Sognando l’Olimpiade

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Livio Nonis

9 Marzo 2021
Reading Time: 4 minutes

Marta Gasparotto

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Una campionessa che, con la maglia azzurra, ha rappresentato l’Italia in diverse competizioni internazionali e che, pandemia permettendo, spera di poterlo fare anche alle prossime Olimpiadi di Tokyo.

Parliamo di Marta Gasparotto, ricevitore della nazionale italiana di softball, monfalconese di 24 anni, nata come giocatrice di baseball nei New Black Panthers di Ronchi dei Legionari per poi entrare nel mondo del softball negli Staranzano Ducks, con cui ha disputato il campionato Cadette, Under 21 e il Campionato Nazionale di Serie A2.

Una carriera contrassegnata da continui successi, con la partecipazione a molte competizioni di livello mondiale come le World Series (categoria cadette) svoltesi a Kirkland (USA) o la Coppa dei Campioni Europea per club ad Enschede (Olanda) con la squadra ucraina del NikaDuhl. Con la divisa delle Stars Staranzano ha conquistato la Coppa Italia di Serie A2 nel 2013 e la promozione in ISL. Nel 2017 ha frequentato il Chipola College di Marianna, in Florida, partecipando al Campionato nazionale NJCAA. Al rientro in Italia, con la squadra di Bussolengo, ha raggiunto la semifinale del Campionato ISL e ha conquistato la Premiere Cup (Coppa dei Campioni) a Haarlem, in Olanda.

Nel 2018 e 2019, sempre con Bussolengo, ha conquistato il titolo italiano e vinto la Premiere Cup Europea nel primo, piazzandosi seconda in Europa l’anno successivo. Innumerevoli le esperienze con le nazionali: nel 2015 la conquista del titolo Europeo Seniores a Rosmalen (Olanda), nel 2019 la partecipazione alla Asia Pacific Cup a Sydney (Australia), la conquista del Titolo Europeo a Ostrava (Cechia) e la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 nel torneo di Utrecht (Olanda).

Marta, com’è nata la tua passione per il softball?

«In realtà è nata prima quella per il baseball, grazie a un amico di famiglia che era allenatore nei NBP di Ronchi e che mi ha fatto provare il gioco durante una festa di Pasquetta in campo. Ho giocato a baseball fino ai 14 anni, anche se dai 12 ho iniziato ad alternarlo anche al softball».

Sebbene il softball non ti entusiasmasse del tutto…

«Inizialmente non volevo neanche provarlo perché preferivo il baseball, ma poi assistendo alle Qualificazioni olimpiche per Pechino 2008, che si sono svolte nel 2007 a Ronchi e Staranzano, vedendo l’altissimo livello di gioco delle atlete italiane e olandesi mi sono appassionata anche a questa disciplina».

Il ricevitore è il leader psicologico e tecnico della squadra: come mai hai scelto questo ruolo?

«Di fatto la scelta non è stata mia ma si è manifestata nel corso della carriera, prima nelle giovanili e poi nelle seniores. Inizialmente il mio ruolo nel baseball era quello di lanciatore e interbase, poi nel softball mi sono trovata quasi da subito utilizzata come ricevitore (e interbase) e lì sono cresciuta sia tecnicamente che mentalmente per la conoscenza delle varie situazioni di gioco che il catcher deve imparare a distinguere per gestire la difesa di conseguenza».

Se si disputerà l’Olimpiade di Tokyo dovresti essere tra le convocate per la trasferta in terra giapponese: che significato avrebbe per te questa partecipazione?

«La qualificazione ai Giochi Olimpici conquistata a Utrecht l’anno scorso è stata senz’altro il momento più bello ed emozionante della mia esperienza con la Nazionale: spero vivamente che questa manifestazione possa svolgersi, pur con tutte le dovute cautele per la salute di atleti, organizzatori e spettatori. Il fatto di provenire da un territorio come la Bisiacheria, che ha espresso moltissimi atleti di livello nazionale e internazionale, è per me fonte di orgoglio e di responsabilità verso quelli che mi seguono, senza dimenticare che nel softball già un’atleta bisiaca, la grandissima Eva Trevisan, ha avuto l’onore di partecipare alle Olimpiadi di Atene 2004».

Gli sportivi sono spesso modelli da imitare per i più giovani: alle ragazzine che sognano di emergere nel softball quali consigli daresti?

«Un consiglio valido per tutti gli sport: seguire sempre le proprie passioni, non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e credere in sé stessi e nelle proprie capacità. Inoltre credo che l’attività sportiva debba essere sempre e principalmente fonte di divertimento e di crescita, in particolare negli sport di squadra dove è fondamentale l’affiatamento con le compagne e la costruzione di un gruppo unito dentro e fuori dal campo. Senza tralasciare che, in particolare per gli sport femminili, c’è ancora tanto lavoro da fare per la parificazione con il mondo maschile, visto che l’impegno, il sacrificio e le difficoltà che ogni atleta affronta per raggiungere i propri obiettivi non fanno distinzione tra maschi e femmine».

Giochi in Serie A1, nelle coppe internazionali, con la nazionale… Come concili l’attività sportiva con la tua vita privata e con lo studio?

«È importante trovare il giusto equilibrio, in particolare per il raggiungimento dei titoli scolastici indispensabili per affrontare un futuro che non sempre potrà continuare all’interno del mondo dello sport. Nelle mie scelte di vita ho privilegiato sempre quelle che mi davano la possibilità di sacrificare il meno possibile l’attività sportiva, scegliendo per esempio la scuola superiore in base al programma di studio che mi ha permesso di abbinare agevolmente l’attività scolastica e il softball. In ogni caso qualche sacrificio è inevitabile: nel mio anno al College in Florida, per esempio, la giornata iniziava alle 5 di mattina con due ore di allenamento in palestra, poi lezioni fino al primo pomeriggio, quindi allenamento pomeridiano in campo e alla sera compiti e studio per il giorno seguente, e questo per 5 giorni a settimana visto che il week-end era dedicato alle partite con trasferte anche di 400 chilometri».

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