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Meeting

Lo sguardo dell'infanzia

A Gorizia gli scatti provenienti dai reportage internazionali di Romano Martinis
Gorizia

Spazio creativo della casa del Gastaldo
30/12 e fino al 30/01

Un nuovo spazio culturale sta aprendo i battenti a Gorizia su iniziativa di Luciano Martinis e Silvia Tullio Altan, la coppia di creativi che ha deciso di scommettere sulla città e di convertire in un luogo vocato alle arti l’immobile storico che avevano acquisito nel 2007.

Dopo aver avviato due art-apartment è ora il turno dello spazio al piano terra, che ospiterà mostre ed eventi culturali.
II 30 dicembre verrà inaugurata “Lo sguardo dell’infanzia”, una mostra fotografica di Romano Martinis: scatti provenienti dai reportage internazionali del fotografo, realizzati dagli anni Settanta in poi nei diversi continenti. Sono immagini che affascinano e contemporaneamente colpiscono allo stomaco, il linguaggio di Romano Martinis ci costringe a prendere coscienza delle nostre contraddizioni di pubblico occidentale.
La prima lettura estetica di ogni fotografia è appagante, ma il fascino delle inquadrature e delle composizioni lascia presto il posto alla rappresentazione di realtà che non possono lasciarci “in pace” col nostro senso del bello. Il messaggio più duro, quello del degrado e dell’orrore a cui è esposta l’innocenza del mondo, si insinua per confliggere con ogni lettura edonista.
Questo scomodo conflitto è la chiave per leggere veramente “Lo sguardo dell’infanzia” di Romano Martinis, la cui efficacia (e utilità) sta proprio nella posizione scomoda in cui mette l’osservatore, una posizione in cui ogni tentativo di giustificazione mostra la propria essenza puerile e funzionale al sistema occidentale. Una posizione scomoda da cui non si può uscire senza delle rinunce di base.
Questa dinamica apre delle finestre di “realismo” nella nostra percezione del globale, come degli squarci nel velo di pittoresco, esotico, romantico e pietoso che la comunicazione dominante stende abilmente sopra tutto ciò che invece è miseria, privazione dei diritti umani, ingiustizia, crudeltà.
E del resto proprio questa capacità di Romano Martinis di veicolare l’orrore in una modalità visiva ineccepibile ha reso così utili i suoi reportage per le Cooperazioni internazionali e per L’ONU: i suoi scatti dei barrios colombiani, del degrado ambientale del lago d’Aral, del teatro dei conflitti balcanici (per citarne solo alcuni) hanno reso evidenti a tutti i livelli le emergenze che documentavano.
Ha scritto di lui Luciano Carrino, medico psichiatra che è stato Vice Presidente della Rete dell’OCSE per la Lotta contro la Povertà e responsabile tecnico dei programmi di cooperazione del Ministero degli Affari Esteri italiano in materia di sviluppo umano, salute e pari opportunità e in tale veste ha conosciuto da vicino il lavoro sul campo di Romano Martinis: “Dovunque le straordinarie fotografie di Romano Martinis hanno attirato l’attenzione del pubblico e degli esperti della materia, suscitato dibattiti e provocato emozioni, aiutando a coinvolgere gli attori sociali e le autorità nelle attività di sviluppo umano”.

La decisione di proporre questa mostra all’interno del periodo delle feste di una città del Nord-est è una provocazione? Sì, lo è. Una provocazione a “restare umani” e ad accettare di metterci in discussione. La presenza dell’Autore ci aiuterà a farlo, con il suo fare immediato, diretto e generoso ci racconterà le storie che stanno dietro ad ognuno di quegli scatti, storie di singoli bambini che lui ricorda come se fossero parte della propria famiglia. Perché Romano Martinis ha sempre fotografato le realtà dopo essersi calato al loro interno e averne compreso le dinamiche e le implicazioni. Anche nel caso di storie “di bambini”.
 

«Romano Martinis incarna la lealtà fotografica e non c'è persona che più di lui si accanisca a portare avanti la sua ricerca umanistica attraverso l'impegno personale nel rispetto dell'altro. La sua cura nella restituzione del reale è sempre esemplare e va di pari passo con il suo tranquillo coraggio. Sa affrontare anche circostanze brutali senza allontanarsi dalla sua calma e dalla sua coscienza. È un vero cittadino del mondo, attento e fraterno, che porta la sua testimonianza con cuore e precisione. È una costante necessaria ed efficace che l'onora e a lui va la mia grandissima ammirazione. Sono convinto che tutti quelli che vedranno le sue immagini condivideranno queste mie idee».

Charles Henri Favrod
 

La mostra è un’idea de Le parole gelate-studio, realizzata in collaborazione con l’Associazione culturale Opificio 330.
Per ulteriore documentazione riguardante Romano Martinis e il suo lavoro fotografico: www.romanomartinis.com
Per informazioni sulla mostra: 347 2455052 /silvia.tullio.altan@gmail.com