La vita oltre il buio

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Livio Nonis

29 Gennaio 2019
Reading Time: 4 minutes

Sergio Cechet

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Nel 1982 lo scoppio di una bomba durante un normale controllo di routine nella sua attività militare, lo ha reso cieco e privo della mano sinistra. Superato lo shock, dopo aver pensato anche al suicidio, Sergio Cechet, Capitano in ruolo d’Onore dell’Aeronautica, ha trovato la sua ragione di vita nello sport e nella divulgazione delle tematiche sui portatori di handicap.

Per ritrovare la libertà fisica, Cechet ha scelto acqua e cielo. Dapprima ha stabilito il record mondiale di immersione con bombole, categoria disabili (grazie all’aiuto di Jacques Mayol), e ora sta cercando, primo in Europa, di ottenere un brevetto di volo da non vedente.

Una grande lezione di vita, per disabili e normodotati. Sergio, infatti, si è rimboccato le maniche, non si è pianto addosso, ha saputo reagire, ha seguito un corso per centralinista e un corso braille all’Istituto “Rittmeyer” di Trieste, riuscendo a entrare con le mansioni di centralinista nell’azienda sanitaria goriziana, presso l’Ospedale di Monfalcone. Nel frattempo si è iscritto a un corso “Open Water” (1° livello) H.S.A. (Handicap Scuba Association).

Con un’escalation di livelli e successi nella disciplina subacquea è diventato istruttore 3 stelle CMAS, “director trainer specialist”, insegnante degli istruttori della comunicazione sott’acqua rivolta ai disabili. Nel 2006 è stato tedoforo a Udine quando, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, ricevette la fiaccola dallo scrittore e scultore Mauro Corona e, dopo un breve percorso, la consegnò all’allora allenatore dell’Udinese Serse Cosmi. È stato anche Nazionale di sci per disabili con il conseguimento di svariati premi, fra i quali la medaglia d’oro nello slalom gigante ai Campionati Italiani 1994.

Sergio, dopo lo scoppio della bomba e le sue ripercussioni, quale fu la tua reazione a caldo?

«È stato un momento molto difficile, avevo due scelte da fare: vivere o morire. La ragione mi ha fatto pensare che avevo ancora tante cose da fare e che non potevo rimanere a casa a piangermi addosso. Mi sono imposto di uscire e di vivere il mondo; da subito mi sono riproposto di imparare cose che mi sarebbero servite per il futuro».

Ami il mare e gli sport a esso correlati, nei quali peraltro hai ottenuto grandi soddisfazioni. Come mai questa scelta così… bagnata?

«La passione per il mare nasce dalla mia infanzia. Ero appassionato dei documentari naturalistici di Folco Quilici, delle imprese di Jacques Mayol ed Enzo Maiorca: la televisione era il solo mezzo che potevo utilizzare per vedere le bellezze della natura. Poi a Cuba ho avuto la possibilità di toccare con mano il corallo Cervello, enormi spugne, le gorgonie e tante altre cose. Successivamente, all’isola d’Elba, accompagnato da Jacques Mayol e dal Jurassic Diver Raimondo Bucker, ho stabilito il record mondiale di immersione alla profondità di 47,80 metri; record che successivamente ho migliorato raggiungendo i 55 metri. Alla scomparsa del grande Jacques Mayol ho progettato, fatto costruire e inabissare una statua commemorativa».

Oltre alla subacquea hai praticato altri sport, peraltro impegnativi. Non stai mai fermo…

«Voglio vivere la vita al massimo. Non lascio nulla di intentato, mi sono gettato con una guida con il paracadute da 4000 metri: adrenalina pura. Il primo minuto è stato incredibile, sentivo il vento, l’aria che mi segnava il viso, fino alla lenta apertura del paracadute e poi dopo tre minuti ho toccato terra. Molto bello e rilassante è stato anche il volo con il parapendio, una mezzoretta tra le colline della Slovenia. Ora spero di frequentare un corso nel poligono di tiro, vorrei prendere anche il brevetto di tiratore. Ogni prima domenica di dicembre, dal lontano 1986 – e altre rare date – partecipo al raduno “Off-road” di Gradisca d’Isonzo con la mia macchina, conducendo personalmente l’auto alla partenza. Attualmente sto prendendo il brevetto di pilota di ultraleggero».

Un’altra tua passione è la pittura. Come ci riesci da non vedente?

«Nelle mie opere riesco a inventarmi sempre qualcosa, le ho divise in tre fasce: “l’esplosione, il mare e pittura in generale della mia fantasia”. Ripercorrono un po’ le fasi della mia vita. Di solito i quadri li realizzo io, per alcuni mi faccio guidare. Ma li dipingo come li vedo io, con la mia mente e con i miei ricordi. Ho già esposto in alcune occasioni, come alle Antiche Mura di Monfalcone, all’Agosto Ronchese di Ronchi dei Legionari, all’Isola d’Elba, e anche in Francia, ad Antibe vicino a Nizza, e in altri posti ancora».

Hai portato la tua storia anche al grande pubblico partecipando alla trasmissione televisiva Il bivio, con Enrico Ruggeri. Che esperienza è stata?

«Un’esperienza bellissima. Dapprima i responsabili della trasmissione hanno voluto vedere le mie condizioni fisiche, visti i tempi temevano barassi… Abbiamo “girato” in regione, anche a Rivolto nella sede delle Frecce Tricolori, poi in studio con il grande Enrico: una trasmissione di 20 minuti che ha ripercorso gli eventi traumatici della mia vita. Lo scorso settembre, in occasione del suo concerto alla Sagra de le Raze di Staranzano, ho potuto riabbracciare Ruggeri: ci siamo stretti forte».

Cosa vorresti dire alle persone che, come te, sono costrette a convivere con un handicap?

«Voglio dire di vivere bene, di fregarsene degli altri, di fare qualsiasi cosa piaccia: la vita è bella e dobbiamo godercela, con coraggio e caparbietà si possono raggiungere tutti gli obiettivi. Si può giungere dove si vuol arrivare».

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