Il disagio posturale viene riconosciuto oggi anche come causa principale di molte patologie venose. Infatti un errato atteggiamento posturale può provocare nel tempo scompensi venosi e/o linfatici. È fondamentale quindi saper valutare l’assetto della persona nel suo complesso e conoscere la dinamica delle varie parti del corpo per poter valutare come migliorare il ritorno venoso e l’osmosi linfatica.
Una costante e corretta attività motoria può assicurare un valido aiuto attivando le pompe valvulo-muscolari, se queste hanno un funzionamento regolare il deflusso venoso non presenta problemi. Ad ogni passo, i muscoli delle gambe stimolano in compressione le vene più profonde e permettono il deflusso del sangue verso l’alto favorendo anche lo scambio linfatico. Esistono dei rapporti fisiologici molto stretti tra il sistema venoso/linfatico e il lavoro del piede e degli arti inferiori: infatti la pianta del piede, la caviglia e la muscolatura del polpaccio costituiscono con il loro lavoro sinergico la pompa di ritorno del cuore.
La fisioterapia è una professione che tratta lo sviluppo, il mantenimento ed il recupero del movimento e delle funzioni durante tutto l’arco della vita, senza limiti di età, specie in quelle circostanze in cui esse vengono compromesse da traumi, malattie, interventi, fattori ambientali o più semplicemente il trascorrere degli anni. Tutti fattori che possono portare a scompensi posturali. Il lavoro del terapista parte necessariamente da un’attenta analisi degli elementi che caratterizzano, nel singolo individuo, gli eventi che hanno portato alla sofferenza e le sue modalità d’espressione sia cliniche che cognitive.
Si tratta, quindi, di effettuare prima di tutto una corretta valutazione degli elementi relativi ai disturbi al fisico (menomazioni), all’effetto di questi sull’attività funzionali (disabilità e deficit), alle limitazioni delle attività lavorative, sociali, psichiche (handicap), attribuendo un valore più o meno importante agli aspetti legati a fattori prettamente corporei ed all’atteggiamento psicologico o anche d’informazione scorretta relativamente alla propria condizione clinica (fattori bio-psico-sociali). Già tutti questi fattori iniziali contribuiscono ad organizzare la pianificazione dell’intervento terapeutico del fisioterapista, testando poi le reali capacità motorie e funzionali attive e passive grazie a specifici esercizi di valutazione.
È importante dare grande rilevanza alle modalità comunicative, come capacità di percepire la reale valenza del disagio della persona tenendo in considerazione la diagnosi medica, per poter adeguare sempre più l’azione terapeutica al contesto individuale. In questo contesto, la seduta di masso-fisioterapia può avvalersi di ogni tecnica che si possa rendere realmente utile e specificamente adatta alla situazione effettiva ed individuale del paziente. Al puro titolo d’esempio, si può nominare tra le tecniche più in uso la mobilizzazione passiva dei movimenti articolari fisiologici ed accessori, condotta per precisi ed adeguati gradi di ampiezza ed intensità; vari tipi di massoterapia dei tessuti molli; mobilizzazione neurale; integrazione e riprogrammazione senso-motoria; stabilizzazione articolare statico-dinamica; rieducazione posturale individuale e solo in un secondo tempo se possibile di gruppo. Molta importanza riveste il principio dell’auto-trattamento, volto a mantenere, migliorare o consolidare ed automatizzare progressivamente i benefici ottenuti e le modificazioni positive in atto, tramite esercizi appositamente elaborati, altamente specifici e personalizzati da un percorso assistito che assicuri un elevato grado di sicurezza nella correttezza dell’apprendimento e dell’esecuzione individuale. Per questa precisa ragione con i pazienti più giovani viene richiesta la presenza di un adulto, con la mansione di tutor nell’apprendimento delle corrette tecniche di esecuzione dei vari esercizi. Allo stesso modo è importante fornire un insieme di consigli ed indicazioni per un’adeguata (e personale) ergonomia ed autogestione del problema da parte del paziente nella sua funzionalità quotidiana abituale, nell’ottica di una reale prevenzione di eventuali ricadute.
Nella rieducazione motoria e funzionale tradizionale, il paziente, con la diagnosi del medico, si trova ad esser inserito all’interno di un procedimento fisioterapeutico standard, uguale per tutti coloro che rientrano nello stesso raggruppamento diagnostico. Avviene così che persone diverse, ognuna con la propria specificità ed unicità (non solo dal profilo esistenziale ma anche fisiologico) si trovino ad eseguire, in sedute di gruppo, gli stessi esercizi; questi ultimi non possono che risultare globalmente a-specifici e, pur ottenendo nella massa una buona percentuale di risultati sintomatici positivi, spesso non soddisfano le aspettative e le esigenze di molti pazienti e della loro effettiva condizione di salute. Il metodo di approccio con grandi e piccini, giovani ed anziani deve essere volto a creare empatia e rispondere a quell’unicità con umiltà, amore e tanta dedizione per offrire a tutti il miglior risultato possibile. Anche per questo il primo incontro è espressione di reciproca attenzione e conoscenza della storia del nuovo meraviglioso corpo psico-fisico da guidare sulla strada della guarigione. Il lavoro così svolto, con il profondo intento di voler raggiungere il miglior stato di benessere possibile per la persona, a tutt’oggi ha dato risultati migliori di quanto la conoscenza delle tecniche permettesse di sperare.
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