La Batgirl del volley

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Michele D'Urso

18 Luglio 2014
Reading Time: 4 minutes

Daria Busdakin

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Ci sono alcuni di noi che naturalmente, senza alcuno sforzo, o quasi, eccellono in qualcosa per cui la gente comune crede sia necessario avere super poteri per poterla realizzare. Di gente che fa cose incredibili ce n’è in giro, tanto da poter affermare che la fantasia è spesso meno fantasiosa della realtà. Daria Busdakin, poliedrica, sportiva, e non solo, ricorda tanto questi super eroi.

Daria, quando ha cominciato a fare qualcosa che la gente comune ritiene ‘strana’?

«Penso a nemmeno cinque anni dal salumiere; lui mi chiese: “Bella bambina, che animale ti piacerebbe avere per giocare?”. Io risposi: “Un pipistrello!”. Il tipo non mi ha più rivolto la parola, nemmeno quando sono diventata adulta».

Carattere deciso il suo. E nello sport, quando ha cominciato a stupire il prossimo?

«Non mi ritengo affatto dotata oltre la media delle persone. Come tutti, ho cominciato da bambina, passando da uno sport all’altro: dalla danza alle arti marziali, al nuoto; poi, quando provai la pallavolo, a 14 anni, mi innamorai … della palla!»

In che senso, è la forma che la stimola?

«In un certo senso sì. Per giocare bene devi colpire nel punto giusto e con la giusta intensità in ogni tocco che fai. È una ricerca costante di equilibrio, sensibilità, percezione; diciamo che l’instabilità della sfera è per me un potente e costante stimolo di ricerca delle soluzioni ai vari problemi che ci si pongono innanzi nella vita, ovvero la ricerca dell’essere al posto giusto al momento giusto».

E così comincia la carriera di giocatrice di pallavolo, senza però trascurare il resto del mondo…

«Quando da bambina andavo a pranzo dalla nonna, lei mi diceva: “Mangia piccina, mangia!”. Io rispondevo: “Non posso nonna, sono a dieta sportiva”. Mi piace far di tutto, dalla corsa all’aerobica ai pesi. Arrivare a giocare nella formazione della Calligaris di Manzano dei tempi d’oro, squadra che dettava legge in campo nazionale, ed esserne uno dei punti di forza, non arrivò per caso ma perché valevo quel posto. Me lo ero meritato».

Lei in che ruolo gioca?

«Io sono palleggiatrice e, in coerenza con quanto detto prima, non mi vedo proprio in un altro ruolo. Schiacciare e fare punto è molto bello, dà scosse potenti di adrenalina; altrettanto quanto giocare da ricevitore, addomesticando palloni che sembrano missili. Ma riuscire a capire dove toccare la palla, per far sì che l’azione abbia successo, è l’unico ruolo che mi fa sentire a casa».

E fra le tante cose fatte, lei è stata anche una delle prime atlete di Pole Dance

«Ho cominciato così presto che ci chiamavano ancora ballerine e non atlete, e la disciplina era nota come Lap Dance. Praticamente in regione non la faceva ancora nessuno; per imparare scaricavo i filmati americani da internet e poi provavo e riprovavo fino a che i muscoli tenevano».

Ci vuole tanta forza per questa disciplina?

«Parafrasando il titolo di una nota canzone: ci vuole un fisico bestiale. Forza, concentrazione, elasticità, equilibrio, e perché no, anche un pizzico di sano narcisismo. Le cose si fanno per se stessi, ma essere apprezzati dà sempre soddisfazione. Qualcuno pensa ancora che la Pole Dance sia solo strusciarsi contro un palo; si sbaglia di grosso. Anche se al momento non mi esibisco per via della incompatibilità con le partite di pallavolo, continuo ad allenarmi con costanza in questa severa disciplina».

Giocatrice e futura allenatrice…

«Ho da tanti anni il brevetto di allenatrice, e ho anche allenato, ma non è ancora giunto il momento di sedere in panchina. Sto troppo bene sotto rete, nonostante ginocchia urlanti di dolore e qualche altro acciacco».

Sportiva e anche vegana convinta…

«Questo non fa di me una persona migliore o peggiore. La mia è una scelta consapevole, anche di rinuncia se vogliamo, ma il mio amore per gli animali è tale che non potrebbe essere altrimenti».

Quanti animali possiede?

«Tre cani pit bull, una cagnetta shitzu, due pappagalli, quattro tartarughine e cinque ratti da compagnia, tutti rigorosamente adottati».

Come adottati?

«Erano animali indesiderati e maltrattati; per più di uno ho anche pagato per sottrarlo alle grinfie dei suoi ‘padroni’».

Una famiglia numerosa… Richiede molto impegno?

«L’amore che riesce a dare una creatura animale è tale che non si bada a spese e, soprattutto, non se ne riesce più a fare a meno».

Nessuno può dire che la manchi il coraggio…

«Sono fatta così; prima linea in tutto. Non mi sono mai tirata indietro in niente, anche quando c’era da andare in moto, con magari degli smanettoni incalliti, io ero lì con la mia Ducati 748 gialla a dare filo da torcere…»

Restiamo al volley: cosa pensa di Julio Velasco?

«Un grande! Ha letteralmente cambiato il mondo della pallavolo a livello planetario. Ho i suoi filmati nel computer e ogni tanto attingo motivazioni…»

L’episodio sportivo che ricorda più volentieri?

«Eravamo a Gradisca e mio papà era venuto a vedere la partita. Eravamo in difficoltà e sono andata a recuperare una palla calciandola con il piede in mezza rovesciata. La palla superò radente la rete e finì per toccare terra nell’angolo del campo avversario; insomma feci punto con una mezza rovesciata. Al mio ritorno a casa trovai mio padre, appassionato di calcio, che raccontava l’episodio a mia madre, dicendo: “Nemmeno il miglior goleador avrebbe fatto uguale!”. Ne vado orgogliosa ancora adesso».

Il sogno nel cassetto?

«Un’isola tropicale con tanto sole e mare; io, il mio principe azzurro, tanti animali e, naturalmente, una palla».

 

Che forza la ragazza! Non so voi, ma io ce la vedo anche con il costume da Bat-girl ad andar in giro per le buie strade di Gotham City alla ricerca dei cattivi… Fate i bravi!

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