Malattie senili della democrazia

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redazione

16 Maggio 2019
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Nuovi autoritarismi

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Tendenza a imporre con intransigente fermezza la propria volontà o la propria autorità nei rapporti umani o gerarchici, a livello individuale e collettivo. È l’autoritarismo, termine usato nelle scienze sociali in rapporto a tre tipi di fenomeni: personalità, ideologie, regimi. Per quanto riguarda la personalità autoritaria i tratti sono essenzialmente la sottomissione e l’aggressione, la ricerca esasperata dell’ordine e il rifiuto dell’ambiguità. L’ideologia autoritaria è caratterizzata dall’accento posto sulla strutturazione gerarchica della società e sull’ordine come principio costitutivo fondamentale, in netto contrasto con le ideologie liberali e democratiche. I regimi autoritari si caratterizzano per l’accentramento del potere politico in poche istituzioni e per lo svilimento delle sedi di partecipazione politica.

L’autoritarismo sembra vivere una nuova stagione affermandosi in nuove forme non solo in Paesi relativamente poveri o che non hanno vissuto processi di consolidata evoluzione democratica. È in ascesa anche in Paesi “benestanti”, come mostrato dai recenti sviluppi politico-istituzionali provenienti anche da Stati considerati “culla” della democrazia liberale nel corso del XX secolo.

Nell’ultimo decennio la democrazia sta infatti vivendo processi di erosione dei suoi principi fondanti e non è più solo un fenomeno dei Paesi in via di sviluppo. In questo senso l’autoritarismo, storicamente considerato una malattia infantile delle democrazie, si sta manifestando come una malattia senile nelle democrazie mature.

Come possiamo comprendere questa rinascita dell’autoritarismo? Che forme sta assumendo? Qua le ruolo e  responsabilità hanno le élite e le classi dirigenti in questa fase storica, in particolare nelle democrazie occidentali?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al giorno d’oggi, il modo più comune per far emergere i regimi autoritari consiste nell’erodere la democrazia dall’interno: tali processi caratterizzano la maggioranza dei crolli contemporanei dei regimi democratici. Questi nuovi regimi spesso si affermano con l’emergere di figure, di personalità autocentrate che fanno presa con metodi manipolatori e distorsivi dei processi di cognizione collettiva. Questo cambiamento è in parte legato alla caduta dei vecchi mass media. I nuovi media sono molto meno bravi a diffondere messaggi propagandisti univoci rispetto a quelli vecchi. Ma riescono a eccellere nella diffusione del dubbio: minando l’autorevolezza di esperti, élite e “vecchi media”, i nuovi media aprono la strada a “imprenditori” politici capaci di sfruttare risentimenti latenti e di proiettare visioni distorte della realtà.

Negli ultimi tre lustri le trasformazioni autocratiche – e dittature – hanno sperimentato questo decorso. Esempi? Russia, Venezuela, Turchia, Ungheria. Una domanda cruciale concerne ciò che si intende per “autoritario”. La risposta è: l’assenza di democrazia. La democrazia, a sua volta, è un sistema in cui elezioni libere ed eque determinano chi detiene il potere, l’organizzazione statuale deve consentire la libera espressione delle opinioni, l’esecuzione imparziale della legge elettorale, il suffragio universale e il diritto dei concorrenti politici di ottenere le risorse di cui hanno bisogno. Le elezioni conferiscono legittimità.

I nuovi autoritarismi offrono invece una “pseudo-democrazia”. Le elezioni in tali Paesi sono una forma di drammatizzazione del processo democratico, una finzione in cui la percezione collettiva non riesce o non vuole vedere la maschera. Tutti sanno che il leader non si lascerà sconfiggere. Un regime del genere non è solo un po’ diverso da una democrazia: è un animale completamente diverso. Si è in presenza di una mutazione delle forme di autoritarismo: il numero delle dittature militari è diminuito drasticamente, ma il numero di dittature personali pseudo-democratiche è in aumento.

Le ricette di queste autocrazie personali includono questi ingredienti: una cerchia ristretta di persone fidate;  introduzione di “fedeli” in posizioni di potere; promozione di membri della famiglia “allargata” in ruoli economici e sociali chiave; creazione di nuovi movimenti politici; uso di referendum come mezzo per giustificare le decisioni; creazione di nuovi servizi di sicurezza “fedeli”. Le leadership autocratiche sostengono che solo loro, una volta dotate di poteri straordinari, possono risolvere i problemi del Paese. Asseriscono che l’élite tradizionale è corrotta e incompetente e che esperti, giudici e media devono essere “normalizzati”.

Gli elettori dovrebbero invece affidarsi all’intuizione del leader, un’incarnazione vivente dello “spirito popolare”.

Le autocrazie che stiamo vedendo oggi hanno però importanti differenze rispetto a quelle degli inizi e della metà del XX secolo: richiedono acquiescenza più che partecipazione. La buona notizia è che fi no ad ora questi fenomeni non sono riusciti a minare nessuna delle nostre democrazie europee. Le tendenze autoritarie sono ai margini del potere, ma per quanto? I fallimenti delle élite governative ed economiche di questo inizio secolo – la loro indifferenza verso il destino di ampie fasce della popolazione, la loro avidità e incompetenza, manifestatesi in modo eclatante con le crisi finanziarie negli Stati Uniti e in Europa – hanno minato credibilità e fiducia nelle istituzioni e nei loro rappresentanti, il collante più importante della convivenza democratica. Politici cinici si affermano in tessuti sociali disillusi, già pervasi da una sorta di cinismo sociale endemico.

Possono credere o meno ai nuovi leader, ma sicuramente manifestano maggiore diffidenza e distanza rispetto alle leadership del passato. Queste nuove autocrazie non offrono soluzioni: alla fine renderanno i loro Paesi più poveri e meno liberi. Noi che abbiamo la fortuna di vivere in democrazie governate dallo Stato di Diritto dovremmo contribuire a farle funzionare meglio. Un compito impegnativo, ma è l’unico modo per garantire che questi sistemi politici siano trasmessi più sani e liberi alle generazioni che seguono.

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