Tana delle Tigri

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Michele D'Urso

8 Marzo 2013
Reading Time: 5 minutes

Paolo Migliorin

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Diciamolo: chi fra noi, ragazzi negli ‘anta’, nella sua infanzia o adolescenza non ha mai visto almeno una puntata del cartoon L’Uomo Tigre? Io sì e ricordo addirittura il nome del protagonista, Naoto Date, o qualcosa di simile. Sono a Pasian di Prato per intervistare l’insegnante di arti marziali Paolo Migliorin, il quale, assieme ad altri maestri e istruttori, gestisce, oltre alla palestra annessa, un piccolo fight club. E il suo volto mi ricorda molto i lineamenti dei lottatori del cartoon; una leggera cicatrice sulla guancia destra, pizzetto sfuggente, portamento austero e un sorriso che definirei, se non beffardo, almeno ironico: «Maestro, mi sembra di essere a ‘Tana delle Tigri’!». Il maestro, per tutta risposta, va nel suo ufficio a prendere un modellino di tigre alata (il simbolo di ‘Tana delle Tigri’). «Certo che si trova proprio a ‘Tana delle Tigri’, ma io non sono maestro, non sono titolato, per cui mi chiami Paolo».

Quando è cominciata la sua avventura di emulazione dell’Uomo Tigre?

«La passione per le arti marziali ce l’ho nel sangue; anche senza il famoso cartoon sarebbero state la mia vita. Ho cominciato karate appena adolescente con i maestri Aldo Sodero e Roberto Ruberti. Il dojo (luogo di allenamento alle arti marziali) era in via Scrosoppi; uno scantinato buio e fetido che se pensavi di essere a ‘Tana delle Tigri’ capivi che eri nella parte dei servizi igienici… Lì, neanche maggiorenne, sono diventato cintura nera conquistandomi l’ambito grado nel kumite, ovvero in combattimento. Poi mi sono arruolato nella Polizia Penitenziaria e ho girato l’Italia allenandomi quando potevo. L’esperienza nelle carceri è stata comunque profonda e mi ha fatto apprezzare ancora di più i valori che vengono insegnati nei vari dojo. Alla fine, dopo cinque anni di servizio, ho deciso di cambiare lavoro e, soprattutto, di tornare a Udine, la mia amata città».

E qui ha cambiato disciplina passando dal karate al kung fu: come mai?

«Avevo bisogno di nuovi stimoli; una specie di nuovo inizio. Ho frequentato un paio di mesi la palestra di via Caccia, ma quando ho conosciuto il Sen Sei Claudio Battistoni mi sono innamorato sia del Kung fu Sanda (la forma di combattimento di quest’arte marziale), sia della grandezza di Claudio. Reputo Battistoni un mito e il mio modello ideale di maestro e di uomo».

Potrebbe indicarmi le qualità che dovrebbe avere un maestro?

«Prima di tutto ci vuole una maturità a 360 gradi, che abbraccia ogni campo dell’esistenza. Solo così si può essere in relazione con tutto e avere il giusto punto di vista sulle situazioni che affrontiamo quotidianamente, dal rapporto con il vicino a quello con i colleghi a quello con il coniuge e i figli».

Dal suo rapporto con il maestro Battistoni sono nati tanti successi sportivi…

«La costituzione di ‘Tana delle Tigri’ è avvenuta solo dopo l’inserimento del maestro Antonio Zarrillo nei nostri ranghi. È stato lui l’artefice della creazione del gruppo con il quale, a metà della prima decina del secolo, abbiamo dominato il panorama nazionale vincendo tanti titoli italiani. A Lignano Sabbiadoro, nel 2006, abbiamo sbaragliato la concorrenza, riuscendo a piazzare un atleta vincente in quasi tutte le categorie. Abbiamo smesso, o quasi, perché la carta di identità parla chiaro».

Non ci sono nuove leve?

«Pochissimi, e anche non completamente motivati. Sfornare un campione è dura. Prima di arrivare a salire sul tatami o sul ring ci vogliono anni di preparazione… invece oggi vogliamo tutto subito».

Quando sono arrivato ho atteso che lei finisse una lezione con i bambini. Forse il futuro porterà qualcosa di buono…

«Quelli che ha visto uscire erano bambini autistici: i miei piccoli angioletti. Da qualche tempo collaboriamo con un istituto».

Ottengono benefici apprendendo tecniche di combattimento?

«L’arte marziale non è solo il combattimento. L’arte marziale è movimento, anzi, conoscenza approfondita del movimento e dell’animo umano. Sono stato sottoposto a un test da parte di una educatrice, la quale ha sancito che le nostre tecniche di preparazione psico-fisica sono idonee per il miglioramento della condizione dei bambini. E questo mi inorgoglisce più di tanti titoli vinti».

A proposito di vittorie: qual era il suo punto di forza durante i combattimenti?

«Non ho mai eccelso in nulla. Non avevo né calci spettacolari, né salti prodigiosi, né potenze soverchianti. Dico che i miei punti di forza sono stati l’equilibrio fra le tecniche e, soprattutto, la percezione. Dei miei avversari sono in grado di prevedere le tecniche che applicheranno. Ovvio che le tecniche non sono come le visualizzo io, ma come le portano loro. Nessuno è infallibile; le ho date, ma le ho anche prese».

Quindi percepire è condizione fondamentale per essere un buon combattente. Ma cosa ci impedisce di farlo?

«L’indifferenza agli stimoli esterni resta ancora il problema principale per ogni fighter, come per ogni essere umano. Quando si raggiunge un alto grado di controllo di se stessi, percepire diventa più facile. La cosa più bella che contraddistingue i combattimenti eccelsi è l’abbraccio finale con l’avversario; se anche lui percepisce, sarà difficile colpirlo e allora entrambi si rendono conto di essere bravi. L’abbraccio finale è un atto di stima reciproca».

La sua filosofia per raggiungere tale meta?

«Praticare, praticare, praticare. L’arte marziale è un’arte a tutti gli effetti. Come uno scultore dice che la statua era già nella materia e che lui non ha fatto altro che togliere lo strato che la ricopriva, allo stesso modo una tecnica marziale ha bisogno della pratica per essere ripulita ed evidenziata, così da diventare più efficace».

Questo è in accordo con il concetto di Sen Sei, di Maestro, delle arti marziali cinesi?

«Un maestro pratica per anni per poi trasmettere all’allievo una tecnica pulita ed efficace che l’allievo, a sua volta, può ancora migliorare. E così via di generazione in generazione».

Alla fine di tutto, si considera fortunato?

«Assolutamente fortunato!».

Veniamo interrotti da un vocio stridulo e gioioso. Sta per cominciare l’ora del Kung fu bambini. La lezione è tenuta da un collega del ‘maestro’ Migliorin, che ogni tanto lo sostituisce. Quasi tutti i bambini alla sua vista esultano e gli corrono incontro per abbracciarlo. I genitori sorridono. La grande umanità del maestro è ben evidenziata quando lui va ad abbracciare l’allievo più timido, che era rimasto un po’ in disparte. Ora tutto è in armonia. Anche il mio animo. Forse non sono stato a ‘Tana delle Tigri’, ma di tigrotti allegri, sani e vispi, ne ho visti. E questo mi basta per avere speranze verso il futuro.

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