La popolazione che invecchia progressivamente ma costantemente, i tassi di natalità che calano e il netto incremento dell’aspettativa di vita nei Paesi occidentali sono le tre grandi variabili che stanno contribuendo a ridisegnare il panorama demografico. Esiste una grande variabilità geografica nella quota di anziani nei diversi Paesi.
In molti Paesi in via di sviluppo, la percentuale di persone di età maggiore a 65 anni supera di poco il 5%. Nel mondo occidentale, invece, tra il 10% ed il 25% degli abitanti è anziano. I dati demografici dimostrano un’escalation delle malattie correlate all’età avanzata, come le patologie cardiovascolari, respiratorie e neurologiche, ma soprattutto il cancro. Infatti, l’incidenza di molti tumori cresce con l’età almeno fino agli 85 anni, mentre, viceversa, può ridursi dopo i 95 anni.
Analizzando l’impatto dei tumori sulla popolazione, si scopre che in Italia si registrano 270.000 nuovi casi di tumori per anno, 165.000 (il 61%) si verificano in persone oltre 65 anni: 90.000 (33%) nella fascia tra 65 e 74 anni e 75.000 (28%) nella fascia degli over 75. Il mio gruppo di ricerca, costituito alla fine degli anni ‘70, è stato il primo non solo in Italia a studiare ed approfondire le problematiche dei tumori dell’anziano - nell’ambito del CNR prima (1978) e dell’EORTC poi (1984) - pubblicando il primo lavoro della letteratura medica internazionale sulla terapia di un gruppo di tumori (linfomi maligni) dell’anziano.
Oggi l’Istituto di Aviano ha istituito una clinica apposita per i pazienti oncologici anziani, coordinata dalla dottoressa Lucia Fratino, ed è attivo nella ricerca in questo ambito anche nelle terapie biologiche e nel trapianto di midollo. In un soggetto anziano vi sono alcuni fattori predisponenti a un maggior rischio di neoplasie quali la maggiore durata dell’esposizione ai cancerogeni ambientali e ai radicali liberi, un’alimentazione non corretta, i virus e in generale le infezioni, una maggiore instabilità genetica (cioè una maggiore frequenza delle mutazioni spontanee a livello del DNA) combinata a una minore efficienza dei sistemi di riparazione del DNA e all’attivazione di oncogeni (geni che predispongono al cancro) e una qualche immunodeficienza correlata all’invecchiamento. Un altro aspetto rilevante e che può influire sullo sviluppo di una neoplasia è l’inattività fisica.
Il rischio di ammalarsi di tumore è tre volte più alto in una persona che conduce una vita sedentaria rispetto a una fisicamente attiva. Una camminata di 2-3 chilometri al giorno può ridurre di un terzo l’incidenza della malattia e questo perché l’attività fisica aiuta anche a sostenere il sistema immunitario (è immunostimolante). Per quanto riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce, non sempre un tumore nell’anziano può essere diagnosticato in modo tempestivo. Al contrario, alcuni studi hanno dimostrato che il cancro viene diagnosticato nella persona anziana più tardi rispetto ai giovani, probabilmente per la tendenza a sottovalutare sintomi erroneamente attribuiti all’invecchiamento o alla presenza di malattie croniche concomitanti. Il dolore osseo da metastasi, ad esempio, può essere interpretato come dovuto ad artrosi e osteoporosi, e ancora sintomi come astenia (senso di spossatezza), dispnea (difficoltà respiratoria), sudorazione, dimagrimento non sempre vengono riconosciuti precocemente come indizio della presenza di un tumore, ma sono spesso interpretati come dipendenti dal declino funzionale dell’organismo.
Per la diagnosi precoce, trascurare gli esami o effettuarli senza un criterio può esporre a pericoli o a stress inutili; è quindi importante effettuare lo screening oncologico oltre i 50 anni e rispettando la tempistica definita dagli esperti: esame del sangue occulto nelle feci dopo i 50 anni ogni 2 anni; mammografia dopo i 50 anni; Pap-test tra i 21 e i 65 anni, ogni 2 anni; PSA pur non consigliato alla popolazione generale ma per altri esperti, compreso il sottoscritto, è consigliato a tutti oltre i 50 anni di età, insieme ad una visita urologica; Tac spirale del torace, non consigliata alla popolazione generale ma in studio dopo i 60 anni per i grandi fumatori; colonscopia solo nella popolazione ad alto rischio, dopo il sangue occulto nelle feci. E ricordare che non è mai troppo tardi per la prevenzione: niente fumo, dieta a base di frutta e verdura, consumo moderato di alcol ed esercizio fisico.
Vi è poi un altro luogo comune da sfatare, cioè che le neoplasie siano meno aggressive negli anziani rispetto ai giovani. Il cancro negli anziani ultrasettantenni, infatti, ha all’incirca le stesse modalità di presentazione e di crescita che in un adulto e risponde al trattamento nel medesimo modo. Quindi è importante che tali pazienti siano gestiti in maniera integrata da un gruppo composto da più specialisti - oncologo, geriatra, psicologo – in grado di fare un’analisi multidimensionale (cioè di tutti gli aspetti legati alla salute fisica e psichica) all’inizio del percorso terapeutico.
Tenuto conto che a 70 anni in una persona “fit”, cioè in buone condizioni di salute, la spettanza di vita è più o meno di circa 20 anni, è evidente che la terapia deve mirare alla guarigione o alla lungo-sopravvivenza se questo è possibile con le armi a disposizione, cioè la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia e le terapie biologiche, spesso combinate fra di loro. Pertanto queste vanno impiegate dopo aver accuratamente suddiviso i pazienti anziani, in accordo alla valutazione geriatrica multidimensionale, in fit, unfit e fragili, e scelto i trattamenti più validi per le condizioni del paziente. La clinica degli anziani del dipartimento di Oncologia Medica dell’istituto Tumori di Aviano ha proprio il compito di dividere i pazienti, secondo la scala multidimensionale geriatrica, in quei sottogruppi e dare quindi i migliori trattamenti possibili al paziente anziano con la collaborazione di geriatra, oncologo medico e psicologo, alle volte con la possibilità di guarigione, altre volte con la possibilità di una lungo-sopravvivenza, altre volte soltanto con lo scopo di migliorare la qualità di vita, impiegando al meglio le terapie palliative, compresa la terapia del dolore, spesso sottovalutate proprio nei pazienti anziani, che si ritengono erroneamente più “resistenti” al dolore.
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