Il ritorno in Friuli di Nanni Moretti

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redazione

14 Aprile 2015
Reading Time: 2 minutes

Domenica a Pordenone e Udine

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In attesa di scoprire se Mia madre sbarcherà al Festival di Cannes, dove La stanza del figlio vinse la Palma d’Oro nel 2001, Nanni Moretti accompagnerà il suo dodicesimo film in Friuli: domenica 19 aprile il pubblico di Pordenone (ore 16, Cinemazero) e di Udine (dopo la proiezione delle 18.30, Visionario) potrà conoscere o ritrovare il grande regista romano a quattro anni dalla presentazione di Hamebus Papam.     

Come sempre Moretti ha rivelato ben poco: la trama – frutto della sceneggiatura scritta insieme a Francesco Piccolo e Valia Santella – è ancora avvolta nel mistero. C’è un’anziana madre malata (Giulia Lazzarini), ci sono due fratelli ad accudirla (lo stesso Moretti e Margherita Buy) e c’è una capricciosa star hollywoodiana (John Turturro).

Protagonista del film è Margherita, una regista di successo che, oltre a dover gestire un set difficile, è anche alle prese con una relazione agli sgoccioli e una figlia adolescente: Beatrice. A sostenerla ci pensa il fratello, che mentre passeggia con lei in Piazza del Parlamento la invita a un cambiamento, spronandola con afflati esistenziali simili a quelli che riecheggiano ancora nelle orecchie degli amanti di Aprile.  Il celebre «D’Alema, dì una cosa di sinistra!» ora però è diventato «Margherita, fai qualcosa di nuovo, di diverso, rompi almeno un tuo schema, uno su duecento!».

Si sa che Moretti avrebbe voluto girare il film nel vero appartamento della madre, Agata Apicella, e che, visto il rifiuto della scenografa, ha fatto portare sul set i suoi libri e i suoi vestiti. Ci troviamo di fronte a un’opera con una componente autobiografica molto forte, dunque, ma intrecciata con l’Italia di oggi. Un’opera che consolida la traiettoria del “secondo Moretti”: un maestro del cinema, per molti un genio, che sceglie ancora una volta il Friuli e il suo pubblico per portare in prima persona il frutto del suo lavoro.

«Fin da subito – racconta Moretti – ho pensato a una protagonista femminile e ho voluto attribuirle caratteristiche che di solito vengono considerate più ‘maschili’, e un mestiere, quello del regista, diffuso maggiormente fra gli uomini. Io mi sono ritagliato il ruolo del fratello, ma in realtà mi sento più vicino a Margherita, al suo senso di inadeguatezza. Credevo che col tempo questo disagio sarebbe diminuito, sarebbe cresciuto il famoso ‘pelo sullo stomaco’, che brutta espressione… Invece più passa il tempo più l’inadeguatezza cresce. Prima di girare un film faccio sempre gli stessi incubi: che sul set nulla funzioni».

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