Enza Chiara Lai, che accompagnerà la narrazione tra musica e drammatizzazione di due processi inediti, farà ripercorrere le vicende di tre donne: Antonia, Pascutta e Narda, vissute nelle campagne della bassa pianura friulana alla fine del ’500 e inquisite per stregoneria e magia terapeutica. Una storia di donne, madri, mogli, streghe, herbarie che non hanno mai avuto voce, ma che attraverso il loro sacrificio e il loro coraggio hanno tramandato le credenze e i saperi, le conoscenze e i riti di una cultura antica che in tutti noi perdura e riaffiora.
In Friuli, dalla fine del XV secolo agli inizi del XVIII, centinaia di donne furono processate e incarcerate dal Sant’Uffizio di Aquileia e Concordia con l’accusa di praticare la magia e la stregoneria. La pubblicazione “A peste, fame et bello… Donne, streghe e benandanti. Vita quotidiana e Inquisizione nel Friuli del XVII secolo” di Enza Chiara Lai (edizioni Ribis), è nata da un lavoro di ricerca dell’autrice Enza Chiara Lai che da anni si dedica allo studio dei processi dell’Inquisizione in Friuli, con particolare interesse per quelli che hanno come protagoniste le donne, le cui vicende storiche e sociali sono state, per lungo tempo, dimenticate dalla cultura ufficiale.
Questo lavoro racconta le vicende di Antonia, detta “la Capona”, una vecchia, povera e sola, scacciata di casa dai figli dopo che è rimasta vedova. Da tutti conosciuta come la strega di Cervignano: cura le sofferenze del corpo e dell’anima mescolando pratiche magiche e preghiere, medicamenti empirici e segni di croce; può curare un ammalato, favorire un amore, salvare un bambino, ma potrebbe anche, in virtù degli stessi poteri, provocare morti, malattie, discordie.
Pascutta e Narda invece sono due donne di Moruzzis, un piccolo villaggio vicino a Terzo di Aquileia. Raccontano di essere Benandanti e di combattere le streghe nelle notti delle Tempora. Da queste battaglie notturne dipende l’esito dei raccolti: se vinceranno, in quell’anno ci sarà abbondanza, se soccomberanno alle streghe, carestia. Ma non è tutto. Affermano anche di vedere i morti, di parlare con loro, di fare da tramite tra i defunti e i loro parenti ancora in vita.
La ricostruzione delle vicende “giudiziarie” di Antonia, di Pascutta e di Narda ha reso possibile analizzare, attraverso i fatti storici e le vicende sociali che hanno caratterizzato il Friuli in quel periodo, sia la condizione umana delle protagoniste, sia la dimensione dei rapporti economici, sociali e familiari della popolazione che viveva nella bassa pianura orientale alla fine del XVI secolo.
I processi, finora inediti, sono conservati presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Udine che raccoglie oltre duemila procedimenti dell’Inquisizione di Aquileia e Concordia.
Enza Chiara Lai è nata a Palmanova e vive a Cervignano del Friuli. Oltre all'insegnamento, da alcuni anni si dedica ad attività di ricerca in ambito socio-antropologico, con particolare riguardo alle tradizioni, alla cultura del Friuli, e alla storia delle donne. Di questi argomenti scrive su numerose riviste specializzate e periodici. È autrice di numerosi saggi, tra cui: "Nel nome di Beleno. Cidulis e pignarûi nelle tradizioni del Friuli nord-orientale" (2004); "Una pagina della storia di Jalmicco. La Visita Apostolica di Bartolomeo da Porcia nel 1570", (2007). "Denotia contra un benandante de Joannis. Malefici, sortilegi e battaglie notturne attorno alla fortezza di Palma" (giugno 2008) è incentrato su un'antica credenza friulana secondo la quale alcuni uomini, conosciuti come benandanti, durante le notti delle tempora, combattono in estasi contro le streghe per assicurare la prosperità dei raccolti. In “A peste, fame et bello. Donne, streghe e benandanti. Vita quotidiana e Inquisizione nel Friuli del XVII secolo” (maggio 2009), la storia di tre donne del cervignanese, Antonia, Pascutta e Narda, vissute nelle campagne della bassa pianura friulana alla fine del ’500 e inquisite per stregoneria e magia terapeutica dal Santo Uffizio di Udine. "A.D. 762 .. et cartas de liberiate fecimus ..." pubblicato nel maggio 2012, analizza il più antico documento altomedievale friulano, la Donazione Sestense del 762. con la quale tre fratelli longobardi Marco, Erfo ed Anto donano ai monasteri di Sesto e di Sali il loro vasto territorio privato; oltre ad assegnare aziende e beni fondiari, essi includono la liberazione dei propri servi e serve mediante il rilascio di cartas di libertà.
“Rogheda. L’antica donna della centa. A.D. 1021” (2013) racconta la storia di un villaggio della bassa friulana, ripopolato dai Patriarchi dopo le incursioni ungariche trasferendo in queste terre interi villaggi di cultura slavo-carinziana. “Maddalena de’Varmo. La badessa del Monastero di Aquileia. A.D. 1511” (2014) narra le vicende delle monache dell’importante cenobio aquileiese sullo sfondo di un annus horribilis per le sorti della Patria friulana. L’ultima pubblicazione rievoca “Donna Gerarda. Medicatrix dell’ospedale di Udine. A.D. 1402”. Il nome di Gerarda compare negli Annales civitatis Utini il 12 maggio 1404. È designata come “medicatrix” (curatrice con metodi naturali, forse pure ostetrica) ed era figlia dell'erborista Giacomo da Vicenza. È la prima donna medico di Udine. Nel corso della sua vita, Gerarda incontra Cavalieri Templari che partono per la Terrasanta dal porto di Aquileia; mercanti dell’antica Udine che aprono i loro banchi sotto gli archi del Mercato Vecchio; medici e speziali che combattono contro la Morte Nera, la terribile epidemia di peste che falcidiò il Friuli nel 1348.