Libero di correre

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Claudio Pizzin

3 Settembre 2018
Reading Time: 7 minutes

Andrea Tarlao

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Andrea Tarlao e la bicicletta: una passione scoccata quando?

«A casa mia si mangia pane e ciclismo. Mio papà corre in bici fin da quando aveva 14 anni, mia mamma è stata giudice di gara della Federazione ciclistica italiana. Io ho iniziato a fare gare a 9 anni, partendo dalla categoria G3».

Una passione più forte dei problemi fisici. Dalla nascita soffri di una paresi ostetrica al braccio sinistro con lesione del plesso brachiale: cosa significa salire in sella con questo problema?

«Se il buongiorno si vede dal mattino… per la nostra famiglia la mia nascita non è stata un buon inizio di giornata. Un parto problematico che ha rischiato di finire in tragedia. I miei genitori si sono subito rimboccati le maniche cercando di dare il massimo per me senza piangersi addosso. Detto questo io credo che per un bambino con delle problematiche fisiche non esistono barriere mentali, sono gli adulti che se ne fanno, a volte troppe. Lo sport è stato la mia salvezza in primis come metodo di riabilitazione – ho praticato ginnastica e nuoto subito dopo la nascita – e poi come valvola di sfogo e divertimento. Sulla bici mi sono sempre sentito libero e alla pari degli altri. Pur avendo difficoltà a scattare e a tenere il manubrio, ho vinto molte gare nelle categorie giovanili; ma quello che contava davvero era divertirsi e stare con gli altri senza pensieri».

Salire in sella è già un traguardo importante, diventare un campione è cosa per pochi… Andrea Tarlao come ci è riuscito?

«Grazie alla mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto in tutte le mie scelte. Per affrontare i periodi di allenamento intenso e le lunghe trasferte fuori casa bisogna avere al proprio fianco le persone giuste».

Fino al 2008 le gare tra i dilettanti, poi il passaggio tra i Paralimpici: come avvenne la scelta?

«Nel 2008 alcuni problemi fisici mi impedirono di completare la mia preparazione invernale. Scelsi di fermarmi e di smettere con le gare. Poi nel 2010 decisi di tornare a correre a livello amatoriale e proprio in una di queste gare ho conosciuto il mondo Paralimpico. Ad agosto del 2010 fui selezionato dalla Nazionale italiana Paralimpica e partii per il Mondiale in Canada. Tornai a casa con un’inaspettata maglia di campione del mondo a cronometro».

Da allora sei uno degli atleti di punta della Nazionale paralimpica di ciclismo: cosa significa per te correre con la maglia azzurra?

«Ogni volta che indosso la maglia azzurra è come se fosse la prima volta. In particolare aver avuto la fortuna di rappresentare l’Italia ai giochi Paralimpici di Londra nel 2012 e di Rio nel 2016 non ha prezzo. Certe esperienze non si dimenticano e spero di poter trasmettere le miei emozioni anche ai ragazzi giovani che vorrebbero avvicinarsi al mondo Paralimpico».

Finora in carriera hai conquistato otto titoli italiani, due titoli mondiali, numerose medaglie e un bronzo olimpico alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro. A quale trionfo sei più legato?

«Il mondiale 2011 in Danimarca. Non era semplice confermarsi campione del mondo per la seconda volta consecutiva. Il percorso era lungo e impegnativo, non è stato facile gestire una cronometro individuale di 34 km. Anche in questa occasione ho saputo mantenere la freddezza fino all’ultimo metro e grazie al tifo dei miei compagni di squadra ho indossato una maglia bellissima».

Tra i tuoi record spicca anche quello dell’ora su pista, realizzato nel 2014 a Montichiari. Preferisci gareggiare su strada o su pista?

«Sono nato come stradista, per caratteristiche fisiche mi ritengo un passista/scalatore. Mi trovo a mio agio nelle prove individuali contro il tempo su qualsiasi terreno: salita, pianura, pista. Il record dell’ora è stato un punto di partenza, una prova per vedere come si sarebbero mossi i miei avversari. Tutto sommato sono andato bene, ho percorso in un’ora 47.569 metri. Sto migliorando sia a livello fisico, sia a livello aerodinamico; presto ci riproverò».

Andrea Tarlao quanto tempo dedica all’allenamento?

«Il mio allenamento “viaggia parallelamente” alla mia carriera lavorativa, essendo impiegato presso una banca. Durante la settimana mi alleno 5/6 volte alternando esercizi anche in base alle mie sensazioni fisiche. L’inverno mi impegna in modo particolare, in quanto sono costretto a eseguire sessioni di allenamento sui rulli in garage alternandole a sessioni su strada con la lucetta…»

Tu hai corso in tutto il mondo: quando lo fai sulle strade del tuo Friuli cosa provi?

«Correre in casa è sempre qualcosa di speciale, soprattutto per la presenza della mia famiglia, dei miei figli Manuel e Mattia che tifano per me. Ricordo particolarmente la Coppa del Mondo a Maniago di qualche anno fa con la vittoria assoluta davanti al mio pubblico».

A proposito, che rapporto hai mantenuto con il territorio?

«Il Friuli è la mia palestra naturale, ciò che mi ha permesso di essere quello che sono. Conosco bene le strade della mia zona, soprattutto le salite. Lo sport paralimpico è in piena ascesa, ciò che in regione mi manca è la visibilità, servirebbe qualche sponsor per migliorare soprattutto sotto l’aspetto tecnico e avere la certezza di essere competitivo sia su pista sia su strada alle prossime Paralimpiadi di Tokyo nel 2020. Spero che qualcuno sul territorio possa captare il mio messaggio».

Doverosa parentesi riservata ai detrattori. A chi dice che per un ciclista quello al braccio è un handicap fisico meno grave rispetto ad altri, Andrea Tarlao cosa risponde?

«Ogni atleta Paralimpico, indipendentemente dallo sport che pratica, viene sottoposto a visite mediche internazionali e classificato in base a dei punteggi assegnati a seconda del tipo di handicap e in funzione del gesto atletico. Questo fa sì che tutti possano competere allo stesso livello. Ad esempio nel ciclismo paralimpico esistono 5 categorie di ciclisti, 2 tricicli, 1 tandem e 5 handbike».

Non solo bicicletta. Un handicap fisico talvolta rischia di essere anche un limite psicologico: nella tua vita e nel rapporto con gli altri come ci hai convissuto da piccolo e come ci convivi ora?

«Per chi come me ha avuto un problema alla nascita il discorso è diverso. Si cresce senza troppi pensieri: tutto è un gioco, non esiste la diversità tra bambini. La differenza la fa chi ti sta vicino, bisogna avere la forza di andare avanti a testa alta. Bisogna lavorare sui giovani nelle scuole per eliminare quelle vecchie dicerie sulla disabilità. Aiuta il tuo compagno disabile e non deriderlo».

Tu sei un esempio concreto di come tenacia, volontà e determinazione possano consentire alle persone di superare i propri limiti. A chi soffre di problemi fisici ma vorrebbe ugualmente concretizzare le proprie passioni, non solo sportive, che consiglio ti sentiresti di dare?

«Non esistono limiti all’immaginazione, ma questo vale per tutti. Il consiglio che darei è di venire a vedere le nostre gare, solo così si può capire l’emozione che si prova. La Paralimpiade di Londra ha cambiato tanto anche la mia vita. Ho potuto vivere un’esperienza indimenticabile fianco a fianco con campioni di vita provenienti da tutto il mondo».

Un atleta è sempre a caccia di nuove sfide: quali sono le prossime per Andrea Tarlao?

«Migliorare su pista nell’inseguimento e puntare a una medaglia ai mondiali su pista del 2019 in Olanda. Mentirei se dicessi che non penso a Tokyo 2020, ma la strada è lunga: meglio restare con i piedi per terra e fare un passo alla volta».

 

Andrea Tarlao nasce a Gorizia l’8 gennaio del 1984. A causa di alcune complicazioni durante il parto, soffre di una paresi ostetrica al braccio sinistro. Complicazioni che, inoltre, gli comportano una lesione dei nervi della spalla, la rottura dell’omero e della spalla. Dopo tanta fisioterapia e riabilitazione, adesso Andrea riesce a fare solo alcuni movimenti ma non ha più sensibilità al braccio. Salire in bicicletta è stato naturale visto che sia papà Riccardo, con un brillante passato tra i dilettanti, e mamma Marina, ex commissario di gara della Federazione Ciclistica Italiana, gli hanno trasmesso la loro passione: Andrea inizia giovanissimo a pedalare con gli amici e a competere nelle prime gare. Ora è una pedina fondamentale per la Nazionale di Ciclismo Paralimpico guidata dal ct Mario Valentini, nella sua categoria, la C5. Il suo esordio in Nazionale risale al 2010, quando partecipa ai Mondiali di Baie Comeau, in Canada, e conquista la sua prima medaglia, un oro, nella gara di cronometro. Risultato che replica anche l’anno dopo ai Mondiali di Roskilde 2011, in Danimarca confermandosi per la seconda volta Campione del Mondo.

Nel 2012 partecipa ai Mondiali di Los Angeles, in California e continua a collezionare medaglie: un argento nella gara su pista sullo scratch e una medaglia di bronzo nell’inseguimento. Arriva così anche la convocazione azzurra per le Paralimpiadi di Londra 2012, in Gran Bretagna: nella gara su strada si classifica 10° e nella gara a cronometro sfiora il podio di un soffio, fermandosi al 4° posto. L’anno successivo Tarlao partecipa alla seconda Tappa di Coppa del Mondo a Segovia, in Spagna, e conquista una medaglia d’argento nella gara a cronometro; medaglia che conferma anche qualche mese nella gara a cronometro ai Mondiali di Baie Comeau 2013, in Canada. Nel 2014 Tarlao gareggia ai Mondiali di Greenville 2014, nel North Carolina, e si aggiudica un bronzo su pista. A dicembre dello stesso anno arriva un altro grande traguardo per il pluricampione: sulla pista del Velodromo Fassa Bortolo di Montichiari, stabilisce il nuovo record mondiale dell’ora della sua categoria C5, percorrendo in 60 minuti 191 giri della pista con la distanza di 47.569 metri.

L’anno dopo le soddisfazioni continuano: ai Mondiali di Nottwil 2015, in Svizzera, vince altre due medaglie di bronzo sia su strada che nella cronometro e strappa il biglietto per le Paralimpiadi di Rio 2016: un’occasione unica dove Andrea aggiunge alla propria carriera una medaglia di bronzo nella gara su strada C5. Contatti: andrea.tarlao84@gmail.com

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