Il fascino senza tempo dell’antica Aquileia

imagazine_icona

redazione

2 Agosto 2016
Reading Time: 3 minutes

Proseguono le campagne di scavi

Condividi

Concluse da poco ad Aquileia le due campagne di scavo archeologico condotte tra maggio e luglio dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova: nel sito Unesco l’Ateneo patavino è attivo infatti con due cantieri archeologici didattici, diretti dai professori Monica Salvadori e Andrea Raffaele Ghiotto, ai quali ha preso parte anche quest’anno un nutrito gruppo di studenti, specializzandi, dottori di ricerca e altri collaboratori impegnati nelle varie fasi del lavoro sul campo e in laboratorio. 

Le indagini, in regime di concessione, si sono svolte in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia e con il sostegno della Fondazione Aquileia. “Oltre che per le indagini sul Sepolcreto, già in gestione alla Fondazione, – precisa Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia – abbiamo assicurato il sostegno alle campagne di scavo su aree di cui è previsto il conferimento da parte del Ministero. Nel caso del teatro, tuttavia, non si tratta esclusivamente di un sostegno economico all'Università di Padova, ma di una vera e propria collaborazione scientifica, che mira a comprendere, anche con indagini geofisiche, l'ampiezza dell'edificio e a pianificarne dunque la futura valorizzazione”.

Le aree indagate riguardano un ricco complesso residenziale privato ubicato nel settore settentrionale della città antica (domus delle Bestie ferite) e un monumentale edificio pubblico nel quartiere occidentale (teatro romano), a sud-ovest del Foro.

Nella prima area le indagini archeologiche, condotte annualmente a partire dal 2007, hanno permesso di seguire lo sviluppo di un quartiere residenziale dell’antica città romana, riportando alla luce importanti strutture e mosaici che attestano la continuità di vita di questo settore urbano per un periodo lungo più di 500 anni (fine I secolo a.C. – V secolo d.C.). Il più noto di questi pavimenti musivi è quello delle Bestie ferite, che dà il nome all’abitazione principale. A partire dal 2013 lo scavo si è ampliato verso ovest, mettendo in luce un nuovo settore abitativo. In questo settore, nel corso della campagna del 2016, è stata indagata un’ampia porzione di terreno che ha consentito di chiarire maggiormente l’assetto planimetrico del settore più settentrionale delle domus indagate. Le strutture messe in luce coprono un arco cronologico che va per lo meno dall’inizio del I secolo d.C. al IV secolo compreso. Sebbene le evidenze siano ancora in fase di studio, è stato per ora possibile riconoscere due principali fasi edilizie. Alla prima, di epoca augustea, ma mantenuta a lungo nel corso del tempo, è riferibile un esteso vano pavimentato con un mosaico di pregiato livello tecnico-artistico. Nella seconda fase, di epoca tardo-antica, il precedente impianto venne in gran parte demolito per essere sostituito da un’imponente abside associata ad un ampio vano di rappresentanza pavimentato in marmo di importazione e da un’area scoperta lastricata, probabilmente dotata di portico colonnato.

Il secondo cantiere si trova invece nella vasta area demaniale estesa tra il Foro e le Grandi terme. Qui le indagini di scavo, precedute e integrate da una serie di prospezioni geofisiche condotte dall’ing. Rita Deiana dello stesso Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, sono iniziate nel 2015 allo scopo di verificare direttamente sul terreno la suggestiva ipotesi avanzata a suo tempo da Luisa Bertacchi, secondo la quale proprio in quel luogo si sarebbero trovati i resti dell’antico teatro cittadino. La felice intuizione della studiosa ha trovato una prima conferma già nella campagna di scavo dell’anno scorso e si avvale oggi degli ulteriori risultati emersi nel 2016. 

Le indagini archeologiche hanno permesso di individuare diversi tratti di una serie di lunghe e potenti strutture murarie disposte a raggiera (muri radiali), scandite in due settori da un muro curvilineo intermedio. Nel loro complesso queste strutture presentano le caratteristiche tipiche degli impianti costruttivi in muratura che sorreggono la cavea di molti edifici per spettacoli di età romana. Come dimostrato dallo scavo, i muri radiali terminavano verso l’esterno con un pilastro. Allo stato attuale delle ricerche sembra che il diametro della cavea fosse di circa un centinaio di metri.

La ripresa delle indagini sul campo è prevista per la primavera del 2017. Per entrambi i contesti indagati saranno studiate idonee forme di valorizzazione.

 

Visited 1 times, 1 visit(s) today
Condividi