Combattere la noia

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Cristian Vecchiet

27 Maggio 2014
Reading Time: 4 minutes

Giovani e responsabilità

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Uno dei tratti caratterizzanti le nuove generazioni degli adolescenti è certamente la noia. I ragazzi appaiono spesso annoiati, disinteressati di fronte a qualunque proposta, sganciati da ogni forma di impegno, difficili da “prendere”.

Il contesto culturale e sociale sembra legittimare e favorire questo trend, fornendo un terreno fecondo alla svogliatezza. La vita è intesa ed esperita come un insieme di frammenti spesso disgiunti tra di loro. Anche i valori vengono pensati e vissuti in questo modo: quanto oggi ritengono valevole e giusto, non è detto che sia tale anche domani. Lo stile di vita di ieri oggi può tranquillamente essere ribaltato. Il contesto culturale che esperiamo rilancia continuamente sull’impossibilità che esistano valori e forme di vita che tengano alla prova del tempo e delle aspirazioni individuali.

Dal punto di vista morale questo trend va sotto il nome di individualismo e utilitarismo. Contano le esigenze dell’individuo, i suoi desideri del momento. La legittimità delle istanze morali è connessa alle pulsioni, alle emozioni, ai pensieri che un individuo prova in un dato momento e che ovviamente possono cambiare. Nessuno è legittimato a richiamare qualcun altro sui comportamenti che adotta, ammesso che non siano incompatibili col vivere civile. L’utile appare la categoria morale per eccellenza.

La dimensione economica della società ben esprime e soprattutto incentiva tutto questo. Fino a qualche decennio fa a contare era la produzione e l’uomo era identificato col produttore. Nel tempo invece si è imposta l’urgenza spasmodica di consumare e l’individuo è assurto a homo consumens. L’utile è sempre più l’utile di pochi. Il contratto sociale (cifra della filosofia politica e sociale della modernità) è sempre più a favore soltanto di qualcuno.

È in un contesto siffatto che germina e germoglia la noia. Tutto è o appare noioso, cioè insipido, privo di sapore, di attrattiva, di fascino, perché in fondo siamo in troppi a colludere con quel clima culturale e morale. Certo, per fortuna non mancano segnali in senso opposto. Sta tornando la voglia di socialità, il desiderio di forme di vita buona, anche se in modo ancora ambivalente.

Ma cos’è la noia? La noia è il disinvestimento affettivo e cognitivo. La noia è il sentimento di vuoto e di mancanza di interesse per qualcosa. L’individualismo costituisce l’humus della noia. L’uomo non è fatto per essere da solo e per pensare solo a se stesso. L’uomo è strutturalmente socievole ed è fatto per stare con l’altro e assumere forme di vita regolari.

Esiste chiaramente anche un significato positivo della noia. La noia può essere anche l’occasione opportuna per ripensare a stili e forme di pensiero e di vita. La noia può costituire la circostanza propizia per fare il punto della situazione su ciò che si è e si fa e per rilanciare. La noia può essere il momento in cui uno sta con se stesso. La noia può essere da stimolo a inventarsi qualcosa da fare, alla creatività, uno stimolo indiretto ad agire.

La noia può spingere un ragazzo ad attivarsi e cercare di dare un senso al tempo che vive. Sotto questo profilo gli adulti che programmano ogni momento della vita dei ragazzi e risolvono sempre i loro problemi non li aiutano a crescere. Non bisogna evitare sempre la noia del ragazzo, perché, così facendo, il ragazzo non impara l’intraprendenza, lo spirito di iniziativa e la tolleranza alle frustrazioni, la capacità di far fronte alle difficoltà e di risoluzione dei problemi.

La noia oggi perlopiù provata è tuttavia diversa. Nel nostro tempo i ragazzi vivono tanti momenti fra loro separati e privi di un legame unitario. Non sanno cosa fare e come fare. Non trovano motivazione in niente. Oggi i ragazzi si annoiano perché non sanno come agire, come attivarsi.

Come si fa a combattere la noia? L’antidoto alla noia probabilmente va ravvisato nella responsabilizzazione dei ragazzi. I ragazzi non sono solamente portatori di diritti ma anche portatori di doveri. Hanno doveri verso se stessi e verso gli altri e questo lo devono percepire in modo chiaro. Un eccesso di tutela e di protezione dei ragazzi apre la strada alla deresponsabilizzazione. Senza una progressiva responsabilizzazione non è possibile crescere in autonomia e diventare adulti.

Responsabilizzare i ragazzi vuol dire far capire che molto dipende da loro e che le azioni che compiono hanno delle conseguenze inevitabili su di sé e sugli altri. È così che può maturare nel ragazzo la consapevolezza che la propria libertà deve misurarsi con le regole della realtà. Solo un autentico e reale aggancio alla realtà può consentire un salto di qualità nello stile di vita.

E come si fa a responsabilizzare? È importante che i ragazzi imparino ad attivarsi e sperimentino le conseguenze delle loro azioni e dei loro comportamenti, nel bene e nel male. Un eccesso di difesa e di tutela apre la strada all’eterna adolescenza. È importante che fin da piccoli i figli vengano educati a responsabilità proporzionate e compatibili con la loro età.

E chi deve responsabilizzare? Chiaramente nessuno è esente da questo impegno, a partire dai soggetti educanti per definizione, quali i genitori, la scuola, gli adulti in genere. Soprattutto quando rappresentano degli “altri significativi”, cioè degli adulti autorevoli agli occhi dei ragazzi.

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