblico dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, dopo Trieste la mostra proseguirà il suo giro d’Italia per raccontare a tutti questa tragedia e per aiutare concretamente le poche famiglie di origine italiana ancora presenti in Crimea attraverso la vendita del catalogo stampato gratuitamente dalla Libreria Editrice Goriziana.

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