“Anche i colossi digitali paghino le tasse”

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redazione

17 Febbraio 2017
Reading Time: 2 minutes

Francesco Boccia al Future Forum

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Regole chiare per quanto riguarda la tassazione anche per i colossi del web con cui le imprese tradizionali hanno scarsa possibilità di competere, soprattutto a causa della disparità di trattamento quando si tratta di fisco. Ne ha parlato al Future Forum a Udine l’onorevole Francesco Boccia, dal 2010 impegnato nella battaglia per far pagare le tasse all’economia digitale.

Boccia è stato intervistato dal vicedirettore de Il Fatto Quotidiano Stefano Feltri e ha condiviso il palco con Michele Carbone, generale di divisione della Guardia di Finanza.

L’appuntamento è stato aperto dal presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo, che ha sottolineato come la sharing economy stia generando «situazioni complesse, con molte aree grigie. Una vasta parte dell’economia, soprattutto i grandi del digitale, vanno regolamentati per quanto riguarda la fiscalità». Per Boccia la parola d’ordine è equità: fare business in Italia significa pagare le tasse in Italia. E la sua battaglia è partita nel chiedere quanto meno il pagamento delle imposte indirette. «Il commercio elettronico – ha rimarcato – oggi vale 17 miliardi, in Italia, e il 90% è nelle mani di Amazon. Amazon manda la fattura dal Lussemburgo: per me questo è un reato».

In seguito alle prime regolamentazioni qualcosa è cambiato, quanto meno in termini di ruling, di tracciabilità dei pagamenti. Almeno la Finanza può fare le indagini e la Procura le inchieste, ma «la cosa che mi fa arrabbiare – ha aggiunto Boccia –  è che noi facciamo pagare le imposte a questi qui dopo aver fatto le transazioni». Amazon e Google, ha ricordato, hanno fatto transazioni con la Procura di Milano, «ma non è possibile che le grandi multinazionali paghino le imposte dopo le inchieste. Tutto ciò ci fa sperperare soldi ed energie. Queste sono grandi imprese. E le grandi imprese pagano automaticamente le imposte, mentre tutto questo non accade per questi colossi, perché ci sono ancora fortissime resistenze e lobby a Bruxelles che non consentono l’accordo europeo, per questo siamo partiti all’interno di alcuni Stati».

E ora? «Ora – ha sottolineato Boccia – anche il ministro Padoan ha ammesso che si tratta di un dibattito da affrontare. Amazon vale più di Borsa Milano. Una sola azienda. Non è mai successo. È evidente che, se stiamo fermi, la grande concentrazione di ricchezza andrà o negli Stati Uniti, nelle prime otto aziende al mondo, che sono tutte del digitale, o in Cina».

Marriot, ha raccontato ancora Boccia, «ha 4.000 alberghi di proprietà e centinaia di migliaia di dipendenti in tutto il mondo. AirBnB è il diretto concorrente. Ma Marriot vale 17 miliardi, la metà di AirBnB, che ha solo pochissimi dipendenti e semplicemente una rete di comunicazione. È evidente che la sproporzione è enorme, uno vince sempre e uno perde sempre».

E parlando di evasione fiscale, il dibattito ha ricordato che non esiste solo per il mercato virtuale, ma anche per quello tradizionale, di cui ha parlato Michele Carbone. «In Italia – ha detto – si parla di oltre 120 miliardi di euro evasi e, di questi, 45 riguardano l’Iva».

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