Rovine di fasti antichi

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Michele Tomaselli

23 Novembre 2018
Reading Time: 4 minutes

Le ville dei Napoleonidi in Friuli

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Nelle campagne di San Nicolò di Ruda si scorge un’antica villa, nascosta dalla vegetazione, che quasi sembra un tempio nella giungla descritto da Rudyard Kipling. Da una ventina d’anni ha perso il fascino dei tempi perduti, ma la storia di questo luogo (assieme alla villa Ciardi-Baciocchi di Villa Vicentina) s’intreccia col destino avverso dei napoleonidi: “La Commenda” – così come ancora oggi si chiama – oramai è ridotta a un cumulo di rovine, ma le sue origini hanno genesi lontane e vanno ricercate addirittura agli inizi del II millennio.

Dapprincipio fu rifugio per crociati e pellegrini e nel 1211 assunse il nome di “hospitale di San Nicolai di Levata”. Tale luogo fu affidato alle proprietà dei Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (oggi conosciuti come Cavalieri di Malta) i quali, assieme ai Cavalieri Templari, divennero tra i più potenti ordini cavallereschi a difesa della cristianità. Il patriarca aquileiese Wolfger Ellenbrestchirken aveva fatto costruire un ospizio per quanti si recavano in  Terrasanta, a San Nicolò, situato sulla via che portava ai porti di Aquileia e Grado. Nel corso del 1300 si hanno altre notizie: una pergamena del 1352 attesta che fra’ Guglielmo da Fuscarijs era diventato governatore e rettore dell’ospedale e Franceschino de Mutina da Udine curava gli interessi del luogo. Alla fine del XV secolo cominciò la decadenza della Commenda. Con la dominazione austriaca iniziarono delle frizioni tra i nobili della Contea di Gorizia e il Sovrano Militare Ordine di Malta ma, dopo 600 anni di storia, la Commenda, grazie all’interesse dei napoleonidi, ritornò agli antichi fasti, ristrutturata e ampliata, come dimora degna di un re.

Un luogo che tuttavia incrociò i diversi destini toccati dalla malasorte. Ma prima di descriverli, un breve salto indietro. Maria Anna Bonaparte, detta Elisa, sorella esiliata di Napoleone, assieme al marito Felice Baciocchi aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita proprio nella vicina villa Ciardi-Baciocchi (oggi in Comune di Fiumicello Villa Vicentina), acquistandola dalla nobile famiglia vicentina Gorgo e ristrutturandola con l’inserimento di preziosi reperti archeologici pro venienti da Aquileia, secondo il modello delle ville toscane, su progetto dell’architetto di corte Charles de Sambucy. Fintantoché ad avvenuta morte, il 7 agosto del 1820, e ad appena 43 anni (decesso intervenuto nella camera da letto dell’attuale proprietario), sua figlia Elisa, ereditando l’intero patrimonio familiare, come unica diretta discendente, dopo la morte prematura del fratello Federico Napoleone, caduto da cavallo, decise di acquistare la vicina Commenda e di ristrutturarla. La stessa fu edificata inglobando i resti dell’antico convento templare-giovannita, conservando le finestre medioevali dell’arco ogivale e realizzando una serra detta “la grotta delle aquile”, con delle meravigliose inferriate, dove si coltivavano piante pregiate giunte da ogni dove.

Seguirono anni di frenetiche attività nelle due ville, con feste e sfarzosi ricevimenti. Inoltre le stanze dei due plessi furono arredate con svariati caminetti, sale decorate da affreschi, mentre nel salone adibito alle feste faceva mostra una gigantesca “N” in argento, simbolo dei napoleonidi. Non mancarono delle ricche biblioteche. Elisa vi si stabilì assieme al marito Filippo di Camerata e il figlioletto Benedetto Napoleone. Quest’ultimo avrebbe voluto rimanere per sempre tra i verdi boschi della pianura friulana, ma mandato a Parigi nella Corte di Napoleone III non resse l’ambiente di corte e si suicidò in giovane età. Fu per questo motivo che Elisa Bonaparte fece costruire la famosa cappella Baciocchi, rimasta a testimoniare la presenza dei Napoleonidi in Friuli.

Nel 1868 la tenuta, divisa attualmente nei territori dei Comuni di Fiumicello Villa Vicentina e Ruda, fu venduta a Napoleone III, il quale la intestò all’unico figlio, il principe imperiale Eugenio Luigi Napoleone, morto poi in Sudafrica. In seguito venne abitata da Tisserand, amministratore dei beni agricoli della corona francese e infine acquistata nel 1919 dalla famiglia Ciardi che d’allora è proprietaria.

Maurizio Waschl, ultimo loro discendente, oggi vi gestisce un’azienda agricola. Va ricordato inoltre che nella “Commenda” fu ospite illustre, dal 25 novembre 1869 al 6 luglio 1870, il grande scienziato francese Luigi Pasteur che eseguì studi per combattere il calcino del baco da seta che infestava gli allevamenti friulani. Inoltre, all’interno di questa tenuta furono sviluppate le tecniche di vinificazione. Nelle cantine di Villa Ciardi-Baciocchi fu perfino sperimentato un metodo per la fermentazione dello champagne.

 

Salviamo i luoghi del cuore: una petizione per “La Commenda” e Villa Ciardi-Baciocchi

Parte una petizione per salvare la “Commenda” dei napoleonidi a Ruda e “Villa Ciardi-Baciocchi” a Villa Vicentina. I due edifici storici, in particolare la Commenda, stanno scomparendo inghiottiti dalla vegetazione e crollando sotto i colpi del tempo e dell’abbandono. Per salvare un patrimonio di valore inestimabile, è partita la petizione #salviamolacommenda. Due cervignanesi, l’orafo Sergio Serdino e il giornalista Michele Tomaselli sono scesi in campo e hanno deciso di sensibilizzare le istituzioni. A breve scriveranno al ministro Alberto Bonisoli, al presidente della Regione FVG Massimiliano Fedriga, all’assessore regionale alla cultura Tiziana Gibelli, al sindaco di Ruda Franco Lenarduzzi e a quello di Fiumicello Villa Vicentina, Laura Sgubin.

«A Villa Ciardi – spiega Serdino – c’è un bellissimo mosaico romano. I granai napoleonici sono gli unici appartenuti alla famiglia Bonaparte. Lungo la facciata esterna è pieno di reperti romani. La cantina e i granai hanno una notevole importanza storica, così come il resto della villa. Non è mai stato fatto nulla per preservare questo patrimonio. Per quanto riguarda la Commenda è per buona parte distrutta. L’unica cosa ancora in piedi è la facciata della “grotta dell’aquila”. Anche in questo caso nessuno è mai intervenuto».

Il proprietario Maurizio Waschl non può sobbarcarsi tutti i costi di recupero. L’edificio, inoltre, è soggetto alle belle arti da una serie di vincoli. Sergio Serdino, che cura gli interessi della proprietà, ha provato più volte a contattare gli uffici della Soprintendenza di Udine e la precedente giunta regionale, ma senza risultati.

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