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Classic art

Numero Primo

Per la prima volta un Album dell’artista bellunese affronta il tema del futuro
(ph. Ivana Porta Sunjic)
Codroipo
via XXIX Ottobre
Teatro De Cecco
20/03/18
20.45

“Ho un’età in cui non sento il bisogno di guardare indietro – Paolini racconta così la genesi di questo Numero primo – preferisco sforzarmi di immaginare il futuro parlando della mia generazione alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica, dell’attrazione e della diffidenza verso di essa, del riaffiorare del lavoro manuale come resistenza al digitale. Parlo di biologia e altri linguaggi, ma lo faccio seguendo il filo di una storia più lunga che forse racconterò a puntate come ho fatto con i primi Album”.

Numero primo, anche se gli autori non amano definirlo così, è un esperimento di fantascienza narrata a teatro; una storia che racconta di un futuro probabile fatto di cose, di bestie e di umani rimescolati insieme; Numero primo è anche il soprannome del protagonista.  Per scrivere questo “Album fantascientifico” Marco Paolini e Gianfranco Bettin sono partiti da alcune domande: qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quanto ci interessa sapere di loro? Quali domande ci poniamo e quali invece no a proposito del ritmo di adeguamento che ci impongono per stare al loro passo? Quanto sottile è il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale? Se c’è una direzione c’è anche una destinazione di tutto questo movimento?

Dagli anni Settanta al 1994, Marco Paolini ha fatto parte di vari gruppi teatrali. È in uno di questi, il Teatro Settimo di Torino, che inizia a raccontare storie; nascono gli Album, i primi episodi di una lunga biografia collettiva che attraversa la storia italiana dagli anni ’60 ai giorni nostri. Noto al grande pubblico per Il racconto del Vajont, l’attore bellunese si distingue quale autore e interprete di narrazioni di forte impatto civile (I-TIGI racconto per Ustica, Parlamento chimico, Il Sergente, Bhopal 2 dicembre ’84, U 238, Miserabili) e per la capacità di raccontare il cambiamento della società attraverso i dialetti e la poesia sviluppata con il ciclo dei Bestiari. Appassionato di mappe, di treni e di viaggio, traccia i suoi racconti con un’attenzione speciale al paesaggio, al suo mutarsi e alla storia (come nel Milione).