Trieste, don Bosco e quel sogno sfiorato

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Margherita Reguitti

27 Aprile 2022
Reading Time: 4 minutes

Una storia tra arte e suspense

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Accade che opere giovanili di grandi artisti riappaiano dopo molti anni, a volte secoli, sul mercato o nelle collezioni di appassionati e attenti collezionisti che ne sappiano riconoscere la mano e il valore. Nel mondo dell’arte sono svariati i ritrovamenti di quadri o sculture erroneamente attribuiti.

E forse qualcuno ancora ricorda quanto avvenuto a Livorno nel 1984, centenario della nascita dello scultore Amedeo Modigliani. In città e in tutto il Belpaese per giorni la cronaca artistica e non restò sorpresa dal ritrovamento nel Fosso Reale di tre teste di Modì. Per svariati giorni esimi critici ed esperti d’arte nazionali si spesero per confermare l’eccezionalità del ritrovamento e dell’attribuzione, senza ombra di dubbio, al maestro livornese. Immensa e imbarazzante fu la reazione degli stessi e dell’opinione pubblica, che aveva seguito ammaliata la vicenda, quando un gruppetto di bontemponi rivelò, sazi del successo della loro burla, che le sculture ritrovate erano fasulle.

Ora la storia che stiamo per raccontarvi lambisce questi fatti in quando può essere definita un sogno sfiorato a Trieste nel rione di Valmaura.

I protagonisti sono l’altorilievo di grandi dimensioni in legno policromo raffigurante San Giovanni Bosco; il parroco della parrocchia della Beata Vergine Addolorata, nel rione di Valmaura, don Alessandro Cucuzza; l’esperto d’arte, collezionista di arte moderna e contemporanea nonché amico del parroco, Antonio Cattaruzza.

L’antefatto

Nell’estate 2021 le Suore del Sacro Cuore di Legnaro (PD), subentranti alle Salesiane o meglio alle Figlie della Madre Ausiliatrice, donano il San Giovanni Bosco alla Parrocchia di Valmaura. Il parroco, viste le dimensioni e lo stato di conservazione dell’opera, inizialmente manifestò perplessità sulla possibile esposizione. Ma, rappresentando un santo modello per le sue attività ed essendo un’opera artistica gradevole, decise di chiedere il parere dell’esperto Cattaruzza.

La valutazione

Dopo un’attenta valutazione dei pro e dei contro si decise di collocare l’opera in chiesa, avendo però prima cura di farla restaurare per valorizzarla al meglio. Scegliendo il giorno di domenica 30 gennaio 2022 quale data per la presentazione ai fedeli, visto anche che la festa del santo cade proprio il giorno successivo, 31 gennaio.

Colpo di scena: appare una firma

Durante i lavori di restauro alla base del Santo appare la dicitura “Ditta A. Manzoni e figli – Bergamo – 1930 A. VIII”. Partono le ricerche di Antonio Cattaruzza e il pensiero va a Bergamo dove l’esperto ricorda viveva Angelo Manzoni, di mestiere ciabattino e sagrestano, padre di 14 figli dei quali il dodicesimo si chiamava Giacomo.

Giacomo in arte “Manzù”

Giacomo infatti nasce a Bergamo nel 1908 e di tutti i fratelli e sorelle è quello che, viste le difficoltà economiche della famiglia, si dedica da subito all’attività di intagliatore e artigiano del legno, dimostrando grandi abilità e sarà presto famoso come scultore in Italia e all’Estero con il nome di “Manzù”.

Opera di ottima qualità

Il parere della restauratrice Vanna Settimo, che definisce ottima la qualità dell’altorilievo e la datazione certa, aprono la speranza che possa essere un’opera giovanile del maestro che all’epoca aveva 22 anni e che proprio dal 1930, trasferitosi a Milano, iniziò una carriera luminosa e prestigiosa.

Le ricerche negli archivi

Contattata la Fondazione Manzù la risposata è frettolosamente negativa: l’opera non è attribuibile all’artista.

A questo punto sembra indispensabile trovare il documento di commessa dell’opera fatta dai Salesiani nel 1930. Storicamente questa data ha una sua importanza in quanto l’opera è stata commissionata dopo la beatificazione di don Bosco, avvenuta il 2 giugno 1929 da Pio XI. Infatti la restauratrice trova alla base una vecchia scritta: “Beato don Bosco”, successivamente sostituita da “San Giov. Bosco” dopo la canonizzazione del 1° aprile 1934, sempre sotto il pontificato di Pio XI.

In attesa di poter consultare gli archivi – denominati “Cronache” – dei Salesiani con lo scopo di trovare il documento di commissione alla famiglia Manzoni, l'ingegner Cattaruzza contatta anche la Camera di Commercio di Bergamo per verificare l’esistenza di altre ditte Manzoni in quel periodo a Bergamo e la loro attività merceologica.

Il risultato fa svanire un sogno

Emerge dallo scrupoloso controllo che nello stesso periodo a Bergamo esisteva un “laboratorio di intaglio e scultura in legno” di una famiglia omonima Manzoni a partire dal 1903. Si tratta di una dinastia che passa dal nonno Costanzo Manzoni al figlio Achille Manzoni a partire dal 1925 e ai nipoti (figli di Achille) Enrico, Giovanni Battista e Alessandro attivi dal 1939 fino al 1968 con la chiusura definitiva della ditta per raggiunti limiti d’età dei fratelli/soci.

Alla fine chi ha scolpito il Santo Giovanni Bosco della parrocchiale di Valmaura a Trieste?

Emerge così che la pregevole opera è stata dunque scolpita nella bottega di Achille Manzoni e figli, attivi dal 1925 a Bergamo.

Comunque un lieto fine

Fine pertanto di un sogno che ha movimentato e rallegrato una comunità. Per un lasso di alcuni mesi infatti, tanto sono durate le approfondite ricerche del dottor Cattaruzza, nel rione di Trieste è stato cullato il sogno di possedere un’opera che, se di Manzù, avrebbe dato lustro alla parrocchia della Beata Vergine Addolorata.

Restano comunque la gioia e l’orgoglio del parroco e dei fedeli di aver accolto nella parrocchiale un’opera di ottima fattura e di grande significato, testimonianza di vita del Santo Giovanni Bosco.

 

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