Si può fermare il progresso?

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redazione

10 Luglio 2015
Reading Time: 6 minutes

Tecnologie dirompenti

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Architetti contro startup, tassisti contro Uber. Sono soltanto i prodromi di ciò che le nuove tecnologie, digitali e non, ci riserveranno nel prossimo futuro.

Un intero Ordine professionale, quello degli Architetti, ha presentato un’interrogazione parlamentare contro una startup italiana neonata (www.cocontest.com), mosso dalla paura che un servizio online di progettazione di interni sia potenzialmente dirompente per la categoria. Il successo delle piattaforme online – nel campo della progettazione ne esistono diverse altre – è legato naturalmente anche alle opportunità in più offerte ai clienti. Infatti queste piattaforme, oltre al servizio di progettazione, offrono la possibilità di leggere recensioni sui designer che hanno realizzato progetti o lavori, e di apprendere i feedback e le valutazioni dei clienti che hanno utilizzato il servizio.

Servizi online che sono già forniti anche in vari settori tra cui la pubblicità, il design di prodotto e lo sviluppo di app (sia nel mondo degli hotel e dei viaggi, che in quello del design industriale). In Europa circa l’80% dei consumatori su Internet compra solo dopo aver letto delle opinioni online sul prodotto.

E in Italia? Anche da noi il comportamento d’acquisto sta cambiando e la propensione verso l’utilizzo di canali digitali sta crescendo. Perché online gli utenti ricevono un servizio più completo, possono informarsi meglio e preventivamente e non si dirigono più alle porte degli studi di architettura o delle agenzie viaggio (solo per fare due esempi) a chiedere preventivi. Prima cercano sul web e poi, nel caso, comprano. Ecco perché credo che intere categorie, e non solo i professionisti del design e gli architetti, debbano prepararsi ad andare online per essere presenti su internet. Nel caso del design il numero delle piattaforme che offrono servizi secondo la logica del crowdsourcing (strategia operativa con la quale un’impresa si affida esternamente per la produzione di un nuovo prodotto o servizio, senza l’applicazione del tipico controllo gerarchico delle azienda organizzate, ndr) è in continuo aumento, con proposte e modalità di servizio diverse ma sempre con l’idea di fondo di agevolare e disintermediare online l’incontro tra clienti e progettisti. I por tali online che operano attraverso gli strumenti del crowdsourcing sono destinati a diffondersi sempre di più. Un’interrogazione parlamentare non fermerà l’onda lunga dell’innovazione digitale: è solo questione di tempo.

Nella vicenda Uber, servizio che permette di prenotare un’auto con conducente via smartphone, attraverso un’applicazione che consente a chiunque di utilizzare la propria auto per dare passaggi in città, si è già passati ai fatti. Il Tribunale di Milano ha ordinato il blocco di UberPop su tutto il territorio nazionale con inibizione dalla prestazione del servizio, accogliendo il ricorso presentato dalle associazioni di categoria dei tassisti per “concorrenza sleale“ al servizio di radiotaxi. Sotto il profilo della legittimità del servizio c’è da dire che la legislazione attuale, la normativa che regola il trasporto pubblico non di linea e il Codice della Strada lasciano ben poche possibilità di svolgere un servizio come UberPop, essenzialmente per l’assenza di un sistema di licenze o autorizzazioni comunali.

Ma i taxi hanno avuto la meglio? È la vittoria della guerra o solo di una battaglia?

Una cosa è certa: le battaglie cui assisteremo in questi e altri ambiti rievocano le forme di luddismo della prima rivoluzione industriale e, come tali, inevitabilmente destinate a soccombere, prima o poi, sotto il peso delle nuove tecnologie. All’epoca nacque in tutta Europa un movimento che prese il nome dal suo leader, Ned Ludd, (da cui “luddismo”), che guidava la protesta degli operai tessili della Slesia, ai quali le primitive “automazioni” della prima Rivoluzione Industriale avevano portato via il lavoro.

Ciò che vale la pena chiedersi è però se queste prime scaramucce siano solo delle anticipazioni di conflittualità allargate che mettono in gioco il rapporto tra consumatori (in termini di vantaggi derivanti dalla concorrenza perpetrata dai servizi alternativi ai taxi) e lavoratori e categorie professionali (in termini di disintermediazione da parte dei nuovi servizi e quindi di disoccupazione indotta).

Consumatori e lavoratori che peraltro spesso coincidono nelle stesse persone. L’impatto delle nuove tecnologie, e più generale i casi commentati, sono solo la punta dell’iceberg. Per esempio Jeffrey Sachs, dalla Columbia University, avverte che le “macchine intelligenti” in una generazione o due potrebbero distruggere milioni di posti di lavoro in tutto il mondo.

Altri studiosi, analizzando gli impatti della automazione dei posti di lavoro tramite computer in settecento professioni negli Stati Uniti, hanno de terminato che è a rischio il 47% dei lavori entro uno o due decenni. Altri hanno fatto lo stesso calcolo per alcuni Paesi europei e sono arrivati a prevedere una percentuale di posti di lavoro a rischio, entro dieci anni, del 42%.

Uno dei settori più immediatamente minacciato è quello automobilistico. Le “auto senza pilota” potranno conquistare l’intero mercato: nessuno le comprerà più, si affitteranno. L’industria automobilistica rischia così di subire trasformazioni radicali e con essa tutti i suoi “satelliti”, dai controllori dei parcheggi alle assicurazioni auto.

Anche il mondo delle Assicurazioni e delle Banche, sebbene protetto da regolamentazioni, viene investito dalla marea montante dell’innovazione. Negli ultimi cinque anni gli investimenti in startup nel mondo assicurativo sono nell’ordine dei 2,5 miliardi di dollari e nel solo 2014 il numero di investimenti in startup è aumentato di 10 volte. La digitalizzazione dei servizi nel settore finanziario, si parla di Fintech, crea minacce di disintermediazione anche per le banche non solo nei sistemi di pagamento, nel trade finance e nella gestione del risparmio, ma anche in relazione alla digitalizzazione di importanti processi interni, replicabili a basso costo da parte di soggetti agili e flessibili. Le iniziative sono per ora disparate e frammentate: la minaccia potrà venire dall’emergere di integratori/consolidatori di piattaforme, una sorta di Amazon Bank, che potrebbe cambiare significativamente il modello di business della banche tradizionali.

Sono solo alcune delle nuove realtà che si affacciano, figlie di un fenomeno già in corso sotto i nostri  occhi, anche se i più continuano a concepirlo in termini e tempi da fantascienza. Certamente le disruptive innovations (come vengono definite queste nuove innovazioni) sono quelle che stanno modificando i nostri stili di vita, con un impatto professionale e sociale non indifferente. Ora emergono macchine sempre nuove, sempre più “intelligenti”, più potenti, efficaci e soprattutto sempre meno care. In altre parole, la concorrenza delle nuove macchine è già in corso. Non si può trascurare infatti l’impatto che le innovazioni dirompenti hanno sul mercato del lavoro. Le nuove tecnologie portano nuovi metodi di produzione e quindi una automazione che potrà scalzare anche la manodopera specializzata. Questa però è a nostro avviso una visione troppo facile da adottare e troppo conservatrice.

In merito a queste traiettorie future ci sia concesso il beneficio del dubbio, gli scenari catastrofi ci non sembrano cosi ineluttabili: la cosiddetta “disoccupazione tecnologica” può avere un impatto non così generalizzato, ma confinato ad alcuni settori e in ogni caso potrebbe rappresentare un processo di trasformazione transitorio, come già avvenuto in diversi momenti nei 200 anni di evoluzione industriale e socioeconomica.

Tante attività e operazioni che per noi umani sono facili da eseguire nel mondo reale non sono semplici per un computer o un robot. Per un’intelligenza artificiale i problemi difficili sono facili e viceversa. È il cosiddetto paradosso di Moravec, un esperto del settore: i computer hanno superato l’uomo nel gioco degli scacchi, ma parlando di percezione e mobilità è difficile dargli le capacità di un neonato. E allora quali saranno le categorie più colpite dalla nuova era delle macchine? Gli analisti dei mercati finanziari, gli ingegneri del calcolo strutturale, i tecnici di laboratorio oppure i manutentori, gli infermieri, i musicisti?

Molti preconizzano l’avvento di una rivoluzione industriale che condurrà a un’economia del post-lavoro. Ma in molti campi le persone hanno capacità che non saranno sostituite e altre che non lo saranno ancora per qualche decennio. Per il momento il modo migliore per affrontare queste sfide è far crescere l’economia e con essa le prospettive del lavoro. E nel frattempo progettare politiche e misure che ci possano traghettare verso nuovi equilibri sociali ed economici nel modo meno traumatico possibile.

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