La nuova rosa

imagazine margherita reguitti

Margherita Reguitti

11 Gennaio 2016
Reading Time: 4 minutes

Mostra in ricordo di Tina Modotti

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“Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:/forse il tuo cuore sente crescere la rosa/ di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa./ Riposa dolcemente, sorella.”

Così inizia la poesia scritta da Pablo Neruda e incisa sulla tomba di Tina Modotti, fotografa, attrice, passionaria politica, morta nella notte fra il 5 e il 6 gennaio del 1942 per infarto a Città del Messico. Si chiuse in solitudine, in un taxi rientrando da una cena da amici, la vita di una grande artista d’avanguardia, di una donna coraggiosamente anticipatrice di una visione internazionale di azione culturale e politica, la cui vita fu impegno al servizio di ideali di libertà e equità sociale, in un contesto storico di grandi movimenti politici e nazionali nella prima parte del Novecento in Europa e oltre oceano.

Assunta Adelaide Luigina Modotti fu emigrante in fuga dalla povertà del Friuli degli inizi del secolo scorso, prima in Austria e poi in America; nel 1913 infatti giunse a San Francisco. Intelligente, vorace autodidatta, dotata di un talento naturale per il palcoscenico recitò in teatro e partecipò con ruoli da protagonista in film a Hollywood, frequentando circoli di intellettuali internazionali. Determinante fu l’incontro con il fotografo Edward Weston con il quale nel 1923 si trasferì in Messico; fu l’inizio di una crescita professionale e personale che la trasformò da modella in artista autonoma dal maestro.

Iscritta al partito comunista messicano, le sue fotografie furono esposte in importanti mostre e pubblicate da riviste internazionali. Sospettata dell’omicidio del suo compagno, il giornalista Julio Antonio Mella, ucciso mentre le camminava accanto dai sicari del dittatore cubano Machado, nel 1930 fu espulsa dal Messico.

La prima parte della sua vita fu dedicata alla fotografia: “Mi considero una fotografa, niente di più, cerco di produrre non arte ma fotografie oneste, senza trucco né manipolazioni, mentre la maggioranza dei fotografi cerca ancora ‘effetti artistici’ o l’imitazione di altri mezzi di espressione e ne risulta un prodotto ibrido che non riesce a dare all’opera prodotta il carattere più importante che dovrebbe avere, la qualità fotografica”.

Dal 1930 e per i 10 anni successivi si dedicò all’attività sociale e politica in Europa. Ricercata in Italia perché antifascista, viaggiò fra Mosca, Parigi, Berlino e Barcellona, lavorando per l’ufficio europeo di Soccorso rosso, partecipando alla guerra di Spagna, legata nella vita e nella lotta a Vittorio Vidali (Muggia 1900 – Trieste 1983) antifascista, comandante Carlos nelle brigate internazionali nella Guerra civile in Spagna, conosciuto in Messico anni prima.

Il comune di Udine, dove nacque nel 1896 e il Comitato Tina Modotti, le hanno dedicato una grande mostra dal titolo “Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia e nuova umanità”, allestita a Casa Cavazzini fino al 28 febbraio. Un percorso multimediale chiaro e coinvolgente, di filmati, immagini e documenti che presenta la più vasta raccolta delle sue fotografie tratte dai negativi originali e le più recenti acquisizioni inedite, riferibili alla storia familiare, all’attività di fotografa e all’impegno politico.

Un’esposizione viva che ne rimanda la passione di donna anticipatrice di una visione del mondo senza confini, dipana il racconto di una vita sicuramente straordinaria; fu amica di Pablo Neruda, Diego Rivera e Frida Kahlo, John Dos Passos e Vladimir Majakovskij.

La sua figura, riscoperta negli ultimi 40 anni dallo studioso Riccardo Toffoletti, fu spesso mistificata per farne un personaggio misterioso, una sorta di Mata Hari, senza tenere nel giusto conto umano il suo vissuto, segnato da impegno coerente, da molti lutti e perdite di affetti, ma anche da incontri straordinari. Cittadina del mondo fu fedele agli ideali di libertà e pari dignità per tutti, seppe raccontare senza mistificazione la vita di genti dimenticate, la lotta contro tirannie e ingiustizie. Nelle diverse sezioni sono esposte con organicità e ricchezza tematica sue fotografie, molte delle quali inedite in Europa, scatti che la ritraggono, firmati da Edward Weston, suo primo maestro, ma anche la sua storia familiare, attraverso testimonianze e documenti che riguardano i suoi genitori e fratelli, così come il suo percorso professionale, testimoniato da articoli e copertine di riviste e giornali con i quali collaborò in Europa e non solo. Nel centralissimo palazzo nel cuore di Udine, la mostra ripropone la vivacità di questa donna minuta, bella e capace di grandi azioni, mai vinta, che lottò fino alla fine avendo il mondo quale ambito d’azione del suo impegno. Sono esposti per la prima volta i materiali documentari e fotografici dal lascito della sorella Jolanda Modotti, riferiti alla sua prima giovinezza a Udine, negli Stati Uniti e nel Messico degli anni ’20, oltre a carteggi tra Jolanda, Vittorio Vidali e Silvia Thompson. Inedita è anche la documentazione fotografica sulle Scuole libere di agricoltura recentemente donata all’Istituto Nacional de Antropologia e Historia di Città del Messico da Savitri Sawhney, figlia dell’esule indiano Pandurang Khankhoje. Il fondo si compone di 18 fotografie, scattate da Tina Modotti e fino ad oggi  sconosciute. Se bello e efficace è l’allestimento, non è da meno il catalogo pubblicato da Forum editrice di Udine, a cura di Enzo Collotti, Marì Domini, Paolo Ferrari e Claudio Natoli.

La mostra resterà aperta fino al 28 febbraio, per informazioni: museo d’Arte Moderna e Contemporanea – Casa Cavazzini, via Cavour, 14 , casa.cavazzini@comune.udine.it.

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