Sensibilità ribelle

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Margherita Reguitti

11 Luglio 2016
Reading Time: 5 minutes

Giovanni Sollima

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Vi è un legame forte di passione creativa, narrazioni e suggestioni musicali fra Giovanni Sollima e il Friuli Venezia Giulia. Il violoncellista e compositore siciliano, musicista fra i più apprezzati nel mondo, aprirà, su invito del direttore Claudio Mansutti, la prossima stagione della Fondazione “Luigi Bon” di Colugna di Tavagnacco, prestigiosa istituzione con la quale ha collaborato nella scrittura di “Canti rocciosi”, opera per orchestra d’archi e coro virile dedicata alle Dolomiti.

Sollima ha inoltre diretto la FVG Mitteleuropa Orchestra, eseguito repertori classici e contemporanei nei principali teatri e sale da concerto della regione. Nella sua vasta produzione anche “Fragments”, lavoro dedicato a Pier Paolo Pasolini, e “Ellis Island”, opera interpretata da Elisa. Dunque un rapporto con i luoghi e le persone, in un abbraccio di sensibilità diverse.

Un talento straordinario Giovanni Sollima, personalità in continua ricerca di nuovi linguaggi, sorprendente interprete di generi musicali, capace di improvvisare senza perdere coerenza di pensiero in uno stile sempre riconoscibile, legato alle suggestioni della natura, all’essenzialità del suono, al valore della tradizione del canto popolare, alla grande cultura classica. Artista senza confini, né fisici né mentali; solare, dinamico e riflessivo, sempre curioso dell’altro, capace di creare in solitudine e gestire la complessità di 100Cellos. Un compositore classico nella contemporaneità di linguaggio.

Rientrato dal Festival Piatigorsky di Los Angeles, dove la prestigiosa testata The New Yorker lo ha definito “Compositore-violoncellista ribelle, capace di condurre l’improvvisazione dal Barocco all’avanguardia noise-making”, ha partecipato al Ravenna festival con i 100Cellos, dando vita, con Enrico Melozzi, al progetto “Cellolandia”, maratona sonora di libertà per un’orchestra che viaggia nel tempo e nello spazio. Questa comprende infatti grandi maestri, componenti di orchestre e ensemble affermati, e giovani anche alle prime armi nello studio del violoncello. Tutti assieme suonano partiture a volte viste poco tempo prima di imbracciare l’archetto.

Giovanni Sollima, che cosa l’ha portata in Friuli?

«La musica eseguita all’alba sulle vostre montagne. Per me, uomo di mare, è stata la scoperta delle affinità esistenti fra le Dolomiti e le Madonie. Ma anche la passione per i canti popolari, che ricerco, colleziono e scrivo. In Friuli ho trovato vivacità e grande ricchezza di testi trasmessi attraverso la memoria degli anziani. Credo che il canto popolare sia una lingua che andrebbe insegnata a scuola per leggerne l’incrocio di culture. In questo modo ho realizzato una mia personale mappa di canti italiani e internazionali, dal Sud America ai Balcani. Questa mia attenzione ai linguaggi mi ha fatto scoprire un friulano che definisco “fossile”, mescolato al croato e parlato sull’isola di Cherso. Friulani, inoltre, sono anche alcuni allievi di miei corsi all’Accademia di Santa Cecilia a Roma».

La sua ultima opera “Il Caravaggio rubato”, presentato a Palermo in primavera, è un lavoro ispirato a un fatto di cronaca. Giusto definirlo un oratorio?

«È una definizione corretta, in quanto è un’architettura composta da quattro stratificazioni e approcci percettivi diversi del fatto di cronaca: il furto del quadro della Natività nel 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo. Sul palco ho suonato un violoncello antico e uno elettrico, ma anche la viola da gamba, con la presenza di un coro e di un’orchestra. Immagini sonore per rappresentare le luci e le ombre di quanto accaduto, per raccontare il senso e l’assenza di bellezza dopo il furto eseguito dalla mafia, avvolto dal mistero ed entrato nella leggenda».

Si tratta di un lavoro classico o contemporaneo?

«Ci sono delle citazioni a Guillaume de Machaut (1300-1377) in quanto ne sento la forza nell’esprimere la gioia e la nascita con una melodia più vicina alla musica popolare che alle sonorità di oggi. È stato il mio modo di andare verso un dipinto ignoto, per evocarne la bellezza e l’assenza».

Un lavoro complesso di musica, parole e immagini, con testo di Attilio Bolzoni e fotografi e di Letizia Battaglia. Come ha lavorato?

«In modo autonomo; non ho scritto la musica né sul testo di Attilio Bolzoni né sulle fotografi e di Letizia Battaglia che, confesso, mi hanno pietrificato; visi immobili nel passato fermo, immagini liquide e statuarie. Ho seguito un’evocazione, un fi lo rosso arcaico che mi colpisse umanamente senza pianificare un percorso compositivo. L’opera segue binari paralleli ma anche sfalsati, mantenendo la forza, le suggestioni evocative e gli approcci percettivi dei singoli linguaggi. Nel testo le tracce della guerra di mafi a, il dolore per le tante vittime e la speranza per una città viva, di bellezza struggente».

Uno spettacolo che vedremo anche nei teatri del Friuli Venezia Giulia dove il pubblico ha già dimostrato di apprezzarla e seguirla?

«Al momento non vi è nulla di concreto, ma lo spero davvero».

 

 

Giovanni Sollima è nato a Palermo il 24 ottobre 1962 da una famiglia di musicisti. Fin da giovanissimo collabora con artisti quali Claudio Abbado, Giuseppe Sinopoli, Jörg Demus, Martha Argerich, Riccardo Muti, Yuri Bashmet, Katia e Marielle Labèque, Ruggero Raimondi, Bruno Canino, DJ Scanner, Victoria Mullova, Patti Smith, Philip Glass e Yo-Yo Ma. La sua attività – in veste di solista con orchestra e con diversi ensemble (tra i quali la Giovanni Sollima Band, da lui fondata a New York nel 1997) – si dispiega fra sedi ufficiali e ambiti alternativi: Brooklyn Academy of Music, Alice Tully Hall, Knitting Factory e Carnegie Hall (New York), Wigmore Hall e Queen Elizabeth Hall (Londra), Salle Gaveau (Parigi), Accademia di Santa Cecilia a Roma, Teatro San Carlo (Napoli), Kunstfest (Weimar), Teatro Massimo di Palermo, Teatro alla Scala (Milano), International Music Festival di Istanbul, Cello Biennale (Amsterdam), Summer Festival di Tokyo, Biennale di Venezia, Ravenna Festival, “I Suoni delle Dolomiti”, Ravello Festival, Expo 2010 (Shanghai), Concertgebouw ad Amsterdam.

Per la danza collabora, tra gli altri, con Karole Armitage e Carolyn Carlson, per il teatro con Bob Wilson, Alessandro Baricco e Peter Stein e per il cinema con Marco Tullio Giordana, Peter Greenaway, John Turturro e Lasse Gjertsen (DayDream, 2007). Insieme al compositore-violoncellista Enrico Melozzi, ha dato vita al progetto dei 100 violoncelli (100Cellos), nato nel 2012 all’interno del Teatro Valle Occupato a Roma,  con lo scopo di dimostrare che si possono abbattere anche barriere di carattere pratico, grazie alla bellezza. Musicisti di età e formazione diversa, interscambio tra culture e livelli differenti, laboratorio permanente.

Tra i CD di Giovanni per SONY i CD “Works”, “We Were Trees”, per la Glossa “Neapolitain Concertos” in collaborazione con I Turchini di Antonio Florio, disco che raccoglie 3 concerti barocchi inediti del ‘700  napoletano e un nuovo brano di Giovanni “Fecit Neap” e “Caravaggio” per l’Egea.

Giovanni Sollima insegna presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma dove è anche accademico effettivo e alla Fondazione Romanini di Brescia. Suona un violoncello Francesco Ruggeri realizzato a Cremona nel 1679.

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