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Classic art

La dodicesima notte

(ph. Alessandro Cecchi)
Monfalcone
Teatro Comunale, corso del Popolo 20
23/02 e fino al 24/02
20.45

Realizzato da Marche Teatro in coproduzione con il Teatro Franco Parenti, lo spettacolo vede in scena, al fianco di Cecchi, un nutrito ed energico gruppo di attori (Daniela Piperno, Vincenzo Ferrera, Eugenia Costantini, Dario Iubatti, Barbara Ronchi, Remo Stella, Loris Fabiani, Federico Brugnone, Davide Giordano, Rino Marino, Giuliano Scarpinato) e quattro musicisti (Luigi Lombardi d’Aquino, Alessandro Pirchio, Alessio Mancini e Federico Occhiodoro). A giocare, infatti, un ruolo importante nella messinscena della commedia shakespeariana è la musica, che porta la prestigiosa firma di Nicola Piovani ed è eseguita dal vivo.

Carlo Cecchi ha esplorato molte volte l’opera di Shakespeare (AmletoSogno di una notte d’estateMisura per misura). Con il Teatro Stabile delle Marche, di cui è artista di riferimento dal 2003, ha in repertorio come regista e interprete, fra gli altri, Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, Tartufo di Molière, Sik Sik l’artefice magico di Eduardo De Filippo. Nel 2013 ha interpretato, diretto da Mario Martone, La serata a Colono di Elsa Morante, spettacolo che gli è valso il Premio UBU come Miglior attore protagonista.

Commedia corale fondata sugli equivoci e sugli scambi di identità e di genereLa dodicesima notte è una malinconica pièce sull’amore, che intreccia comicità e amarezza. Cecchi la rilegge con grande rigore, dando corpo alla bella traduzione di Patrizia Cavalli, puntuale ma al contempo pronta a dare suggestioni contemporanee alle parole cinquecentesche. I diversi intrecci che animano il racconto prendono vita sulla pedana rotante al centro della scena (invenzione di Sergio Tramonti), che muove tutto e tutti come se fosse la ruota della vita. Deus ex machina della commedia è il maggiordomo Malvolio, personaggio che permette a Cecchi di orchestrare un gioco attoriale straordinario, fra movenze comiche e cupa severità. La sua interpretazione si rivela una vera e propria chiave di lettura dello spettacolo: una commedia leggera di intrighi e sentimenti, che nasconde però l’abisso dell’infelicità umana.  

Scrive Carlo Cecchi nelle note di regia: “[...] La follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspirava a recitare una parte nobile. L’amore è il tema della commedia; la musica, che come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore”, ha una funzione determinante. Non come commento ma come azione. La scena reinventerà un espace de jeu che permetta, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi rapido e leggero di questa strana malinconica commedia, perfetta fino al punto di permettersi a volte di rasentare la farsa”.