“In coda per un sogno”

imagazine vanni veronesi

Vanni Veronesi

10 Gennaio 2014
Reading Time: 6 minutes

Casting cinematografico a Trieste. Domani bis a Gorizia

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Quasi 1.000 partecipanti: sono i numeri record del provino tenuto ieri a Trieste, alla Casa del Cinema di Piazza Duca degli Abruzzi, per la serie tv I Borgia, cooproduzione italo-franco-tedesca ambientata nel torbido Cinquecento romano, record di ascolti su Sky grazie anche alla curiosità venutasi a creare per le polemiche sui contenuti, da alcuni giudicati troppo violenti e morbosi. Forte dello strepitoso successo delle prime due edizioni, I Borgia sbarcano in Friuli Venezia Giulia per un ciclo di riprese che coinvolgeranno, a fine mese, vari luoghi della regione, fra cui il Castello di Gorizia e quello di Villalta.

Il casting, organizzato dalla goriziana Galaxia Film, prevede tre appuntamenti: quello di ieri a Trieste, uno quest’oggi al Primorski tehnološki park di Šempeter pri Gorici (Slovenia) e l’ultimo domani a Gorizia, presso Palazzo Attems. Si ricercano 300 comparse, nonché un neonato maschio e bambini da 1 ai 2 anni per il ruolo di uno dei figli di Lucrezia Borgia: selezione, quest’ultima, che averrà unicamente via mail, tramite l’invio dei dati del bimbo, dei genitori e di due fotografie all’indirizzo casting@galaxiafilm.it.

Quello che segue è il racconto di una ragazza che ieri ha partecipato al provino: ha voluto firmarsi F 112, il suo numero nel registro del casting.

Trieste, 9 gennaio 2014

Sveglia ore 7.30, 20 minuti persi a capire come vestirsi. Casual: una parola che vuol dire tutto e niente, così il rischio d’andare nel panico è molto vicino.

Partiamo alla volta della stazione ferroviaria in direzione Trieste con due fotocopie di carta identità e codice fiscale in mano (e io pure un curriculum… che non si sa mai!).

Arriviamo nel luogo previsto, civico 3 di piazzale degli Abruzzi alle 10: lì vediamo già due ragazze aggirarsi fuori dall’edificio, ma decidiamo di fare due passi e tornare più tardi. Dopo un caffè e un giretto torniamo alle 11.35 e troviamo già un cospicuo numero di persone: riusciamo a entrare, ma le persone sono già in coda lungo i tre piani di scale che portano alla stanza dei casting. Tempo due minuti, ci giriamo e dietro di noi si è già formata una lunga fila fino fuori l’edificio. Vedo alcuni permessi di soggiorno in mano: il casting è rivolto anche a stranieri, purché domiciliati in Friuli o Slovenia. Alcune ragazze arrivano con le fotocopie appena fatte, altre escono, lasciano l’amico a tener la fila e vanno a farle. Alcune dicono «mia sorella è qui da stamattina dalle 9.30 ed è la quarta», e così scopriamo che in realtà avremmo potuto entrare alle dieci: bastava suonare e saremmo entrate nel palazzo, ma avremmo aspettato due ore sulle scale, senza bere nemmeno un capo in b.

Ore 12.00: la fila comincia a muoversi. Passa un foglio per segnare l’ordine degli arrivi, uno femminile e uno maschile: bisogna scrivere nome, cognome e numero. Io sono la numero 108, mia mamma la 109. Anche lei ha voluto provare l’ebbrezza dei casting per i figuranti, così per scherzo, ma io le dico che forse ha più probabilità di me: infatti, di ragazze alte, magre, more con i capelli lunghi, ce n’è a bizzeffe. Invece di donne diciamo “mature” ci sono poche. Ma, a ben vedere, c’è un po’ di tutto in giro: studentesse carine, ragazzi giovani, donne e uomini in pensione. Si respira curiosità, apprensione, desiderio di farsi valere, sogni di celebrità. E la foga di arrivare in cima alle scale provoca strane reazioni: non appena ti muovi un centimetro per stiracchiarti un po’, subito quello dietro di te avanza non lasciandoti più spazio vitale per muoverti

Scende il primo signore fermandosi a salutare amici qua e là (sembra quasi un eroe!): sento che dice ad alcune persone che è qui dalle nove, ma quando arriva vicino a me e io gli chiedo, con molta cortesia, da che ora si trova lì, risponde: «Beh, dalle 12.00 come voi altri» e se ne va ridacchiando.

Molti di quelli che scendono, terminato il provino, hanno una faccia trionfale come se avessero conquistato la luna, ma tanti scendono con l’ascensore: così, alle volte, quando la fila sale ma non si vede scendere nessuno, ci si chiede dove vada a finire tutta questa gente.

Ore 12.35: conquistiamo il primo piano.

Qui inizio a parlare con una ragazza che viene da Udine; dice di essere al suo terzo tentativo, ma non l’hanno mai presa. Passa un fotografo a fare delle foto: la sua faccia denuncia lo stupore per la enorme affluenza.

Ore 12.56: passa una ragazza consegnando dei volantini bianchi e rosa che sponsorizzano un bar qui sotto dove fanno panini per il pranzo (tutti si ingegnano per sfruttare l’evento). Al secondo piano, intanto, conquistiamo la macchinetta del caffè.

Un ragazzo in fila dice «sembra un girone dantesco», ed effettivamente affacciandomi sulla tromba delle scale pare proprio così: da lì non si capisce dove inizi e dove finisca la coda.

Altri due ragazzi mi dicono che sono al loro secondo lavoro in questo settore. La prima volta, sei anni fa, avevano lavorato per l’agenzia che esisteva prima della Galaxia, la Castelli.

Adesso è il turno della telecamera di una tv locale: una giovane giornalista passa qua e là ad intervistare la gente. Si ferma proprio quattro persone prima di me.

«Cosa si aspetta dalla giornata di oggi?» La ragazza interpellata, non molto alta e dai capelli raccolti in una coda, risponde «boh!». Poi continua dichiarando che spera d’esser presa: dice di lavorare solitamente in un ristorante e che non è la prima volta che prende parte a dei casting; afferma di aver già lavorato con la Galaxia e sento nominare la serie Rebecca – La prima moglie.

Così, distratti un po’ dall’intervista, ci ritroviamo finalmente al fatidico terzo piano: sono le 13.59… ma non è ancora finita! Arrivati sul pianerottolo del terzo piano, vediamo uscire una ragazza con il numero 50: io sono la numero 108.

Sulla destra, dietro la porta c’è un corridoio abbastanza lungo: in fondo, la stanza del casting.

Prima di varcare la soglia passano ancora venti minuti; sulla porta c’è una ragazza graziosa, caschetto nero, occhiali e accento sloveno, che fa entrare un po’ di donne e uomini alla volta: sei uomini e sei donne, sei uomini e sei donne.

Entriamo finalmente anche noi nel corridoio della speranza: «a sinistra le donne, a destra gli uomini». In mezzo c’è un’altra ragazza seduta a un banchetto, capelli lunghi e scuri, che consegna i moduli da compilare. Nei moduli c’è un numero, che ovviamente non corrisponde a quello di prima: in teoria io sarei stata la 108, ma ora al 112, e mia madre al 113 (pronte per l’emergenza, insomma!). Significa che qualcuno è passato davanti facendo lo gnorri, magari salendo con l’ascensore: quell’ascensore che avrebbe dovuto servire solo per scendere… ma si sa, siamo in Italia.

Entriamo così in una saletta dove ci sediamo, finalmente, a compilare il modulo (sembra facile!), dopodiché ci rimettiamo in coda nel corridoio: donne a sinistra, uomini a destra.

Arriva una signora, sui settantanni, forse qualcuno in più, con un trucco molto pesante che si dirige verso la ragazza dall’accento sloveno dicendo: «Mi go da passar per prima, go già dito alla Antonela che gavevo un impegno e quindi go da passar per prima»; sul petto ha il numero 153. Un’altra persona passa così davanti a me.

Finalmente entriamo. La signora Antonella ci apre la porta e fa accomodare cinque donne e cinque uomini, questa volta donne a destra e uomini a sinistra. Ci appende il nostro numero sul petto: F 112 a me, F113 a mia madre. Una alla volta andiamo davanti a uno schermo chiaro, dove un’altra ragazza ci fa delle foto: un primo piano e una figura intera, desumo. Quelle, di solito, sono le foto peggiori, dove fai la faccia peggiore che puoi fare perché ti senti un po’ cretina.

E in un attimo, è tutto finito: ore e ore di attesa che si risolvono in pochi minuti di fotografie. Ma per il cinema, questo e altro! Salutiamo e usciamo: sono le 15.15.

Decidiamo di prendere l’ascensore, ma non arriva mai: dunque, un bel respiro e via, si scende. Le scale sono ancora più piene di gente: si vedono personaggi di tutti i tipi, giovani, vecchi, studenti, pensionati, disoccupati, addirittura una madre con un bambino piccolo in braccio. Usciamo e vediamo che ora la fila arriva fino al molo dove c’è l’ingresso della capitaneria di porto, ma non so quanti riusciranno a entrare: per essere ammessi bisogno firmare il modulo prima delle 18.30… e il modulo si trova in cima alle scale. Ma noi c’è l’abbiamo fatta, e ora vediamo come andrà a finire la nostra avventura.

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