Il web è morto? Viva il web!

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Andrea Fiore

21 Luglio 2017
Reading Time: 3 minutes

Virtuale e reale

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«Pensavo che il mondo sarebbe diventato automaticamente migliore se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi. Mi sbagliavo». In questo caso più del valore dell’affermazione in sé, la nostra attenzione si sofferma sul suo autore: Evan Williams, il fondatore di Twitter e Blogger. Se anche uno dei guru della Silicon Valley esterna pubblicamente i suoi dubbi sui rischi del web, aprire una riflessione a riguardo diviene quanto mai urgente. Perché le dichiarazioni sopra riportate sono l’ultimo e più eclatante amplificatore di una situazione di disagio che sta interessando una fetta sempre maggiore della popolazione, quella giovanile in primis.

Tenendo ben presente che il web è uno strumento e, come tutti gli strumenti, è la modalità di utilizzo che lo rende positivo o negativo, è innegabile che stia influenzando in modo sempre meno controllabile le esistenze delle persone più fragili, con una capacità ineguagliabile di captare il malessere delle fasce giovanili, trasformando ragazzi e ragazze da semplici utenti in veri e propri proseliti.

Chi c’è dietro lo schermo?

Abbiamo detto che il web è uno strumento, eppure proprio in questa specificità fondamentale risiede la prima trappola. Quando una persona comunica attraverso il web con chi si sta realmente rapportando? Chi c’è dietro a una applicazione o a un sito che forniscono informazioni o propongono soluzioni ai nostri problemi? All’apparenza può sembrare una questione banale, eppure analizzandolo nel dettaglio è invece il nocciolo della questione. Il primo passo verso una confusione di fondo da cui scaturisce tutto il resto: ci rivolgiamo a uno strumento come se ci stessimo rivolgendo a una persona. E senza nemmeno comprendere chi o cosa stia guidando lo strumento nella relazione con noi, abbattendo ogni filtro si instaura un rapporto diretto.

Ora immaginiamo che la persona che utilizza il web sia fragile o stia vivendo una propria situazione di malessere; immaginiamo anche che, attraverso un’applicazione, un sito, un social network o un gioco online questo soggetto fragile entri in relazione con una o più persone sbagliate. Senza quasi accorgercene si è aperto davanti a noi uno scenario dai rischi imprevedibili e dalle potenzialità apocalittiche.

Il web è la verità?

Per molti giovani il mondo virtuale si trasforma così inconsapevolmente nel proprio mondo reale, affidando a questa entità astratta che vive al di là del display del pc, tablet o smartphone il ruolo di guida della propria  esistenza. Ecco che il web per questi ragazzi diventa punto di riferimento più affidabile degli adulti, siano essi i genitori, gli insegnanti, gli allenatori… Se lo dice il web è vero.

Una situazione difficile da rovesciare: quando una persona crede ciecamente in qualcosa, l’errore da non commettere è obbligarla a rinunciare a quel qualcosa. Significherebbe essere sconfitti in partenza. Che fare, quindi?

Dentro a una rivoluzione

La risposta certa, in questo caso, non c’è. Perché se da un lato noi operatori dei servizi abbiamo molto chiaro il problema, dall’altro non sappiamo ancora come risolverlo. Stiamo infatti vivendo una rivoluzione epocale, nella quale in pochissimi anni sono avvenuti sviluppi tecnologici mai accaduti nella storia dell’umanità. I cambiamenti sono sempre più veloci ma al tempo stesso non sappiamo dove condurranno. Ciò che si sta verificando non è mai accaduto nella storia: impossibile quindi anche ipotizzare quali conseguenze porterà con sé.

Una vita sul web

La realtà dei fatti, per ora, ci mostra come ogni cosa sia sempre più concentrata sul web. Anche le relazioni sociali e il tempo libero. Un aspetto drammatico, destinato a influire pesantemente sullo sviluppo dell’individualità delle persone. I giovani in particolare tendono a esprimere sempre meno le proprie potenzialità e i propri talenti in attività creative, trascorrendo invece il loro tempo on line. E così suonare uno strumento, praticare sport, sviluppare la propria inventiva diventano improvvisamente azioni non interessanti.

Cosa comporterà ciò in futuro? Le risposte si possono solo abbozzare, specie se il presente continuerà a riservare sorprese. E la semplice constatazione dei fatti non aiuta a rasserenare gli orizzonti: le macchine stanno comandando gli uomini. E quasi senza accorgercene ci ritroviamo a essere loro accessori.

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