Strade senza certezza

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Andrea Fiore

12 Gennaio 2017
Reading Time: 3 minutes

Droga e cure

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Lo scorso mese di ottobre è stata inaugurata a Parigi la prima “Stanza del buco” di tutta la Francia. Un luogo, all’interno di un ospedale, dove le persone con tossicodipendenza possono iniettarsi droghe pesanti sotto la supervisione di personale medico e infermieristico.

Realtà simili esistono anche in altri Paesi europei (Germania, Spagna, Danimarca, Svizzera, Lussemburgo, Norvegia, Olanda…), non in Italia. Essendo purtroppo quello della tossicodipendenza un fenomeno universale, ed essendoci al contempo modalità di affrontarlo assai diverse da Paese a Paese, la domanda che ci poniamo è molto semplice: dopo decenni di sperimentazioni e polemiche, esiste una cura più efficace di altre? La risposta è no, ma per comprenderla nella sua interezza è necessario analizzare la questione senza pregiudizi.

 

Il fine giustifica i mezzi?

Per affrontare il problema parto dalla mia esperienza professionale. Personalmente non sono contrario a nessuna cosa pensata a scopo terapeutico, con la salute del paziente quale obiettivo finale da raggiungere. Più volte in passato si è definito il metadone (oppioide sintetico utilizzato per ridurre l'assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da stupefacenti) quale “droga di Stato”. Mi permetto di dissentire: tutte le cure, infatti, possono essere appropriate se portate avanti con le dovute attenzioni. Esistono migliaia di persone che possono affermare di essere ancora in vita per aver assunto proprio metadone.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha sottolineato quale obiettivo primario l’aumento della durata media della vita dell’individuo. Da qui la mia provocazione: se determinate tipologie terapeutiche vanno in questa direzione, perché escluderle a priori?

 

Il contesto prima di tutto

Non escludere alcuna terapia equivale a mettere a disposizione dei medici una gamma più ampia e completa di opzioni, aiutando i servizi a scegliere la strada più adatta per il paziente che si ha di fronte. Perché se da un lato è vero che quella farmacologica ambulatoriale affiancata al sostegno psicologico e sociale risulta a oggi la terapia unanimemente riconosciuta come più efficace, è altrettanto vero che la terapia perfetta non esiste.

Prima ancora di quella parigina, aveva fatto molto discutere l’apertura della cosiddetta “Stanza del buco” a Zurigo, in Svizzera, in un quartiere ad alto tasso di frequentazione di tossicodipendenti. Una scelta sorretta da questo tipo di ragionamento: se possiamo fornire eroina controllata (in termini di nocività del prodotto) e sotto il controllo sanitario a soggetti che altrimenti la ricercherebbero ugualmente dagli spacciatori, perché non farlo? I risultati pratici della scelta hanno condotto alla riduzione delle morti, alla riduzione dello spaccio e alla riduzione della criminalità.

Discorso analogo per gli Stati Uniti, dove sono legalmente attivi i distributori automatici di metadone, cui i soggetti monitorati dai servizi sanitari possono accedere gratuitamente ogni 24 ore attraverso una tessera elettronica. Diversamente, anche in questo caso, gli stessi soggetti andrebbero a cercare una dose in maniera illegale.

 

Consumo in aumento

Se la cura delle persone tossicodipendenti rappresenta una sfida importante, altrettanto rilevante risulterebbe il contrasto del fenomeno a monte. In altre parole diminuire il numero dei soggetti che entrano in contatto con le droghe. Un obiettivo che attualmente, statistiche alla mano, risulta irraggiungibile. In tutto il mondo, infatti, il consumo delle droghe è in aumento. La gran parte degli operatori sanitari concordano nell’individuare nella società attuale molto pretenziosa e competitiva una delle concause più forti: per reggere ritmi e stress sempre più faticosi, le persone tendono a cercare nuove energie, o semplicemente evasione, nelle sostanze illecite.

 

Dura lex, sed lex

Il consumo delle droghe è dettato quindi dal momento storico-culturale e dal loro effetto,  non certo da una questione di legalità o illegalità.  Ecco perché disciplinarlo dal punto di vista legislativo è tanto fondamentale quanto complesso. Prendendo a esempio il caso italiano, la Legge Fini-Giovanardi in materia aveva imposto forti restrizioni al consumo della cannabis con l’aumento dei controlli da parte delle Forze dell’Ordine: ciononostante il consumo di cannabis è rimasto inalterato.

Questo per ribadire il concetto di partenza: solo intervenendo a 360 gradi e senza pregiudizi sarà possibile affrontare con successo un problematica così drammatica.

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