Un galantuomo d’altri tempi

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Vanni Feresin

8 Giugno 2017
Reading Time: 5 minutes

Guglielmo Willy Riavis

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Delineare in maniera puntuale, precisa, completa ed esaustiva in un articolo la poliedrica figura dell’uomo, insegnante, artista e architetto Guglielmo “Willy” Riavis è impossibile. Risulta in ogni caso necessario riportare alla memoria collettiva e all’attenzione pubblica l’opera e l’impegno che profuse per la città di Gorizia e l’Arcidiocesi.

Il ricordo di Guglielmo Riavis, negli ultimi vent’anni, è venuto meno e anche per questa ragione cercheremo di dare un’idea possibilmente globale della sua pluridecennale attività, lasciando il giusto spazio al lato umano di questo personaggio che generalmente viene ricordato come “un galantuomo e gentiluomo d’altri tempi”. Nacque, terzo di undici figli, a Klagenfurt il 13 aprile del 1917. Il padre Fiore Riaviz, originario di Tarnova, e la madre Elisabetta (Lisi) Bone di Voghersko si trasferirono in Austria durante il primo conflitto mondiale e vi restarono fino al termine della guerra.

Ritornati a Gorizia, il padre trovò lavoro come tranviere e la famiglia prese il domicilio in via Cipriani e, successivamente, in via Duca d’Aosta (Borgo San Rocco).

Negli anni del fascismo il cognome della famiglia venne cambiato in Riavis. Fin da piccolo Guglielmo rivelò grandi attitudini artistiche: ricevette infatti una medaglia d’oro dal Re Vittorio Emmanuele III e, a quindici anni, un premio dal Duce con un quadro del Castello di Gorizia bombardato e distrutto durante la Grande Guerra. Ottenuto il diploma alla Scuola di Avviamento Professionale (dove conobbe i fratelli Virgilio e Giordano Malni, con i quali collaborerà alla realizzazione di numerose opere in città, come la sede centrale della Cassa di Risparmio di Gorizia in Corso Italia), si iscrisse come privatista al Liceo Artistico di Venezia, dove si diplomò. Dopo l’esame di maturità si iscrisse all’Istituto di Architettura di Venezia dove si mantenne lavorando. Anche nel periodo universitario seppe farsi amare e apprezzare dagli amici e compagni per la sua indole bonaria e per la sempre generosa disponibilità che lo caratterizzò durante tutta l’esistenza. L’aneddotica in merito è  molta ed è tutta indirizzata nel delinearlo come un uomo competente, colto, corretto e modesto, di grande spirito e dalla battuta immediata, amante della musica, dal disegno facile, preciso e rapido, che non si negava mai.

Nel 1941 venne chiamato alle armi; nel 1943, in piena guerra, si sposò nella Chiesa di Sant’Andrea con Gabriella Copparoni e subito dopo fu trasferito con la moglie nella caserma militare di Villa Vicentina. Pochi mesi più tardi venne distaccato in Corsica, come ufficiale del Genio, e di lui si persero le notizie per due anni. Nel 1945 ritornò a Gorizia e venne, quasi subito, inviato a Napoli e poi, a seguito degli alleati, nell’esercito italiano, a Moncalieri, nelle vicinanze di Torino, dove abiterà con la famiglia fino alla fine del conflitto.

Si laureò nel 1946 e, nel 1947, fece definitivamente ritorno a Gorizia. Iniziò a lavorare come sorvegliante presso il cantiere dell’impresa dei fratelli Rodolfo, Cirillo e Metodio Macuzzi: di questi ultimi sarà amico fraterno. In quegli anni, per conto di esuli istriani, si dedicò all’attività di grafico pubblicitario, realizzando etichette per vini, liquori e caramelle. Grazie a quell’esperienza realizzerà anche manifesti e medaglie per la Pro Loco (sfilata folkloristica), cartelloni pubblicitari per la Fiera di Sant’Andrea, per la Sagra di San Rocco e per la Croce Verde. Nello stesso tempo incomincerà a ideare design per l’arredamento di interni.

Oltre a queste attività progettava e allestiva gli stand espositivi per la Fiera dell’Alpe Adria in tutta la regione, ma anche in Austria, a Zagabria e a Firenze. Guglielmo Riavis fu anche insegnante al Magistero della Donna, poi alla scuola media “G.I. Ascoli” e negli anni cinquanta, ottenuta l’abilitazione all’insegnamento a Roma, divenne insegnante di disegno del merletto nell’omonima scuola: fu proprio lui a rinnovare e rivoluzionare il disegno dei classici pizzi d’Idria, introducendo con la moglie Gabriella l’uso del colore nei merletti fino a quel momento bianchi o ecrù.

Con un suo disegno realizzato alla scuola merletti vinse il primo premio alla Biennale Internazionale d’arte di Venezia – Sezione Arti Applicate e Artigianato. In seguito si dedicò anche alla pittura, specialmente nell’acquarello, grazie a un’innata precisione per il dettaglio, ben visibile anche nella disposizione dei mobili delle sacrestie, delle suppellettili sacre, nonché nella passione per le stoffe, per l’oggettistica antica che sapeva valorizzare unendola alle necessità del moderno.

Iniziò l’attività di architetto intorno al 1959 progettando, insieme agli architetti Lidia Cinti Greggio e Giordano Malni, la sede centrale della Cassa di Risparmio di Gorizia (angolo corso Verdi – via Diaz).  La sua opera architettonica conta circa seicento lavori. Collaborò, come presidente della commissione edilizia, con i sindaci goriziani Bernardis, Martina e Scarano, nonché nella commissione arte sacra per quindici anni, con gli arcivescovi Pangrazio, Cocolin (dei quali realizzerà lo stemma) e Bommarco.

Tra le sue opere più significative si devono ricordare: il restauro del Mercato coperto, dell’interno del municipio, del Palazzo Lenassi, dell’Albergo “la Transalpina”, della “Casa del Capitolo” in corte sant’Ilario, della “Villa Verde” in via della Bona, appartenente alle suore di San Vincenzo, e del Convitto delle suore slovene della “Sacra Famiglia” in via don Bosco, la progettazione del nuovo oratorio della Parrocchia di San Rocco, del primo grattacielo in Corso Italia, delle case popolari a Sant’Andrea, del Palazzo “Isontina Alimentari”, delle case degli esuli istriani in zona Sant’Anna, della chiesa di Sant’Anna, della chiesa di San Marco Evangelista nel Villaggio del Pescatore, della chiesa di San Giuseppe Artigiano, la ristrutturazione dell’austro ungarica “Pensione da Sandro” in via Santa Chiara, della Pensione “Stella Maris” con l’annessa cappella a Grado, del Duomo di Gradisca, del Presbiterio della Cattedrale di Gorizia, dell’antica chiesetta romanica di Farra d’Isonzo. Senza scordare il rifacimento, secondo le nuove norme prodotte dal Concilio Vaticano II, dell’altare della Chiesa di Giasbana, della Chiesa di San Floriano, della Cappella e della Sacrestia delle Suore Orsoline, della Chiesa di San Dorligo della Valle, del Convento e della Cappella delle suore della Provvidenza di via Vittorio Veneto; nonché la progettazione di due chiese in Congo.

Fu artefice del restauro di numerose antiche ville mitteleuropee a Gorizia e non solo: villa Braunizer, villa De Baguer a Montesanto, villa Caneparo, villa Milocco, villa Zanei, villa Orzan, villa “Mulino” a Farra d’Isonzo, villa Ferluga a Cormòns, villa Ernesto Macuz e gli interni del Palazzo Coronini–Cromberg. La sua opera è visibile anche nel sud dell’Iran dove realizzò numerose ville tra cui la “White House” inglese ad Ahwaz e il restauro dell’“Hotel Park”; successivamente, insieme alla figlia Milvia e al genero – l’architetto Sirus Fathi – progettò il nuovo ospedale universitario.

L’architetto Guglielmo Riavis si spense il 6 settembre del 1987 lasciando alla città di Gorizia l’indelebile segno della sua multiforme e complessa opera che, a tutt’oggi, necessita di essere catalogata e studiata con particolare attenzione e cura.

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