La poliedricità dell’arte

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redazione

16 Settembre 2016
Reading Time: 4 minutes

Enrico Iviglia

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Enrico Iviglia è un tenore professionista dalla vocalità lirico leggera, diplomato a pieni voti presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino sotto la guida di Silvana Moyso. Dalla vocalità prettamente rossiniana, Iviglia passa dagli Enti lirici italiani ai festival estivi per proseguire ai cartelloni dei teatri esteri, Europei o Oltre Oceano.

Diplomato geometra, ha studiato Architettura Edile presso il Politecnico di Torino, conseguendo l’abilitazione alla firma disegnando inaspettatamente all’esame di stato una sala concerti polifunzionale per l’ascolto di musica da Camera. Due mondi che parlano la stessa lingua.

I primi vocalizzi sono stati emessi nella realtà parrocchiale, a 12 anni, con un registro vocale non ancora definito, colpito dalla voce cantata in modo impostato dei coristi più grandi, dai brani gregoriani e dalla polifonia del ‘700. Solo con lo studio in Conservatorio è venuto a conoscenza dell’Opera Lirica e della magia che si respira in Teatro.

 

Diplomato geometra e poi gli studi in Conservatorio. Dai disegni alla musica, com’è iniziata la carriera di Enrico Iviglia? 

«Durante la facoltà di Architettura la musica sinfonica e polifonica mi ha colpito e con determinazione (e all’insaputa della mia famiglia) mi sono iscritto al Conservatorio di Torino per iniziare gli studi da tenore. Felicissimo di questa scelta, sto realizzando un bellissimo disegno di vita!»

La prima tappa del suo percorso artistico avvenne in teatro nel 2004: cosa successe?

«Cantavo ancora nel coro As.Li.Co, l’associazione lirica comasca che produce ogni anno Opere in diversi teatri lombardi. Era novembre, l’artista protagonista nell’Elisir d’amore (Nemorino) perse completamente la voce e la direzione artistica fece il mio nome per proseguire l’opera. Tra il primo e il secondo atto, al Teatro di Brescia, iniziò il mio percorso artistico con tanto tifo e gioia dei miei colleghi».

Cosa significa per lei esibirsi all’interno di un teatro?

«Professionalità, passione, sacrifici, divertimento, versatilità, energia e tanto studio, non solo da un punto di vista vocale ma anche interpretativo del personaggio, al fine di poterlo trasmettere al pubblico».
Tra gli addetti ai lavori lei è conosciuto come un artista “multitasking”: cosa si intende?

«Amo il teatro, è l’ABC. Devo ammettere però che mi piace spaziare in tutti gli ambiti artistici e che siano legati l’uno con l’altro. Ad esempio in uno spot pubblicitario canto un famoso jingle senza tramutare il registro vocale tenorile. Sono stato ospite da Antonella Clerici alla “Prova del cuoco”, parlando di cibi adatti a un cantante o della passione che Rossini aveva per la buona tavola. A gennaio esce il film sulla vita di “Dalidà” e sarò uno dei cantanti che sostiene la voce dell’artista sul palcoscenico del Teatro del Casinò».

Lavorare per cinema e tv quanto è diverso rispetto al teatro?

«Tv e teatro sono entrambi due realtà serissime. Se registri uno spot, o sei su un set di un film, hai la possibilità di rifare; personalmente preferisco la diretta perché sono più concentrato a non sbagliare. In teatro è buona la prima, il pubblico pagante non può cambiare canale e pretende il meglio dal cantante».

Dal contenitore al contesto: quello italiano è un pubblico da tv o da teatro? «Credo ci sia un pubblico nelle città grandi, con cartelloni artistici nutriti, e uno nelle città medio/piccole, con stagioni teatrali saltuarie. Nelle prime le persone hanno più scelta. Nelle città di provincia credo che il piccolo schermo faccia buona compagnia alla gente. Fortunatamente, in Italia, il teatro ha un suo pubblico e l’appassionato si sposta per seguire uno spettacolo. Inoltre, proprio la tv, con il canale tematico RAI 5, sta portando in casa degli italiani tantissime opere e balletti».

In un periodo complesso come quello attuale, com’è la vita e quali sono le prospettive per gli artisti “multitasking”?

«“Crederci sempre, arrendersi mai”. Arrivo da una famiglia con un’attività e saldezze quotidiane fatte di orari e metodicità. Per cui non è stato semplice capire che l’artista non ha orari,  lavora anche la domenica e l’hotel è la sua seconda casa. Gli obiettivi per un cantante sono fondamentali. Migliorare sempre e restare “con i piedi per terra”».

Una caratteristica che la contraddistingue è il nutrito numero di fan che, a ogni suo spettacolo, fanno andare a ruba i biglietti d’ingresso. Come se lo spiega?

«La gente mi  vuole bene e questa è la dimostrazione concreta e la fortuna di essere legati al proprio territorio. Li ho educati a seguire le opere perché è cultura, abbinando la visita di musei e il piacere di assaporare i piatti tipici delle città dove canto. Hanno iniziato a Firenze con “Finta Giardiniere” di Mozart nel 2006, proseguendo poi a Napoli per il debutto al Teatro San Carlo con Otello di Rossini. Grazie a tutti! #cercherodinondeludervimai».

La poliedricità è una dote importante, ma nel mondo artistico anche la specializzazione è fondamentale: se dovesse optare tra lirica, teatro, tv e cinema cosa sceglierebbe?

«Il palcoscenico operistico è al primo posto perché sto studiando da anni canto (specializzandomi nei ruoli rossiniani); subito sotto la tv perché arrivi immediatamente a un grande pubblico. Sarei felicissimo di seguire le orme di Katia Ricciarelli o Massimo Ranieri, bravissimi artisti poliedrici».

Nel frattempo una nuova stagione è alle porte: quali sono gli obiettivi di Enrico Iviglia per il futuro?

«Sarà un autunno ricco di serate. A Ratisbona, fino a dicembre sarò in scena con “La Cenerentola” di Rossini nel ruolo di Don Ramiro. Vorrei salutare i lettori di iMagazine, invitando loro al debutto presso il Teatro San Carlo di Napoli in due Opere: “Achille in Sciro” nel ruolo di Licomede a inizio novembre e “Otello” di Rossini dal 30 novembre al 6 dicembre». 

 

Si ringrazia Lucilla Corioni per la collaborazione.

 

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