La maestria di Silvio Orlando incanta Cormòns

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Margherita Reguitti

23 Febbraio 2022
Reading Time: 2 minutes

Applausi per “La vita davanti a sé”

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Parole per raccontare i desideri, i ricordi, le paure, la ricerca di amore, l’accettazione dell’altro nella babele di razze delle periferie. Musica per creare un’atmosfera, sottolineare culture e momenti storici, tradizioni e transizioni.

Silvio Orlando sul proscenio vicino al pubblico o seduto in una poltrona che ha visto tempi migliori. Alle sue spalle domina una costruzione precaria, alta sei piani, un condominio dalle pareti di carta. Sullo sfondo del palco, quasi nascosti, i musicisti dellEnsamble Orchestra Terra Madre, fisarmonica, clarinetto, chitarra battente e percussioni, kora e djembe: fusione di note di terre lontane, quadri sonori di evocazioni.

La vita davanti a sé”, andata in scena al comunale di Cormòns nel cartellone di Artisti Associati, è una commedia scritta da Romain Gary e ambientata nel quartiere multietnico parigino di Belville negli anni ’70. Momò, bimbo arabo di dieci anni, vive nella pensione di madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. 

Momò è un “marmocchio” sveglio, delicato, buono. Sogna una leonessa che entra in camera ogni notte e lo lecca tutto, cerca la sua mamma nei negozi del vicinato, incontra una giovane e bella donna che lavora in una sala di doppiaggio, dove il mondo va alla rovescia. Cercando qualcuno che si occupi di lui come solo una madre sa fare, Momò si cura della vecchia Rosa, vicina alla fine ma capace di dimenticare le sue magagne solo vivendo la memoria della sua giovinezza e bellezza, mentre custodisce nel suo “cantuccio ebreo” in cantina le paure di quando le SS prelevavano gli ebrei per portarli in Germania.

Silvio Orlando evoca e fa pensare, parlare, vivere tutti i personaggi de “La vita davanti a sé”, guazzabuglio colorato e sentimentale, fuori dalle regole, creati nel 1975 dalla penna del romanziere lituano Romain Gary, alias Emile Ajar, nom de plume e pseudonimo di Roman Kacew, pubblicato in Italia dall’editore Neri Pozza, discusso Premio Goncourt per tematiche e doppie identità dell’autore, adattato per il cinema nel 1977.

La maestria attoriale, la passione e la sensibilità di Orlando sul palco creano la magia di tanti esseri che si manifestano, interagiscono e dicono la loro, affascinanti e contraddittori, attraverso dettagli semplici ma potenti. A volte basta un gesto e appare in scena un altro comprimario. L’ironia non manca, umorismo ebraico, a volte irriverente con una punta di assurdità, nelle battute di queste vite sgangherate, eppur umanissime, contemporanee, commoventi e attuali.

Esseri mossi da logiche che l’autore ha anticipato sul presente, come sa fare la letteratura e che Orlando ha messo in scena, curandone adattamento del testo e regia, con sentimento e delicatezza, dosando sapientemente caratterizzazioni e con frugalità di colori. Perché in fondo, come chiudono testo e sipario: bisogna voler bene.

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