Il mito di Nico sugli schermi friulani

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redazione

27 Ottobre 2017
Reading Time: 2 minutes

Il 30 ottobre a Udine e Pordenone

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Osannata alla Mostra del Cinema di Venezia dove ha trionfato nella sezione Orizzonti, Susanna Nicchiarelli arriva al Visionario di Udine e a Cinemazero di Pordenone per presentare NICO, 1988, un road movie intimo che entra nelle crepe e nelle tensioni di una figura pubblica, nel rapporto con la propria immagine, con la memoria, con le etichette. Ma anche le più normali paure quotidiane: il tempo che scorre, il corpo, la bellezza. E la leggenda diventa quotidiano.

L’appuntamento è per lunedì 30 ottobre alle ore 20.30 al Visionario e alle 21 a Cinemazero (biglietti in prevendita).

Christa Päffgen, in arte Nico, è stata una delle più importanti icone pop del secolo scorso. Famosa modella negli anni Sessanta, habitué della Factory di Andy Warhol, cantante del gruppo musicale Velvet Underground e musa di Lou Reed, che nell'ultima parte della sua vita intraprende la carriera di solista girando per l'Europa e interpretando i suoi brani con una band inglese. Il film racconta gli ultimi tour di Nico e della band negli anni Ottanta: anni in cui l’artista, ritrova sé stessa, liberandosi del peso della sua bellezza e ricostruendo un rapporto con il suo unico figlio dimenticato. È la storia di una rinascita, di un'artista, di una madre, di una donna oltre la sua icona.

Susanna Nicchiarelli afferma a riguardo: «Raccontare Nico, dopo Nico. Smessi i vestiti bianchi, il trucco da modella, gli amanti rock. Andy Warhol negli anni Settanta la liquidò così: “È diventata una grassona drogata ed è scomparsa”. Nico all'epoca aveva 34 anni. Scopro che negli anni Ottanta vive la fase più divertente e risolta della sua vita, in Inghilterra, con una band che ha messo su e con cui farà un tour europeo. Quasi tutti i racconti del film — la parentesi italiana e quando suonò in un hotel per pagare le stanze e quella in cui in Cecoslovacchia s'infuria perché non è stato possibile trovare l'eroina — sono reali. Ci tenevo a non dare un ritratto decadente, tragico, di questa donna, come forse avrebbe fatto un regista uomo. È la prima cosa che ci siamo dette con la protagonista, Trine Dyrholm».

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