La poetessa del Friuli

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Vanni Feresin

20 Maggio 2019
Reading Time: 6 minutes

Anna Bombig

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Anna Bombig nacque il 4 luglio del 1919 a Firenze da genitori friulani, profughi durante la Prima guerra mondiale, e abitò a Farra d’Isonzo, in via Verdi 18, fino alla sua scomparsa avvenuta il 20 maggio 2013. Insegnò nelle scuole elementari del Goriziano (anche nel territorio oggi situato in Slovenia) dal 1938 al 1978 occupandosi anche di educare i fanciulli alla musica, in modo volontario e a tutte le classi, ritenendo che questa arte fosse parte fondamentale dell’esistenza umana. Grazie a questa sua attività poté partecipare a numerosi concorsi corali e scolastici nelle province di Gorizia e Udine.

Ma Anna Bombig fu soprattutto una poetessa e scrittrice e, come si legge in diverse sue biografie “solo con il terremoto in Friuli del 1976 ha scoperto la sua vera identità friulana. Da allora ha iniziato a scrivere poesie e prose nella madrelingua”. Come ricorda Celso Macor, nell’introduzione al volume di poesie Aga di riûl del 1992, le parole della maestra sono “sentimenti che hanno la forza inarginabile dei fiumi, frammenti di un dialogo che si tormenta d’amore, e nell’amore si scompone e si ricompone, paesaggi avvampati nel magnificat della natura, nella gioia del suo trasmutarsi di meraviglia in meraviglia si alternano e si incrociano continuamente nell’intreccio fitto del colloquio di Anna Bombig con Dio e con gli uomini”.

Anna Bombig è stata infatti una portentosa scrittrice di testimonianze di vita, di memorie della sua terra, di saggi storici ma soprattutto di composizioni in versi: i testi delle sue liriche sono stati fonte di ispirazione per tanti musicisti come Cecilia  Seghizzi, don Narciso Miniussi, don Stanko Jericijjo e Giovanni Mazzolini. Le sue poesie riflettevano lo spirito e la vita della popolazione e anche su questo aspetto Macor coglie alcuni spunti di riflessione sulla liricità dei versi della maestra, che hanno radici molto profonde nel territorio e nella società: “C’è un altro valore ancora nelle poesie e nelle prose di Anna Bombig. Ed è il linguaggio. Che non è solo il friulano, ma è la parlata materna, un sonziaco che si contorna meglio tra i confini di Farra”.

Ma Anna Bombig è stata soprattutto “la maestra”, questo titolo la inorgogliva, e Macor ne dà una lettura molto attenta e personale: “La maestra è un’altra delle figure che fanno da tornante dell’itinerario poetico di Anna Bombig. È stata la pagina della vita ed è stata anche questa una pagina d’amore. Ricambiato del resto, specialmente da chi ha più di cinquant’anni e ha vissuto un tempo in cui quella donna dolce e affettuosa ti era ogni giorno accanto, a guidarti la mano nella prima scrittura, a insegnarti a cantare, ad accenderti nel cuore le prime risposte al mondo”.

Fu un’insegnante ed educatrice di intere generazioni di alunni che hanno visto in lei l’esempio di una persona tutta d’un pezzo, nella sua dirittura morale e forte della sua cultura permeata di alti valori e di profonda condivisione di fede. Anche il canto è stato al centro dei suoi insegnamenti e della sua lunga vita, come si legge spesso nelle sue biografie notiamo che è stata la maestra del Coro femminile parrocchiale di Farra per numerosi lustri e che ha partecipato a diversi concorsi con le scuole elementari. Un ricordo di questa sua passione viene dato dal direttore del settimanale diocesano Voce Isontina Mauro Ungaro, che nell’articolo di commiato la ricorda proprio per la sua voce: “per capire Anna Bombig bisognava sentirla cantare. Pareva impossibile che da quella figura così minuta, apparentemente fragile, potessero uscire note di tonalità così intensa. Per questo si rimaneva colpiti quando, fosse in una celebrazione liturgica o in un momento conviviale di allegria, intonava i canti della tradizione religiosa o di quella popolare, trascinando le altre voci in cori che sapevano raccontare l’anima e la tradizione di un popolo”.

Il suo nome è presente anche fra le stelle, infatti un asteroide, scoperto nel 1997 dall’Osservatorio di Farra, porta proprio il nome di quella dolce figura che fu “Ana di Fara”, come spesso si trova firmato in calce agli scritti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La maestra ha raccontato la storia di un popolo e di un territorio e ha custodito questi scritti con attenzione e come Celso Macor affermava: “Sarà, per chi leggerà questi versi tra cinquanta, cent’anni, un ritorno alle radici perdute, un bagliore di passato che darà una luce diversa ad una gente sconfitta dal grigiore dell’omologazione. Forse. E forse no. Forse nella nuova era resisterà ancora l’anima friulana, resterà qualche frammento, qualche vago suono della lingua. Ed anche queste pagine di Anna Bombig, chissà, potranno essere una piccola polla perché il fiume sopravviva”.

Con questo pensiero “rubato” al mai dimenticato Celso Macor, anche noi ci auguriamo che queste liriche e prose, in un friulano musicale e garbato, siano una cara e preziosa eredità per il Goriziano.

 

Un pensiero di riconoscenza

Ho avuto la fortuna di conoscere la maestra Anna Bombig negli ultimi dieci anni della sua lunga esistenza e ne sento ancora la voce cristallina raccontarmi delle sue ricerche e della sua analisi storica fatta partendo dal territorio, dalle testimonianze orali dei più anziani del paese natio. Era bello sentirla declamare i versi, leggere le prose, ascoltare i racconti della sua giovinezza di quando iniziò la carriera scolastica in un paese sperduto vicino a Kanal. E ancora più emozionante è stato poter dedicarmi al riordino del suo archivio personale a partire dal 2014, grazie all’interessamento della nipote Elena Bombig che ha così voluto salvare quel patrimonio di testimonianze che assume oggi un valore inestimabile. Rendere nuovamente fruibile un archivio è sempre un’impresa  avvincente, delicata e impegnativa ma di grande soddisfazione per l’archivista ordinatore. Mettere mano però a un archivio personale è un’operazione che richiede ancora una maggiore attenzione e comporta una grande responsabilità, soprattutto se la persona in questione era un’amica. Tutti coloro i quali hanno avuto la fortuna di conoscere la maestra Ana di Fara sono rimasti colpiti dalla sua voglia di vivere. Non mancava mai a nessun appuntamento importante e aveva sempre un pensiero gentile, uno scritto da leggere, un sorriso da offrire. Chi poi ha potuto vedere il suo studio è rimasto colpito dal volume di carte prodotte in tanti decenni di svariate collaborazioni (oltre due metri lineari di carte manoscritte).

Il pavimento in legno, le due credenze ottocentesche, l’armadio delle carte di famiglia, la biblioteca e il tavolo di lavoro al centro della stanza, ordinato ma anch’esso impegnato a sopportare il peso delle fatiche letterarie, erano il contesto nel quale la maestra Anna aveva passato gran parte della sua esistenza. Tutte le sue carte sono ancora oggi incredibilmente ordinate, in più copie e tutte datate e firmate, sia in italiano che in friulano. Quando ho avuto l’incarico di riordinare il suo archivio storico rientrando in quello studio, nel quale ero stato ospitato molti anni prima, mi è parso di rivedere e risentire ancora una volta la maestra Anna che mi faceva accomodare e, con la sua voce dolce e acuta, raccontava la sua vita, la storia di suo padre Orlando, del maggiore generale Andrian, dell’organo della chiesa e della Settimana Santa; amava soprattutto ricordare “le scarassulade” del Venerdì Santo e le litanie che si cantavano alle rogazioni maggiori.

Anna Bombig ha ben conservato e gelosamente custodito tutte le documentazioni inerenti la sua pluridecennale attività di maestra, di insegnante di lingua friulana, di scrittrice, poetessa e di ricercatrice storica, una parte consistente dell’archivio infatti è dedicata alle tante indagini storiche sul paese di Farra e sul territorio del Goriziano. La particolarità che colpisce maggiormente di questo archivio personale è la presenza della quasi totalità degli scritti autografi della maestra Anna, che in vario modo sono stati pubblicati durante gli ultimi quattro decenni. All’interno troviamo anche i documenti di famiglia, alcune fotografie e svariati fascicoli inerenti l’attività professionale, ma l’archivio è composto in sostanza dalle carte alle quali la maestra era più legata e cioè gli scritti in prosa e in versi che hanno segnato in modo indelebile tutta la sua lunga esistenza. 

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