Una stradicciola serpeggiante e silente, fra boschi incantati, che suscitano fantasie di elfi e folletti, si arrotola nelle propaggini più incontaminate delle Prealpi Giulie meridionali, fino a sconfinare, oltre la frontiera di ponte Vittorio Emanuele sul fiume Natisone, in uno degli ultimi avamposti confinari, rievocante la Jugoslavia comunista.
In questo ex tratto di cortina di ferro, i ricordi della prepusniza (lasciapassare) non sono ancora dimenticati, la divelta sbarra con la Slovenia di Ponte Vittorio Emanuele è suppellettile preziosa dell’osteria di Giuanpitor di Prossenicco, e le nuove generazioni riscoprono con entusiasmo lo sconosciuto territorio di frontiera.
Non c’è viaggio senza frontiera… qualcuno mi diceva. «La frontiera è una striscia che divide e collega, un taglio aspro come una ferita che stenta a rimarginarsi, una zona di nessuno, un territorio misto, i cui abitanti sentono spesso di non appartenere veramente ad alcuna patria ben definita» scrive Claudio Magris, ma qui a Ponte Vittorio Emanuele la frontiera è un’entità a sé, un luogo epico oltre l’immaginario, che unisce e separa contemporaneamente, celando persone, culture, caratteri e spazi, di due differenti cittadinanze transfrontaliere, accomunate da un’unica identità e dallo schietto orgoglio.
Un legame, non certo frutto di casualità, bensì dipendente da eventi storici ben precisi, dettati dai continui cambiamenti dei confini orientali. L’Italia, infatti, usciva con le ossa rotte dal secondo conflitto mondiale, e il conto da pagare per la resa fu salatissimo. Benché le rivendicazioni territoriali del maresciallo Tito sul Friuli orientale avessero costituito un ostacolo, alla fine un compromesso internazionale venne trovato. L’Italia, perdendo l’Istria, definiva nuovi confini con la Jugoslavia: ponte Vittorio Emanuele, assieme ad altri accessi marginali delle valli del Natisone, individuava un passaggio di frontiera di seconda categoria, accessibile ai soli residenti, in una sorta di muraglia berlinese fra Italia ed ex Italia. Negli anni di Guerra Fredda, crebbe l’isolamento della vallata e il destino fu lo sfollamento di centinaia di profughi e la chiusura all’Est. Ogni passaggio alla frontiera era contingentato (solo 4 al mese per residente), generando un vero e proprio malcontento nei residenti della parte italiana: sempre meno infatti erano le occasioni di rivedere i propri cari oltre confine.
Erano anni molto difficili: i doganieri iugoslavi asserragliavano Ponte Vittorio Emanuele, i finanzieri provenienti dal Sud sposavano le valligiane, i contrabbandieri inciampavano nelle truppe titine, l’economia agreste soccombeva, ma quassù, straordinariamente, la gente conservava la propria identità, valligiani dalla lingua protoslava, fra il fiume Natisone e l’alta valle di Kobarid, pur divisi tra l’Italia e la Jugoslavia, da Prossenicco a Breginj.
Le frontiere sono fatte per infrangersi... qualcuno mi diceva molti anni dopo. In un percorso impossibile ai confini dell’utopia, quello che sembrava irrealizzabile stava realmente accadendo.
La Slovenia, nata dalla disciolta Repubblica Socialista Federale Jugoslava, entrava nell’Europa dell’area Schengen e apriva i confini all’Italia. Cadevano così il 23 dicembre 2007 le ultime frontiere del Friuli orientale. Anche Ponte Vittorio Emanuele partecipò all’avvenimento, abbattendo la sbarra della divisione. Fra gli inni di Mameli, di Prešeren e di Beethoven, si assistette ad una cerimonia emozionante, protratta fi no a tarda notte per le vie di Prossenicco. Centinaia di persone, giovani, anziani, famiglie attraversarono a piedi la vecchia frontiera fra Italia e Slovenia, in un’atmosfera dal richiamo antico.
Adesso Prossenicco, Taipana e Breginj sono di nuovo unite come sessant’anni prima, nel nome di una grande Europa che cresce sempre più. È successo in una notte di stelle e di gelo, proprio come quel 9 novembre 1989 alla Porta di Brandeburgo a Berlino.
Questa è anche la Patria degli orsi. Uno status additato non solo nello strano e curioso cartello all’ingresso di Prossenicco, ma anche ribadito dalla stilizzazione dell’orso nello stemma di Taipana, capoluogo della vallata. Tuttavia la convivenza con il plantigrado non è sempre stata pacifica: già nel 1996 a Ponte Vittorio Emanuele, nell’ovile di Bepi Crast si registrarono intrusioni che provocarono il saccheggio di ben 12 capre, mentre nello stesso periodo si segnalavano razzie in un orto a Monteaperta.
Anche recentemente il mammifero bruno ha continuato a far parlare di sé, come confermato dalla recente notizia di un orso che è riuscito a divorare un asino e tre pecore in località Musi (non troppo distante da Prossenicco).
L’allevatore racconta: «L’asino, spaventato dal bramito di un orso, è fuggito dalla protezione del suo recinto elettrificato, diventandone così facile preda, mentre più tardi l’orso, ancora avido d’appetito, ha divorato tre ignare pecore». Centocinquanta chilogrammi la carne trangugiati in poche ore.
Ora le apparizioni del mammifero bruno si sono intensificate e l’orso divenuto un marchio di casa è compreso fra la fauna della vallata, motivo in più per salvaguardarlo e proteggerlo.
La Regione Friuli Venezia Giulia ha attuato con l’Università di Udine un progetto per il suo monitoraggio. Gli orsi, infatti, sono animali assolutamente non stanziali, che possono coprire distanze sorprendenti.
Così come sorprendete è l’universo alpino che si apre, non molto lontano da Udine, fra i fi umi Natisone e Torre, dove la foresta ha riconquistato un territorio gradualmente ceduto dall’uomo. È un ambiente incontaminato, spesso selvaggio, i cui elementi caratteristici sono il verde della vegetazione e lo scrosciare delle acque. Vi si arriva risalendo la strada che da Attimis conduce in circa diciotto chilometri a Prossenicco.
Sembra quasi una finestra su paesaggi dell’America latina: un territorio di primitiva bellezza, intersecato da forre selvagge, paesi sospesi, salti d’acqua sorprendenti e una natura rigogliosa.
Nelle vicinanze di Taipana, si può ammirare la Šeroka Dolina, una lunga valle costellata da una successione infinita di salti d’acqua generati dal Rio Gorgons; da Prossenicco in direzione Platischis si può invece assistere a un balzo d’acqua sorprendente di oltre settanta metri che genera le cascate del Cukula, mentre da Campo di Bonis si possono raggiungere le cascate di Rio Boncic.
La forza sgorgante dell’acqua favorisce una vegetazione rigogliosa, in cui nascono fiori di una bellezza incredibile (Asfodelo, Iris e diversi tipi di Lilium) e pregiate piante officinali, habitat ideale per incontrare una varietà straordinaria di specie animali: il grifone, il gallo forcello, il gallo cedrone, la coturnice, l’aquila, il falco, il cervo, la lince, il gatto selvatico, oltre naturalmente all’orso.
Ma, accanto a questa realtà sorprendente, c’è ancora un altro mondo da scoprire: un luogo di pace e tranquillità che mantiene vivi miti e leggende di strani spiriti liberi che popolano il bosco. Piccoli e buffi esseri con pantaloni e casacca verde, stivaletti a mezza gamba e cappello con lunga piuma, che abitano le corolle dei fiori, i cappelli dei funghi, i licheni delle rocce e la corteccia degli alberi. Dalle foglie delle piante, sussurrano di essere folletti, ma non appena vedono l’uomo si vaporizzano come se fossero fatti di fumo.
Fra sogno e realtà, fra profumi e sapori, si potrà vivere l’esperienza del variegato mondo delle erbe selvatiche, alla ricerca delle specie commestibili, ingredienti dei piatti più semplici e genuini. Ricette dal balsamo di frontiera, che modellano la raffinata tradizione culinaria locale.
Qui si narra, per antica tradizione, che un re longobardo, oltrepassando le Alpi, inviò alcuni dei suoi uomini alla ricerca di un luogo del buon vino, da segnalare con un ramoscello.
Da allora la frasca è il simbolo ricorrente delle osterie casareccie friulane. Anche Prossenicco propone il simbolo della frasca nelle sue due uniche osterie: l’agriturismo Brez Mej e l’osteria Al Centro, dove si possono gustare i prodotti caserecci della tradizione. Eccellenze gastronomiche sfornate da Alan e da Giuanpitor, che trovano il culmine nella famosa pusganza (la zuppa contenente patate lesse, farina, burro, latte, sale e fagioli), nella stukja (purè di patate contenente lardo o burro, sale e zucca), nel ticiovo mocègne, la particolare salsiccia o salame contenente burro soffritto, farina, latte, sale e pepe, e nel famoso titano (fagiolo) di Prossenicco.
Ma non è finita: Prossenicco ha ancora di che sorprenderci. Accanto ai profumi e ai sapori, l’architettura del borgo ci meraviglia, riportandoci a tempi lontani, sulle tracce dei viandanti e di antichi percorsi di pellegrini. Cavalieri e uomini dal gran portamento che, su percorsi impervi e impegnativi, raggiungevano le città simbolo della cristianità, (Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela) anche varcando Prossenicco.
Proprio Prossenicco è al centro del famoso Cammino Celeste, il percorso culturale religioso di oltre 200 km che, partendo da Aquileia (sede dell’antico Patriarcato), conduce fino al Santuario del Monte Lussari, dell’omonimo monte, scavalcando l’Abbazia di Rosazzo e il Santuario di Castelmonte. Un percorso sulle orme di antichi pellegrini, fra natura e misticismo, in oltre 10 tappe, che risale da sud a nord, dal mare alla montagna, la Bassa Friulana, il Collio, le valli del Natisone, la val Resia e la val Canale.
La borgata, sviluppata attorno all’insediamento originario del 1211, gravemente danneggiata dal sisma del 1976, accoglie oggigiorno svariati esempi di architettura spontanea e non, fra cui l’interessante e particolare casa nera, con il focolare a terra, uno degli edifici più antichi della Slavia friulana, e la chiesa di San Leonardo con la caratteristica Madonna Vestita. Visitando la casa nera (così chiamata per il suo aspetto esteriore dovuto alle esalazioni del focolare), si può conoscere l’habitat familiare di un’antichissima casa in pietra e legna organizzata attorno al fuoco.
Ma il borgo vanta anche interessanti ricorrenze: accanto al variegato carnevale, va citata la spettacolare processione del Bacio delle Croci, momento d’incontro fra le comunità italiane e slovene per l’adorazione della Madonna del Rosario.
A piedi, in bicicletta o in auto, affrettiamoci a visitare Prossenicco: una scoperta da condividere in un paese contemporaneamente lontano e vicino alla tradizione e alla cultura friulana. E arrivandoci, come dice il cartello, occhio all’orso!
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