Sono un alpinista moderno. La mia ascesa preferita, in corda doppia, la parete est del divano. È una via ardua. A volte sono rimasto ‘incrodato’ per ore davanti alla TV.
Canale straniero; c’è un balletto, ‘La sagra della primavera’. La ballerina protagonista, dopo una piroetta, si siede con le gambe sollevate e dritte come un fuso, un sorriso estasiato e le braccia al cielo. Sempre sorridendo, fa una capriola in avanti, torna in piedi, esegue una spaccata in volo e atterra sul solo piede destro. Dove ha preso tutta quella forza lei, eburnea bellezza? Bisogna essere dei grandi atleti per fare quelle acrobazie; mica i ballerini sono degli sportivi? Questo pensa la gente.
Nulla di più sbagliato; sento di dover spiegare che la danza è oltre lo sport; è un’arte. E sono qui a intervistare Barbara Steffè, insegnante presso l’associazione, di cui è fondatrice, “Movimento Espressivo”, di Pieris, frazione di San Canzian d’Isonzo.
Barbara, qualcuno pensa che danzare sia un passatempo che non richiede sforzo alcuno...
«Purtroppo questa è l’opinione che molta gente ha del mondo della danza: un’attività di tutto riposo, mentre richiede un allenamento e una consapevolezza corporea che è comune solo alle arti marziali o alla ginnastica attrezzistica».
Soffermiamoci sugli allenamenti.
«L’istruzione del ballerino avviene all’attrezzo denominato ‘sbarra’; lì vengono appresi i modi di eseguire i movimenti. Quindi non facciamo esercizi propriamente detti, ma qualcosa di diverso. Uno sportivo classico da palestra si specializza in un tipo di contrazioni, solitamente le isotoniche; nei nostri movimenti noi abbiamo più combinazioni di contrazioni muscolari, proprio come in sport definiti ‘faticosi’, tipo Lotta o Judo».
Una risposta non da semplice insegnante di danza...
«Ho qualche brevetto di insegnante di aerobica e amo imparare sempre nuove tecniche osservando gli allenamenti degli sport altrui».
Nonostante la danza classica sia al di fuori del mondo delle palestre?
«Solitamente sì, ma io faccio eccezione. È vero che ho cominciato a danzare da piccolissima e che l’ambiente della danza è un mondo a sé, o quasi, ma la cosa che più mi piaceva era superare i miei limiti e null’altro. Per questo ho voluto provare anche cosa c’era fuori dalle scuole seguaci della dea Tersicore (antica musa della danza, ndr). Per me il concetto di ‘danza’ è un concetto puro».
Si spieghi meglio.
«Sapevo fi n da piccola che non sarei diventata una prima ballerina, perché non ne possedevo i parametri fisici, ma ho sempre gioito dei miei traguardi. Secondo me l’insegnamento da trasmettere è la ricerca del miglioramento di se stessi, lo spostamento dei propri limiti verso l’eccellenza. Un concetto quasi utopico, ma questo è l’obiettivo di un’arte o di uno sport. Non la sconfitta altrui».
Lo sport business dei giorni nostri conduce invece a una competizione esasperata. Vale così anche per la danza?
«Diciamo che quando ho cominciato io, vivevamo una situazione sociale diversa, dove tutto era basato sulla conoscenza dell’anatomia e della fisiologia umana, sulla predisposizione al ritmo e sulla forza interiore; oggi, su quest’ultimo parametro, si potrebbero avere contaminazioni che non mi sento di escludere».
Domanda secca: secondo lei il doping ha fatto la sua comparsa anche nel vostro mondo?
«Spero di no, ma non mi sento di escluderlo. Noi dobbiamo imparare a recitare la parte delle eterne felici. Anche se danziamo sulle punte con le unghie rotte o con qualche ferita che brucia, noi mostriamo sempre un volto sorridente. Questo non vuole ingannare nessuno, vuole solo trasmettere gioia nel movimento, nonostante i dolori. Può succedere che qualcuno, per aver la forza di superare le difficoltà, chieda aiuto a qualcosa. Senza tener conto che certe sostanze rendono sì più forti, ma scombinano completamente il senso del ritmo».
Prima ha detto che danzare vuol dire scoprire l’anatomia. Cosa intende?
«I nostri movimenti sono così articolati e complessi che a volte rasentano l’innaturalità; se non si conosce a fondo l’anatomia c’è il rischio di farsi male. Io ho conseguito il mio titolo alla Royal Academy of the Dance di Londra, e ho dovuto sostenere anche esami di Anatomia e Fisiologia applicata, così come richiesto in tutti gli istituti di formazione ‘seri’, oltre a fare stage con insegnanti di Pilates o Terapisti, esami di musica e altro ancora. È un corso di formazione a livello universitario e, difatti, in alcuni Paesi il mio titolo viene chiamato da anni Laurea e come tale riconosciuta a tutti gli effetti. In Italia solo oggi chi esce dall’Accademia di Roma è un laureato».
Meglio tardi che mai. Oltre a danzare e a insegnare, lei ha lavorato, ha frequentato la facoltà di Lettere Antiche arrivando fin quasi alla tesi e ha studiato per undici anni pianoforte: dove ha trovato il tempo per fare tutto?
«L’ho rubato al sonno, studiando fi no a tardi, e ho cercato di ottimizzare al massimo i miei impegni, così non ho dovuto rinunciare a niente, riuscendo anche a formare una famiglia».
Oggi invece la famiglia viene spesso vista come un ostacolo al raggiungimento dei propri sogni.
«Bisogna essere umili. Fabio, mio marito, fotografo di buon rango, lo è ancora più di me, e stiamo trasmettendo ai nostri fi gli, Nicola e Nina, questo concetto. Ciò non significa che a casa nostra siamo tristi, anzi!».
Anche i suoi figli danzano?
«No, loro praticano il Wu-Shu (arte marziale cinese, ndr). Nel mio modo di insegnare l’allievo viene prima di tutto: se mi accorgo che non frequenta volentieri le lezioni, sono la prima a dire ai genitori di ascoltare i suoi desideri e assecondare le sue aspirazioni. Rinunciare a una quota associativa può pesare sul bilancio societario, ma essere a posto con la propria coscienza non ha prezzo».
Per chi invece vuole emergere in questo sport quali sono le difficoltà maggiori?
«Oggi non basta danzare ad alto livello; la crisi stronca tutto. Vengono tagliati spettacoli, esibizioni; è molto più difficile che un tempo. Però, grazie anche alla tenacia di qualche collega più esperta che da anni continua a lottare contro i tagli per creare occasioni di confronto, stage, festival, noi, al ‘Movimento Espressivo’, continueremo a danzare sempre».
Concludiamo con i gusti personali: Bolle o Baryshnikov?
«Baryshnikov; vecchia scuola».
La ballerina a cui si è ispirata?
«Sono cresciuta con miti come Carla Fracci e Liliana Cosi, ma anche oggi ci sono ballerine molto brave come Sabrina Brazzo».
Musica preferita per le coreografie?
«A me piace tanto la nostra Elisa, specie nei brani più introspettivi, ma per il resto adoro il Metal, l’Hard Rock, l’Etnico…».
La mia faccia non riesce a nascondere la sorpresa. Altro che solo musica classica e facce incipriate! Ragazzi, qui si suda! E mi piace chiudere qui l’intervista, scoprendo i gusti decisi di questa atleta e allenatrice eccezionale, della cui forza nessuno sospetta. ‘Bronza coverta’ si dice da noi. Ovviamente l’età (è giovane e lo sarà per sempre) non gliela chiedo, vi dico solo che è una Capricorno, così forse avrete la chiave per scoprire come riesce a fare tante cose. Pretty Woman sì, ma soprattutto Wonder!
Per quanto mi riguarda, già mi vedo col tutù sul mio corpo da ippopotamo a volteggiare libero nell’aria… ih ih ih ihi, the lion sleeps tonight, a wimma wè a wimma wè.
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