Gran finale, nel segno della contaminazione e della satira musicale, per la Stagione di Prosa del Teatro Comunale di Monfalcone.
Lunedì 5, martedì 6 e mercoledì 7 luglio, alle 20.15, debutta Oblivion Rhapsody, il nuovo spettacolo degli Oblivion, che qualcuno ha definito “atomizzatori di repertori musicali, pusher di pillole caricaturali”. Prodotto da Agidi, lo spettacolo vanta la regia di Giorgio Gallione.
Alle date monfalconesi fanno seguito, in Regione, le repliche presso altri due Teatri del circuito dell’Ente Regionale Teatrale del FVG: quello di Artegna (8 e 9 luglio) e l’Auditorium Comunale di San Vito al Tagliamento (12 e 13 luglio).
Summa del loro universo, Oblivion Rhapsody è lo show con cui Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli festeggiano i primi dieci anni di tournée insieme. In piena crisi di mezza età, i magnifici cinque sfidano se stessi con un’inedita e sorprendente versione acustica della loro opera omnia: cinque voci, una chitarra e un’infinità di parole, suoni e note, scomposti e ricomposti, che prendono nuova vita. Sul palcoscenico, nudi e crudi, per distruggere e reinventare le loro hit, dopo aver sconvolto senza pietà quelle degli altri.
Uno spettacolo che ripercorre la loro storia e le loro migliori performance, dalle famose parodie dei classici della letteratura alla comica dissacrazione della musica, con sketch inediti e succose novità. Un viaggio visionario che racconta anni di raffinate e folli sperimentazioni, senza soluzione di continuità, al confine fra genio e follia, intrattenimento leggero e intelligente demenzialità.
Scrive Gallione nelle note di regia: “Gioco, paradosso, ironia, sorriso: questo è il Comico che vedo negli Oblivion. Il tutto sorretto e condito da un talento continuamente messo in discussione e da una professionalità feroce. [...] Tutto è libero e volatile nel loro teatro, ma nulla è affidato al caso. C’è costantemente un’architettura ferrea che sostiene i loro castelli di carta. Così quello che può sembrare solo uno scherzo diventa nella realtà della scena [...] un linguaggio polifonico, meticcio, contaminato. [...] Una costruzione variegata e complessa di parole e musica che gode della gioia della lingua e del pensiero, ma che si trasforma presto in sberleffo liberatorio, sovversione del senso comune, ludica e ragionata aggressione alla noia”.