C’erano una volta due fratelli. Uno alto così (più alto) e uno alto così (più basso). Quello alto così (più alto) era una femmina e si chiamava Gretel. Quello alto così (più basso) era un maschio e si chiamava Hansel.
Hansel, che era il più piccolo, aveva paura dei grandi. Ogni volta che ne vedeva uno, le gambe gli tremavano, così!
Ma Gretel, che era grande così e dei grandi non aveva paura, lo difendeva sempre dicendo: Lascia stare mio fratello!
Gretel, invece, anche se era grande così, aveva paura dei ragni. Quando ne vedeva uno gridava: Aiuto! Un ragno! Ma Hansel, che dei ragni non aveva paura, lo prendeva in mano dicendo: non preoccuparti Gretel, adesso questo ragnetto lo porto fuori. E Gretel faceva un grande sorriso.
Insomma: Hansel e Gretel si volevano molto bene, e quando stavano insieme si sentivano così forti che nessuno avrebbe potuto far loro del male. Così inizia la nostra storia. Lo spettacolo prende spunto dal lavoro di un anno con insegnanti e bambini sul “dare un nome alle emozioni, dare un nome ai sentimenti”. Ed ecco due bambini che conoscono l’importanza del condividere.
Ecco una mamma (non matrigna), che vuole bene con tutto il cuore ai suoi due figli. E che, come tutte le persone del mondo, vive la gioia e la felicità, ma anche la malinconia e, a volte, quando la fanno proprio spazientire, la rabbia di un momento. Siccome “è difficile fare il bambino della propria mamma”, Hansel e Gretel partono per un’avventura nel bosco, dove incontreranno alberi parlanti, animali affamati di briciole, fate e folletti. E, naturalmente, la perfida strega Rosicchia.