Una storia sbagliata

imagazine vanni veronesi

Vanni Veronesi

17 Gennaio 2018
Reading Time: 7 minutes

Napoleone, Foscolo e il FVG

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Il generale, il poeta e lo studente

Nizza, 27 marzo 1796: forte di una rapida carriera all’interno dell’esercito, negli anni rocamboleschi della Rivoluzione Francese, il giovane ufficiale Napoleone Bonaparte si insedia a capo di 38.000 soldati. Dopo aver difeso Parigi dai filomonarchici, ora può finalmente condurre un’operazione militare contro due delle potenze straniere che minacciano la Francia rivoluzionaria: l’Austria e il Piemonte. In Italia settentrionale, del resto, gli ideali della Rivoluzione hanno fatto breccia fra gli intellettuali seguaci dell’Illuminismo e del Romanticismo; fra loro c’è anche un ragazzo proveniente dall’isola greca di Zante: si chiama Ugo Foscolo e non è ancora il poeta che tutti impareranno a conoscere, ma è già protagonista nei salotti alla moda di Venezia e Padova, dove letteratura e politica sono una cosa sola.

Proprio a Padova, negli stessi giorni in cui Napoleone dà il via alla Campagna d’Italia, un ventitreenne friulano di Vito d’Asio, studente di medicina al Collegio Pratense, è barricato nella sua stanza in preda a una febbre fortissima. La notte fra il 28 e il 29 marzo il ragazzo viene visitato dal dott. Furlani, che gli prescrive un antiemetico. Quello che succede dopo l’ingerimento del farmaco è concentrato nelle poche righe che l’abate Gennari verga il giorno successivo: «Questa mattina […] si trovò immerso nel proprio sangue per due ferite un giovane friulano, scolare di medicina di quarto anno, le quali ferite si diede egli stesso con un coltellino, non si sa da quali cagioni mosso; se non che si sospetta che ciò gli sia intravvenuto per qualche ratto alla testa, essendo febbricitante da qualche dì». L’identità del giovane si ricava da una nota registrata dal parroco di Vito d’Asio una settimana dopo: «5 aprile 1796. In Padova morì il signor Girolamo di Domenico Giovanni Battista Ortis, ed in questo giorno si fecero le esequie». I particolari, invece, sono noti grazie a una lettera del 16 aprile, inviata da don Germanico Ciconi a Candido Ortis, fratello di Girolamo:

Imprudentissimamente il medico Furlani lunedì alle ore 23 gli ordinò uno scrupolo di epichequama (preparato galenico, ndr) in tre parti. Alle ore 24 ne prese due, ma senza niun effetto sino alle quattro ore di notte, che poi fu lasciato solo in camera. Dopo poi quella fatal polvere mise in tal orgasmo la macchina, che privato de’ sensi gli cagionò l’eccesso. Io colà non sapevo se prendermela con il medico per la sua imprudenza, se con il rettore (del Collegio, ndr) per la poca attenzione, se con il servitore per la poca cura. […] Erano disseminate alcune ciarle,  dicendo alcuni, che ciò era accaduto per amore, altri per debolezza di testa, coll’aver altre volte tentato di darsi la morte, ma falsa la prima, e falsissima la seconda. Feci tanto che ho voluto sapere il fonte, dal quale erano uscite simili ciarle, e ritrovai essere il signor medico Furlani, e ciò per coprire in qualche maniera la sua ignoranza ed imprudenza.

Speranze e (dis)illusioni

Mentre Vito d’Asio piange il giovane, Napoleone invade il Piemonte: i Savoia si arrendono già il 21 aprile, ma la vera guerra è quella imminente contro l’Austria. Il 21 maggio, dopo la vittoria a Lodi, nasce la Repubblica Transalpina, comprendente l’attuale Lombardia: sulle divise della Guardia militare appare una coccarda rossa, bianca e verde, preludio di quel tricolore che sarà la bandiera della Repubblica Cispadana (fondata il 16 ottobre dopo la conquista dei territori emiliano-romagnoli) e che, attraverso varie modifiche, diventerà il vessillo d’Italia.

Foscolo segue con entusiasmo l’avanzata di Napoleone e in questo clima romantico redige un Piano di studi dove compare un progetto artistico altrimenti ignoto: un romanzo amoroso intitolato Laura. Lettere. Nel frattempo la guerra contro l’Austria continua: dopo le battaglie di Valvasone, Gradisca e Tarvisio, il 17 aprile 1797 termina la Campagna d’Italia. Il 12 maggio, minacciata dalle truppe francesi, Venezia si arrende prima ancora di combattere e Napoleone entra in città senza sparare un colpo. Infine, il 29 giugno, Cispadana e Transalpina vengono unite nella Repubblica Cisalpina. L’entusiasmo dei filorivoluzionari è alle stelle; convinto, come tantissimi, che il generale francese spazzerà via il dispotismo dei vecchi regimi, Ugo Foscolo pubblica l’ode A Bonaparte liberatore.

L’illusione, tuttavia, dura pochi mesi: con il trattato di Campoformido, il 17 ottobre, la Francia cede Venezia e il Friuli all’Austria, ottenendo in cambio il dominio sui Paesi Bassi.

La tragedia

Per Foscolo, fedele al motto «libertà, uguaglianza, fratellanza», il voltafaccia di Napoleone è una mostruosità imperdonabile. Ne segue un travaglio interiore che porta a un ripensamento del suo vecchio progetto Laura. Lettere: accanto al tema amoroso, capisce che il romanzo dovrà muovere dalla storia contemporanea; un’opera politica, dunque, nella quale esprimere la frustrazione degli ideali traditi. Decisiva, da questo punto di vista, la scelta della forma epistolare: un’abile finzione artistica nella quale il lettore segue la vicenda attraverso una serie di lettere inviate dal protagonista a tal Lorenzo Alderani, da quest’ultimo pubblicate in onore dell’amico, morto suicida per la fine del suo amore impossibile, ma soprattutto per la fine ingloriosa della patria veneziana. Nel 1798 l’opera va in stampa, ma nuove vicende belliche costringono Foscolo a interrompere la pubblicazione; per quanto deluso da Napoleone, il suo posto è comunque nella Guardia militare della Repubblica Cisalpina. Lo stampatore, però, ha fretta di uscire: si affida così ad Angelo Sassoli, che interviene sul testo sfrondando i contenuti politici. Il libro esce in due volumi nel 1799 con il titolo Vera storia di due amanti infelici, ma Foscolo non ne saprà nulla fino al dicembre 1800.

Il 3 gennaio 1801 interviene sulla Gazzetta universale di Firenze per denunciare il fatto, ma è di nuovo tempo di combattere: accanto a lui c’è anche il fratello minore Giovanni, la cui vicenda umana si chiuderà l’8 dicembre dello stesso anno, quando verrà trovato senza vita nella sua stanza a Venezia. «Certifico io sottoscritto che il sig. Giovanni Foscolo […], nativo di Zante, di anni venti circa, in giorni sei di letto, da febbre nervina perniciosa, morì il dì otto dicembre 1801, di sera, alle ore ventiquattro e sarà sepolto il nove detto, alle ore ventitré. Come da fede, medico chirurgo Paolo Visonà»: così recita il certificato di morte, ma diverse testimonianze parlano di suicidio – altra inquietante coincidenza, oltre alla febbre, con il caso di Girolamo Ortis – per debiti di gioco. Due anni dopo Ugo eternerà la memoria del fratello Giovanni in un sonetto bellissimo e struggente: Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente; mi vedrai seduto / su la tua pietra, o fratel mio, gemendo / il fior de’ tuoi gentili anni caduto: // la madre or sol, suo dì tardo traendo, / parla di me col tuo cenere muto: / ma io deluse a voi le palme tendo; / e se da lunge i miei tetti saluto, / sento gli avversi Numi, e le secrete / cure che al viver tuo furon tempesta; / e prego anch’io nel tuo porto quiete: / questo di tanta speme oggi mi resta! / Straniere genti, l’ossa mie rendete / allora al petto della madre mesta.

La rivincita della letteratura

Nel 1802 Foscolo termina il suo romanzo; archiviata l’ignobile operazione del Sassoli, esce finalmente la versione autografa dell’opera: Ultime lettere di Jacopo Ortis. Il nome del protagonista non passa inosservato: anche se trasformato in Jacopo per ragioni artistiche, l’evidente ispiratore della storia foscoliana (accanto alla triste vicenda del fratello Giovanni) è proprio quel Girolamo Ortis che aveva sconvolto, con la sua misteriosa fine, la Padova di fine Settecento. A svelarlo è lo stesso Foscolo in una lettera del 1808, dove la coloritura romanzesca non toglie nulla alla sostanza profonda dei fatti: Iacopo Ortis friulano, studente dell’Università di Padova, si uccise di due pugnalate nel cuore della gioventù; – non si seppe il perché: scese sotterra senza lasciare né una parola scritta a’ suoi parenti, né una congettura a’ curiosi. Fra i molti che sentenziano le azioni dei mortali, lasciandosi spaventare dagli effetti anzi che persuadere dalle ragioni, alcuni compiangevano l’Ortis, gli altri lo esecravano; solo chi lo aveva conosciuto, lodava i costumi della sua vita. Io era in Padova; ma non frequentando io le Scuole, non mi era toccato di vederlo mai: ammirai bensì nel mio secreto la filosofica tranquillità di un giovane che visse con modestia, e morì con coraggio.

Fatti che, a loro volta, non intaccano minimamente la potenza del romanzo e del suo formidabile incipit: Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci.

Parole dure, che suonano come un pugno in faccia a Bonaparte, agli Asburgo, al trattato di Campoformido e alla censura; un gesto di coraggio altissimo, come tanti altri nel corso della vita di Foscolo, da qui in poi sempre contro: contro Napoleone, contro il potere temporale della Chiesa, contro i regimi assolutistici. E quando, dopo Waterloo, gli Austriaci ritornati a Milano gli offriranno la direzione di una rivista letteraria, egli rifiuterà scegliendo la via dell’esilio in Svizzera e in Inghilterra, dove morirà in miseria nel 1827. Ma senza aver mai barattato i suoi ideali.

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