Le simulazioni “affilano” gli strumenti

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redazione

6 Aprile 2016
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Nuove scoperte dai ricercatori della SISSA

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Nella scienza c’è la teoria: un’“affermazione” di natura piuttosto generale che descrive il mondo. Per esempio (semplificando molto) la frase “la Terra gira su se stessa e intorno al Sole”.  Per testare la teoria è necessario produrre delle previsioni confrontabili con le misure (quando è possibile ottenerle). Per far questo servono dei modelli più specifici tradotti in un linguaggio matematico. Possono però esistere più modelli, con differenze piccole o che addirittura si basano su metodologie radicalmente diverse, che prevedono la stessa cosa. Per esempio, tornando alla nostra “teoria” sopra, sappiamo che implica che sulla Terra si alternino il giorno e la notte, quindi possiamo decidere di calcolare quando il Sole sorgerà domani per poi verificare la bontà della previsione nella realtà. Possiamo farlo in più modi. Usando un registro di tutti gli orari dell’alba nei mesi passati, possiamo cercare di individuare delle regolarità e produrre una funzione matematica che descriverà il passato e fornirà una stima del futuro, compresa l’ora dell’alba di domani, tutto senza sapere nulla di come è fatta la Terra, della sua velocità di rotazione… In alternativa possiamo ricostruire con metodi matematici il sistema fisico della Terra che ruota intorno al Sole (inserendo dati sul diametro del pianeta, sulla velocità di rotazione, sull’inclinazione dell’asse), e calcolare con questo metodo l’ora dell’alba di domani.

Possiamo confrontare entrambi i risultati con l’osservazione reale e fra di loro. Ci sono due tipi di errori che si possono verificare: la teoria è sbagliata, la Terra non ruota intorno al Sole, e quindi le previsioni possono magari per caso coincidere o meno con il dato reale, ma prima o poi qualche grossa incongruenza emergerà e la teoria andrà rivista (immaginate che la teoria di partenza fosse stata “Il Sole ruota intorno alla Terra”). Questo è un problema di “accuratezza” e riguarda la nostra conoscenza della realtà (e processi molto più ampi di revisione, dibattito e ragionamento nella comunità scientifica). Ma c’è un altro tipo di problema che può sorgere: la teoria è giusta, ma gli strumenti matematici che usiamo sono sbagliati, per diversi motivi. In questo caso si parla di “precisione”, una misura che si può effettuare per esempio confrontando fra loro i risultati delle varie metodologie: se sono coerenti (nel nostro caso danno lo stesso orario per l’alba) allora possiamo considerarli affidabili e continuare a utilizzarli.

 Questo, in maniera ben più complessa, è quello che hanno fatto gli scienziati (fra cui Stefano de Gironcoli e Andrea Dal Corso, professori della SISSA/CNR-IOM Democritos, Emine Küçükbenli, ricercatrice della SISSA e Paolo Giannozzi, professore dell’Università di Udine) per i metodi di simulazione numerica oggi usati in maniera estensiva nella fisica dei materiali. I fisici oggi infatti studiano la natura della materia simulandone le proprietà attraverso diverse metodologie e software. “Siamo arrivati alla conclusione, nel corso di un congresso importante svoltosi qualche anno fa, che fosse giunto il momento di fare una cosa che ancora non avevamo fatto, almeno non in maniera sistematica, vale  a dire testare la precisione dei nostri strumenti, cosa che per esempio in un campo piuttosto vicino la comunità dei chimici ha già iniziato a fare da un po’”, spiega de Gironcoli.

“Abbiamo iniziato con le cose semplici, ma è chiaro che la strada è ancora molto lunga. Il risultato però è stato positivo” continua de Gironcoli. Il gruppo di scienziati è infatti partito dalle basi della fisica, l’equazione di stato, e l’ha testata sui materiali più semplici: dei cristalli formati da un solo elemento (facendolo per tutti gli elementi della tavola periodica). Sono state testate ben 40 metodologie, implementate con 15 pacchetti di software diverso.

Fra questi c’è anche Quantum ESPRESSO, un pacchetto di software, fra i più importanti al momento, prodotto da un consorzio al quale partecipano anche la SISSA e l’Università di Udine. “Siamo molto soddisfatti: non solo i software diversi che implementano la stessa metodologia danno gli stessi risultati, ma anche le classi principali di metodi maggiormente usate (sono due) danno ormai gli stessi risultati” commenta Giannozzi. Naturalmente questo è solo un inizio, il gruppo già pensa di estendere il test a materiali più complessi, ma resta una conferma importante: “la precisione è alta”, conclude de Gironcoli, “quindi possiamo rilassarci, almeno un po’, e concentrarci sull’accuratezza, vale a dire la speculazione teorica”.

Fra gli altri istituti che hanno partecipato allo studio, coordinato dall’ Università di Ghent (Belgio), troviamo la Harvard University  (USA), l’Università di Oxford e quella di  Cambridge (UK), l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (in Svizzera), l’Istituto Max-Planck di Fisica della microstruttura (in Germania), e altri ancora.

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