Il calore del focolare

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redazione

7 Agosto 2015
Reading Time: 4 minutes

Intervista a Deborah Rossit

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L’Associazione “Il Focolare Onlus” è nata nel 2004 per volere di alcuni amici che avevano l’obiettivo di creare un’alternativa concreta a favore di quei bambini con problematiche familiari o situazioni critiche alle spalle (come maltrattamenti, violenza, trascuratezza) e che erano costretti ad allontanarsi temporaneamente dalla loro famiglia. A presiederla oggi è Deborah Rossit, con cui affrontiamo un tema tanto delicato quanto importante come quello dell’affido familiare.

Partiamo con una domanda personale: cosa significa presiedere un sodalizio con queste finalità?

«Essere presidente de “Il Focolare” rappresenta una possibilità concreta di operare in favore di minori e famiglie affidatarie per fornire loro vicinanza, sostegno, comprensione e un luogo sicuro dove raccontarsi. Permette di stringere collaborazioni con le realtà associative del territorio, collaborare con Ambiti e Servizi Sociali ed essere presenti su tavoli di progettazione. Oltre a tutto ciò, arricchisce dal punto di vista umano: lavorare a stretto contatto con volontari e operatori che si impegnano quotidianamente per garantire ai minori un futuro più lieve e sereno è un onore e un impegno che richiede grande tempo, ma soprattutto grande cuore».

Quanti sono i volontari che operano a diverso titolo all’interno dell’associazione?

«Circa un centinaio, di cui una trentina operano assiduamente nelle varie attività di promozione, sensibilizzazione, formazione al territorio in merito a tematiche sull’affido familiare. I primi operatori volontari sono sicuramente le famiglie, seguite da volontari attivi e sostenitori affiancati da una equipe di professionisti di vario titolo (psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti)».

Che competenze specifiche devono avere le persone che collaborano con la vostra realtà?

«Per quanto riguarda i soci volontari le caratteristiche sono grande cuore, passione, tempo, volontà di essere presenti in questo bellissimo e impegnativo viaggio attraverso situazioni che toccano profondamente la sensibilità e la vita di ognuno di noi. Donare agli altri, e in questo caso ai bambini, il proprio tempo è certamente te un gesto di solidarietà, amore e umanità. Le competenze invece richieste allo staff professionale riguardano la sensibilizzazione del territorio, formare le famiglie interessate all’affido e seguire il loro percorso con i minori accolti in casa».

Come viene gestito il centro di Tapogliano?

«Nella casa a Tapogliano, inaugurata ufficialmente il 4 ottobre dello scorso anno, vengono svolte attività di auto-mutuo-aiuto dove le famiglie affidatarie possono scambiarsi esperienze e condividere emozioni, difficoltà e vissuti incontrati nel percorso di affidamento dei minori. Inoltre, sono presenti nella struttura degli appartamenti nei quali alcune famiglie affidatarie hanno deciso di trasferirsi, per condividere assieme ad altre un’esperienza unica in regione: vivere in un contesto che accoglie adulti e bambini i quali, quotidianamente, possono studiare assieme, giocare, raccontarsi e sperimentarsi in quella che è l’esperienza dell’affido e della vita. Vengono anche svolti diversi corsi aperti alla cittadinanza. Grazie a spazi comuni disponibili, è un punto di incontro per varie iniziative e attività: biblioteca, ludoteca, fino al doposcuola di prossima organizzazione. Oltre a centri estivi e gite che favoriscono l’aggregazione giovanile, familiare e comunitaria».

Fino a oggi quanti minori avete seguito?

«In questi anni di attività, attraverso l’adesione ai Piani di Zona territoriali, abbiamo accolto una trentina di minori, dei quali alcuni sono ancora in una situazione di affido familiare, altri sono rientrati nelle loro famiglie naturali e tre neonati sono stati dati in adozione».

Qual è il territorio coinvolto dalla vostra attività?

«L’associazione opera in tutto il Friuli Venezia Giulia, anche in collaborazione con gli ambiti distrettuali di Cervignano del Friuli, Latisana, Gorizia, Trieste e Cividale del Friuli. La scelta di aprire una struttura nel cuore di un paese come Campolonogo-Tapogliano è stata pensata per non rimanere isolati, ma permettere ai bambini in affido di conoscere i compagni di gioco del luogo, di aggregarsi con le attività in loco, condividere attività sportive, centri estivi, feste paesane e quanto possibile affinché il minore non si senta diverso dagli altri, ma abbia uguali opportunità di crescita e di ricerca della felicità. Solo una famiglia con il suo calore e il suo vivere attivamente la cittadinanza può permettere tutto ciò».

Che caratteristiche devono avere le famiglie affidatarie?

«Possono diventare affidatari coppie con o senza figli, sposate o conviventi, singole persone. L’importante è che questo nucleo sia accogliente dal punto di vista affettivo, educativo, che sia protettivo, temporaneo e aiuti il minore a sviluppare e valorizzare le sue potenzialità, senza giudicare la situazione di provenienza e il vissuto o le difficoltà della famiglia naturale».

 

Secondo i dati contenuti nelle linee guida per l’affido allegate a una delibera regionale di marzo 2015, l’affido sta riguardando un numero crescente di minori – soprattutto adolescenti di nazionalità italiana – salito dai 393 del 2011 ai 411 del 2012, ai 436 del 2013. Si tratta di minori affidati in prevalenza nella modalità tradizionale di affido, ai quali però si deve aggiungere un numero significativo di minori affidati con la modalità dell’affido leggero, una forma di accoglienza che si sta diffondendo gradualmente sul territorio.

L’affido può essere intra-familiare in questo caso subentrano i nonni o parenti prossimi, oppure etero-familiare. Si cerca di non allontanare il minore dalla sua zona di residenza, in modo che possa continuare a frequentare la scuola e a mantenere le sue amicizie. In alcuni casi, più problematici, l’allontanamento è necessario. L’obiettivo dell’affido è comunque quello di mantenere un rapporto diretto con la famiglia di origine, quando possibile, lavorando per consentire il recupero e il rientro a casa del minore. L’affido può essere di tre tipi: diurno, a tempo parziale o residenziale. Nei primi due casi il minore, dopo la scuola, passa alcune ore dalla famiglia affidataria, oppure soltanto i fine settimana, per ammorbidire situazioni comunque non particolarmente difficili o per dare un rinforzo nella gestione quotidiana. Si parla di affido residenziale quando il minore è allontanato dai genitori e si trasferisce a casa della famiglia affidataria.

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