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Classic art

Le memorie di Ivan Karamazov

In scena l’ultimo e forse il massimo capolavoro di Fëdor Dostoevskij
(ph. Fabrizio Sansoni)
Maniago

Teatro Verdi
20/11/23
20.45

Un protagonista magistrale - Umberto Orsini - e un romanzo ai vertici della letteratura di tutti i tempi: “I fratelli Karamazov”, l’ultimo e forse il massimo capolavoro di Fëdor Dostoevskij. E al centro di tutto, il personaggio di Ivan Karamazov, che l’attore affronta per la terza volta nella sua eccellente carriera.

Tutto questo attende quegli spettatori che sceglieranno di assistere a “Le memorie di Ivan Karamazov” con il grande Umberto Orsini diretto da Luca Micheletti.

Orsini e il personaggio di Ivan Karamazov si sono “incontrati” per la prima volta a fine anni Sessanta, girando lo sceneggiato che Sandro Bolchi aveva tratto dal romanzo: Orsini interpretava proprio Ivan, restituendogli un profilo d’incisivo scetticismo. «Da allora - racconta - ci siamo guardati nello specchio e ci siamo confusi uno nellaltro al punto di identificarci o de-identificarci. Lho costruito giorno dopo giorno quellIvan, gli ho dato un aspetto severo, lho fatto diventare biondissimo, quasi albino, gli ho messo un paio di occhialini tondi e dei colletti inamidati di fresco. Lho difeso da una sceneggiatura che lo penalizzava (…) Con lui, specchiandomi in lui, ho trascinato il pubblico ad un ascolto record in una puntata che lo vedeva impegnato in una discussione sullesistenza di Dio».

Poi, circa dieci anni fa, il grande attore lo ha portato a teatro, interpretando il monologo del “Grande Inquisitore”. Ed ora in una scrittura a quattro mani con il regista Luca Micheletti lo pone al centro di uno spettacolo dedicato a lui, quasi a volergli assicurare quel finale, che Dostoevskij ha lasciato sospeso. Il risultato è uno spettacolo memorabile, una prova d’attore sublime che ha lasciato il pubblico senza fiato ovunque accolta ogni sera da standing ovation fin dal debutto, al Piccolo Teatro di Milano.

«Il cuore drammaturgico e registico di queste nostre “Memorie di Ivan Karamazov” è quello d’una sofferta e sibillina riflessione sull'identità. Assumendo il romanzo come nucleo mitologico "a monte", ci siamo chiesti chi sia Ivan. Un personaggio, d'accordo. Ma anche l'incarnazione romanzesca di un nodo ideologico cruciale e, quindi, un alter ego dell’autore…» spiega Luca Micheletti. «Ivan è una creatura narrativa che, nonostante le diffuse connotazioni che lo descrivono e le molte pagine che Dostoevskij gli dedica, sfuma nell'imprendibile: è la maschera e il pretesto di logiche segrete, negate. È un protagonista che si sottrae alla centralità, individuo che si rifrange in una pluralità di riflessi cangianti, è un'invenzione sospesa, quasi incompiuta. Identità plurime e osmotiche, cui nel nostro caso se ne affiancano anche altre, di natura metateatrale. Sì, perché il nostro Ivan è anche un personaggio-ossessione, che accompagna cinquant'anni di carriera di un mirabile "capitan Achab" della nostra scena, un attore che insegue la sua balena enorme e veloce, la arpiona e si lascia trascinare (…) Ivan e Umberto, il personaggio e l'attore che lo incarna, osservano la loro storia, esplorano i loro ricordi, riascoltano le loro testimonianze a più voci (che sono poi sempre una sola, quella di Orsini, che risponde oggi alla sua voce di cinquant'anni fa… incredibile occasione!), celebrando un accorato e solitario processo di sincronizzazione interiore.

Dostoevskij abbandona Ivan al suo destino dopo il processo per il parricidio: è sembrato interessante ripartire da lì, dal processo. Prigioniero di quell'aula, di un finale mai scritto, di una sentenza sbagliata, il nostro Ivan continua ad aggirarsi tra i frammenti della sua esistenza, osservati come prove materiali di fatti e memorie che riemergono a strappi, negli spazi di lucidità che gli concedono le febbri cerebrali, nel circolare affastellarsi di teorie e ricordi, in un girotondo giudiziario kafkiano e grottesco, sempre meno reale, che inesorabilmente scivola nell’ultraterreno».