Rientrato dalla trasferta francese di Ilonse, piccolo paese vicino Nizza, dove si svolto il FestiVous, festival dedicato alla cultura occitana e alle sue tradizioni, tra cui la morra – con tanto di XVI edizione del Morramondo – incontriamo Daniele Pinat, capogruppo del team friulano “Amici della Morra” di Joannis, e con lui cerchiamo di capire qualcosa di più su questo gioco dalle origini antiche.
Daniele, partiamo con la domanda più banale: cos’è la morra?
«La morra è uno dei giochi più antichi di questo mondo proprio perché tra i più semplici da mettere in pratica. Già Cicerone nel De officiis (44 a.C.) citava l’esistenza di questo gioco, praticato sotto il nome di Micatio (dal verbo micare cioè saltellare, sottintendendo digitis, le dita) e quindi diffuso in tutte le regioni del Mediterraneo in seguito alle campagne militari dei Romani. Durante la Grande Guerra, è stato uno dei pochi svaghi dei nostri soldati nelle trincee. È un gioco di per sé molto semplice perché gli unici strumenti necessari per metterlo in pratica sono la mano e la voce».
Come si svolge nel dettaglio?
«Scopo del gioco è indovinare la somma delle dita mostrate contemporaneamente dai giocatori con l’unico accorgimento che il pugno chiuso, lo zero, vale sempre uno. È un gioco che all’apparenza sembra molto semplice ma non lo è. La cadenza è molto veloce e i tempi per studiare l’avversario e decidere le strategie sono molto stretti. Al tempo stesso è assordante perché i giocatori tendono a gridare i numeri quasi a voler intimidire l’avversario. Qualcuno, proprio per la sua difficoltà, lo ha definito la versione gridata del gioco degli scacchi: la differenza sta che nel gioco della morra il tempo per ragionare si riduce a qualche decimo di secondo. Intuito, colpo d’occhio e riflessi fulminei sono solo alcune delle doti che un buon giocatore deve possedere per avere la meglio sull’avversario».
Com’è nato il vostro gruppo?
«Possiamo dire che tutto è nato proprio per gioco a Joannis. Assistendo alle partite dei più anziani, catturati dalle logiche che stavano alla base del gioco e affascinati dalla sua gestualità e da tutti i racconti che la vedevano protagonista, abbiamo iniziato ad appassionarci alla morra, tanto da intraprendere una sorta di viaggio alla ricerca delle diverse realtà morristiche ancora presenti in regione. Non è stato facile scovare i giocatori o assistere a momenti di gioco».
Cosa avete scoperto?
«Abbiamo avuto modo di conoscere diverse realtà paesane, con i loro usi e costumi, e di fare molte amicizie tanto che abbiamo scelto di identificarci come “gli Amici della morra”. Al giorno d’oggi sotto questo nome si riconoscono più di un centinaio di giocatori distribuiti in quasi sessanta comuni della nostra regione. Non si tratta di un’associazione vera e propria, non esiste un direttivo così come non ci sono tesseramenti. È qualcosa che nasce da dentro, ci si sente parte di un gruppo di amici accomunati dalla passione per questo antico gioco popolare e dalla voglia di mantenerlo vivo. Le occasioni di gioco non mancano, ci si trova per passare due ore in compagnia a casa di uno o dell’altro. Con più di un centinaio di contatti è abbastanza semplice riuscire a trovare un po’ di giocatori per improvvisare un “vencjeun” (ventuno è il numero di punti necessari per vincere ed è una maniera per identificare una partita di morra). Una partita di morra diventa una scusa per trovarsi e per socializzare e, se qualcuno è convinto che si tratti di un gioco d’azzardo, posso assicurare che a nessuno di questi appassionati è mai passato per la mente di mettersi a giocare con la convinzione che ci sia qualcosa in palio, men che meno denaro».
Quali sono le peculiarità del gioco della morra?
«Imparare a giocare a morra non è una cosa semplice. Non esistono manuali, non esistono corsi e ancor meno non ci sono insegnanti o avversari disposti a spiegarti come si gioca bene. Tutto si riduce alle regole di base. Forse il bello per chi si avvicina a questo gioco sta proprio lì, nel percorso che deve fare per riuscire a sentirsi un giocatore di morra. Chi assiste a una partita per la prima volta pensa che i giocatori stiano gridando numeri a caso e che siano impegnati più a fare chiasso che altro. Giocare bene a morra vuol dire avere la padronanza assoluta della propria mano e della propria voce e riuscire a intuire il gioco dell’avversario prima che lui capisca il nostro. Le variabili sono tantissime e la bravura di un giocatore sta proprio nel riuscire a considerarne il numero più elevato possibile. In Sardegna, nelle scuole, ci sono insegnanti che autonomamente insegnano questo gioco ai propri alunni perché dicono porti benefici alla loro sfera emotiva e della loro personalità. Sotto questo aspetto la morra può essere considerata alla pari di uno sport. E proprio come in uno sport chi vuole diventare bravo deve allenarsi».
Il gioco della morra è soggetto ancora al codice penale (articoli dal 718 al 722): non si può giocare in luogo pubblico... O tutto questo è anacronistico?
«In passato la morra era stata confinata nelle osterie e nelle locande perché considerata un segno di disinteresse e di abbandono delle mansioni domestiche da parte della servitù. La Chiesa poi l’aveva condannata per l’intima connessione che c’era tra il gioco e la bestemmia, considerata uno dei reati più gravi alla pari della lesa maestà. Ma l’avversione per questo gioco si è inasprita ulteriormente a causa delle risse violente che nascevano proprio dalle partite di morra, tant’è che nel 1931 un Regio Decreto la inseriva nella lista dei giochi proibiti all’interno dei locali pubblici. Al giorno d’oggi parlare di giochi vietati sembra quasi assurdo, chiunque ha ben presente che il contesto sociale dagli inizi del novecento a oggi è notevolmente cambiato, però il suo bando continua a essere imposto da una legge anacronistica che rimane in vigore per inerzia del legislatore».
Come comportarsi, quindi?
«In Italia molte persone si sono riunite in associazioni per il recupero di questo gioco popolare e hanno deciso di affiliarsi al CONI per poterlo praticare sotto un’ottica sportiva e alla luce del giorno. Ogni associazione ha stilato un proprio regolamento, ci sono degli arbitri, tutto viene regolamentato in ogni suo minimo aspetto. Noi abbiamo sempre rispettato il divieto imposto dalla legge, in alcune occasioni abbiamo partecipato o promosso delle esibizioni per il recupero delle tradizioni popolari dopo che le autorità in materia di pubblica sicurezza avevano dato il benestare. Ci è stato molto più facile partecipare a esibizioni fuori regione, come in Slovenia e in Trentino dove il gioco è permesso, oppure in Sardegna dove è la stessa Regione che spinge e finanzia iniziative per la salvaguardia del patrimonio culturale del proprio territorio. Abbiamo scoperto che anche in Spagna e in Francia, così come in Slovenia e Croazia, il gioco della morra è permesso perché il “problema” non sussiste. Il gioco della morra fa parte di quel patrimonio culturale che si è trasmesso di generazione in generazione o per via orale o per imitazione e c’è il rischio, complice anche il divieto di legge, che questo gioco vada perso. Abbiamo cercato più volte di interessare i politici ma, pur dandoci ragione, ci hanno risposto che le priorità erano altre. Crediamo fermamente che questa espressione di cultura vada tutelata e non abbandonata e la nostra speranza è che un giorno questo gioco possa essere riabilitato, facendolo sparire una volta per tutte dalla tabella dei giochi proibiti appesa nei locali pubblici».
Anche perché la morra sembra essersi rilanciata con le nuove tecnologie…
«Negli ultimi anni, grazie all’avvento di internet, siamo riusciti a metterci in contatto con diverse associazioni in Spagna e in Francia, abbiamo instaurato un legame di amicizia con giocatori sloveni e croati. Con le associazioni presenti in Italia abbiamo affrontato il discorso di iscriversi alla Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, riconosciuta dal Consiglio Nazionale del CONI, quale Disciplina Sportiva Associata. Nel 2003 in Sardegna è stato organizzato il primo incontro internazionale di giocatori di morra del Mediterraneo. Da alcuni anni a questa parte l’evento è diventato itinerante e quest’anno abbiamo preso parte alla sua sedicesima edizione, conquistando il sesto e il settimo posto su un totale di 52 coppie iscritte. Il prossimo anno i giocatori della Corsica si sono proposti per ospitare la diciassettesima edizione del Morramondo: da parte nostra rimane viva la speranza di poter portare questa manifestazione anche in Friuli».
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