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redazione

8 Maggio 2015
Reading Time: 6 minutes

Alessia Cicconi e l’Antartide

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Il suo sguardo testimonia lo stato d’animo che sta vivendo dallo scorso mese di gennaio, appena rientrata in Italia. La sensazione agrodolce di aver vissuto dentro una fiaba, nella consapevolezza che quell’esperienza unica non tornerà più. Lo chiamano “Mal d’Antartide” e Alessia Cicconi, insegnante di Scienze del Liceo Marinelli di Udine ha capito che ne avrebbe sofferto non appena sbarcata, lo scorso ottobre, sui ghiacci del Polo Sud.

Una storia che inizia la scorsa estate, con la pubblicazione di un bando riservato a insegnanti per partecipare a una spedizione nell’ambito del Programma Nazionale Ricerche in Antartide, attivo da trent’anni sotto l’egida del MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca). «Nel 2012 – confida Alessia – avevo partecipato ad un corso di aggiornamento, la SPES (Scuola Polare Estiva per insegnanti, che per il 2015 si svolgerà nella sede del Museo dell’Antartide di Trieste) a seguito della quale ho continuato a lavorare insieme a docenti convinti come me che le scienze polari possano essere il tramite per veicolare i contenuti dei programmi scolastici di scienze. Questo “curriculum polare” mi ha permesso di partecipare al bando e di essere selezionata».

Alla gioia per l’ammissione ha fatto subito seguito l’intensità della successiva preparazione: dalle visite mediche presso l’Istituto di Medicina aeronautica di Milano al corso di addestramento gestito dall’Enea (una settimana a Brasimone e una a La Thuile).

«Nel 1959 – spiega Alessia – dodici nazioni (Argentina, Australia, Belgio, Cile, Francia, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, USA, Sudafrica, URSS) sottoscrissero il Trattato Antartico, con il quale rinunciavano a ogni rivendicazione territoriale sul luogo. Per l’epoca si trattò di una sorta di “Miracolo Antartico”, visto che in piena Guerra Fredda si riuscirono a mettere d’accordo potenze come Stati Uniti e Unione Sovietica. Forse già allora si comprese come questo territorio fosse davvero speciale».

A quell’accordo iniziale aderirono altri 33 Stati, tra cui l’Italia nel 1981. Dal 1985 a Terra Nova Bay opera la base scientifica permanente “Stazione Mario Zucchelli”. Alessia Cicconi l’ha raggiunta subito dopo il suo sbarco in Antartide. Un viaggio indimenticabile, che le foto scattate sul posto riescono a descrivere meglio di ogni parola.

 

L’Antartide è un continente più esteso dell’Europa, al cui interno cade il punto del Polo Sud geografico. Meno del 4% della sua superficie non è ricoperta dal ghiaccio e la sua calotta rappresenta oltre l’80% delle acque dolci della Terra, che se si sciogliessero porterebbero a un innalzamento del livello degli oceani di oltre 60 metri.

È il luogo più freddo (le temperature possono arrivare a meno 90° C), più arido (le precipitazioni sono inferiori a quelle del deserto del Sahara), più ventoso (sono state registrate velocità del vento di oltre 300 km/h) di tutto il nostro pianeta e anche il meno abitato del nostro pianeta (non ci sono abitanti stabili e nelle basi di ricerca sono ospitate in totale circa 4.000 persone durante l’estate che si riducono a 1.000 durante l’inverno australe). I ghiacci dell’Antartide rappresentano uno dei motori principali delle dinamiche climatiche del nostro pianeta nonché un “archivio” delle caratteristiche dell’atmosfera terrestre del momento in cui si sono formati. Per questo motivo le ricerche che vi si svolgono sono di fondamentale importanza per la comprensione dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale.

 

Partita da Venezia, dopo due scali a Londra e a Sydney, Alessia è giunta all’aeroporto di Christchurch, in Nuova Zelanda. Qui, dopo oltre una settimana di attesa a causa del maltempo, ha potuto raggiugere l’Antartide con un volo della durata di 7 ore e atterraggio in prossimità della base italiana “Mario Zucchelli”, dotata di una pista ricavata sul pack (ghiaccio marino) e utilizzabile solo sino alla fine di novembre, finché lo spessore del ghiaccio marino (mediamente 2 metri) consente l’atterraggio in sicurezza. Con l’arrivo dell’estate e l’assottigliamento dello strato ghiacciato, i voli possono atterrare solo presso l’aeroporto della stazione americana, dotato di pista asfaltata. La distanza tra la base americana e quella italiana è di circa 400 km che si percorrono con un volo in elicottero della durata di circa due ore.

 

All’arrivo in Antartide di Alessia (fine ottobre) la temperatura era di -20°C. A rendere più o meno sopportabile il freddo percepito dalle persone, tuttavia, sono i venti catabatici o blizzard, che nascono dal centro del continente antartico e che soffiano verso il mare con velocità fortissime. Senza il riparo delle tende, l’esposizione a questi venti sarebbe insostenibile per il corpo umano. 

 

A Kay Island Alessia e i suoi colleghi hanno svolto la loro prima settimana di ricerca in esterno. L’estrema pulizia dell’aria e l’assenza di umidità offrono una straordinaria apertura visiva, consentendo di osservare a occhio nudo punti distanti anche 300 chilometri. Un effetto ottico fatale a molti esploratori in passato, che si sono avviati inconsapevolmente in cammini chilometrici salvo venire sopraffatti dalla stanchezza e dal gelo dei blizzard.

Alessia Cicconi ha partecipato a due ricerche, tutt’ora attive, durante la sua permanenza in Antartide. La prima riguarda studi genetici e demografi ci sulle foche di Weddell, mammiferi in grado di restare sott’acqua anche un’ora raggiungendo profondità fino a 700 metri. Nel periodo primaverile/estivo (tra ottobre e novembre) le femmine partoriscono i loro cuccioli sul pack. Resteranno insieme per il periodo dell’allattamento durante il quale i cuccioli accresceranno il proprio strato di grasso che permetterà loro di nuotare nelle gelide acque dell’oceano meridionale.

La seconda ricerca riguarda i pinguini di Adelia, presso l’area di Edmonson Point, ambiente vulcanico di terra nera dove questi animali costruiscono i loro nidi con i sassi. Questi pinguini, alti tra i 50 e 70 cm, affrontano traversate sul pack di oltre 200 km per raggiungere il mare aperto, dove cacciano, per poi tornare (ripercorrendo gli stessi km!) alla colonia riproduttiva a nutrire i piccoli custoditi dall’altro genitore.

In Antartide gli iceberg provenienti dalla calotta antartica vengono spesso reintrappolati dal ghiaccio marino che impedisce loro di prendere il largo verso il mare aperto. L’effetto modellante del vento contribuisce poi alla formazione di veri e propri spettacoli naturali. Il maestoso iceberg presso Edmonson Point ne è un esempio.

 

5 gennaio 2015. L’esperienza di Alessia Cicconi in Antartide volge al termine. L’arrivo dell’estate australe, con lo scioglimento del pack, rende impossibile il decollo di aerei dalla base italiana. Alessia affronta così il viaggio di rientro imbarcandosi su una nave cinese in partenza da Inexpressible Island. Sul suo blog (www.fabant.it) dov’è possibile rivivere la sua esperienza, al rientro in Italia scriverà: “L’Antartide ti travolge con la sua potenza. Di fronte ai suoi monumenti naturali ognuno non può che sentirsi “piccolo piccolo” come davanti a qualcosa di “gigantesco”. L’Antartide è maestosa e regale ma al contempo semplice ed essenziale. Quando si torna al mondo reale (perché chiaramente l’altro è parso “surreale”) tutto sembra superfluo. In Antartide si perde il contatto con tanti “oggettini” che nella nostra vita quotidiana sembrano fondamentali: portafoglio, bancomat, cellulare… Tutti finiscono nel “cestino” del nostro cervello che trova, proprio in questo “mondo alla fi ne del mondo”, la sua dimensione autentica. Quella che sarebbe se non ci fossero le sovrastrutture che noi abitanti del “primo mondo” ci siamo creati e che, in questo “mondo zero” (o sarebbe meglio dire: “sotto zero”), tornano a essere quello che sono realmente: fardelli per il nostro spirito libero e “selvatico” (nella sua accezione assolutamente positiva)”.

 

Uno degli scopi principali dell’esperienza in Antartide di Alessia Cicconi è quello di trasmettere quanto appreso alle nuove generazioni, in particolare agli studenti, affinché la ricerca scientifica possa essere divulgata attraverso un linguaggio comprensibile e accessibile. Per questo motivo, dopo il suo rientro, Alessia ha raccontato quanto vissuto agli studenti di diverse scuole superiori della nostra regione: a Udine presso il “suo” Liceo Scientifico Marinelli e presso l’Istituto Tecnico Deganutti; a Cervignano del Friuli presso l’ISIS Malignani. Altre scuole la ospiteranno nelle prossime settimane.

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