Iperrealismo perfetto

imagazine margherita reguitti

Margherita Reguitti

24 Dicembre 2019
Reading Time: 6 minutes

Enrico Ghinato

Condividi

Motori e musica. Musica e motori. Concretezza e suggestione. Materia e attimo fuggente. Perizia della mano e creatività d’artista. Colori e forme, movimento e etereo attimo. Ma soprattutto passioni. La millenaria Abbazia di Rosazzo ospita fino al 7 gennaio la mostra di Enrico Ghinato dal titolo Motori e Musica – Musica e motori. Un binomio, pensato per la decima Biennale d’Arte, nel quale si abbracciano la volontà e l’impegno nella diffusione e promozione dell’arte della Fondazione Abbazia di Rosazzo e la contemporaneità di linguaggio e di soggetto della produzione dell’artista di Lendinara, in provincia di Rovigo.

Un’esposizione che sorprende man mano che il visitatore si inoltra nelle stanze dell’ex Tribunale. L’iperrealismo perfetto di Enrico Ghinato raffigura le signore dal cuore d’acciaio di ogni tempo, emblemi di velocità e di perfezione di forme accanto a strumenti musicali. Questo il primo impatto di energia che mette benzina negli occhi e nel cuore del visitatore. Poi però si fa strada la magia del suggerito, dell’evocato, dell’attimo fermato come un fotogramma: sono le lucide superfici delle carrozzerie delle auto che riflettono la visione che l’artista ha della vita, figure e contesti urbani che si specchiano nelle lamiere luccicanti e ammalianti di cofani, fiancate e frontali.

La magia artistica e l’originalità creativa stanno in questo cogliere l’attimo che fugge, la visione di altro sulle superfici lucide e specchianti. Un mondo nel mondo, una visione altra che, colta ed elaborata dagli occhi dell’artista, prende forma in prospettive e alterazioni di movimento e transita oltre la tela nello spazio espositivo. Potenza dell’arte che dal piano iperrealista crea suggestioni impressioniste nelle immagini riflesse in una mescola di realtà e visione. Viene da pensare alla forza delle tele futuriste, movimento e energia. In particolare al pittore futurista goriziano Tullio Crali: lui, come Enrico Ghinato, amava i motori e la velocità emblemi di un mondo in cambiamento, oggi come allora.

Autodidatta, Enrico Ghinato, classe 1955, è un pittore iperrealista o post iperrealista. La passione per i motori ha origine nella sua infanzia: il padre infatti era autoriparatore e il suo è stato un mondo di bolidi. Da questo dato autobiografico nasce la passione per la quale spesso i suoi quadri hanno come protagoniste fuoriserie e utilitarie di ieri e di oggi: modelli che hanno segnato il sogno e la realtà dell’italiano privilegiato e medio dal secondo Novecento. I suoi quadri, realistici più della realtà, in un primo momento appaiono fotografici. Ma basta poco per sentire quell’emozione che solo l’arte fa scaturire.

Qui il gioco è assai sottile perché il soggetto alla portata di molti se non di tutti non pone medium intellettuali: l’approccio è diretto, prima l’emozione e poi la riflessione. Dunque l’emozione non è quella dell’istantanea che fissa la realtà. È la mano dell’artista che coglie un labile passaggio di luce e figura per farne un frammento unico e indimenticabile. L’effimero dei riflessi viene fissato sulla tela per durare, sono fotogrammi cinematografici per un racconto fatto di dettagli realizzati con perfezione assoluta. Una tecnica che vista da vicino mostra un suo aspetto impressionista, dipinta alla prima senza ripetizioni e sovrapposizioni con pennellate gestuali.

Enrico Ghinato, cosa significa per lei “reale”?

«È quello che la gente non vede, che ci passa davanti ogni momento, guardiamo ma non vediamo. La realtà per me è tutto ciò che è sfuggente, la gente, le vetrine, i palazzi, la vita normale che ci circonda. La mia pittura è un pretesto per creare delle storie sulle carrozzerie, sui volumi delle auto che sono forme scaturite dalla distorsione di immagini, da un gioco di riflessi».

Da autodidatta cosa rappresenta per lei l’arte: disciplina o libera creatività?

«Uno e l’altro: ci vuole disciplina per una persona come me che non ha un curriculum accademico ma ha avuto un talento da allenare per poter raggiungere certi obiettivi nel lavoro, creando una propria tecnica pittorica. Per me studio ha significato vedere i quadri dei maestri per ripeterli in modo originale con una mia personale e diversa impronta. La mia è stata una sfida. Scrive bene Angelo Crespi nel saggio del catalogo: la mia pittura è solo apparentemente realista, di fatto può essere definita impressionista in quanto io dipingo alla prima, senza ritornare sul quadro. Una pennellata libera diversa dagli iperrealisti americani. I miei tondi sono dipinti a mano libera. La mia natura impulsiva mi farebbe gettare il colore sulla tela per finire l’opera il prima possibile. A questo punto il temperamento è mediato dalla disciplina: inizia il lavoro paziente all’opera fino a raggiungere il risultato che mi prefiggo».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando decide che un quadro è concluso e definito?

«Lo sento: io lavoro sempre su più quadri in contemporanea per non annoiarmi e per trovare per strada soluzioni diverse. C’è il momento in cui si dice basta. Il quadro è! In questo mi aiuta anche confrontarmi con mia moglie che conosce la mia pittura e mi aiuta nella scelta finale. Il suo occhio esterno vede quello che il pittore non vede. Così come sono interessanti le opinioni degli amici che frequentano il mio studio. L’artista, si sa, avrebbe sempre voglia di rimettere mano a un quadro».

Che tipo di colore utilizza?

«Dipingo sempre e solo utilizzando colori a olio».

Quali sono i suoi maestri di riferimento?

«Tanti e nessuno in particolare. A volte mi attraggono quadri di autori stranieri, magari sconosciuti in Italia, dei quali non ricordo il nome. Posso dire di sentire un’affinità con Tiziano, con il quale sento di condividere il gesto pittorico in quanto alcune parti del quadro non sono caratterizzate dalla finitura, ma dalla forza della pennellata, data e finita».

Motore e musica: da cosa nasce questo binomio scelto per il titolo e il filo rosso di questa esposizione?

«La musica è vibrazioni, ci mette in contatto e relazione con la nostra natura più intima e segreta. Il rombo dei motori è musica. Oltre a questo mi ha ispirato il fatto che in Abbazia di Rosazzo si fa musica di alto livello».

Il contemporaneo laico nel luogo antico e mistico dell’Abbazia di Rosazzo: come ha vissuto questo binomio?

«Conoscevo l’Abbazia di Rosazzo per la sua fama di luogo di cultura. Quando Giuliano Pavan (curatore della rassegna, ndr) mi ha proposto di esporre qui ne sono stato felicissimo perché l’atmosfera e il pathos di queste antiche mura hanno grande fascino. Dovessi scegliere fra una mostra a New York e questo luogo stupendo non avrei dubbi: Rosazzo. L’ambientazione è vincente per la mia pittura. È il bello dell’anima. Io dipingo automobili costruite dall’uomo con passione e cuore, forme destinate a restare nella storia, indimenticabili, al contrario delle vetture di oggi che non hanno personalità di forma e di design. Nell’industria automobilistica oggi ci sono dei limiti alla creatività, imposti dalle norme, dalla sicurezza e dal risparmio energetico che stanno uccidendo il bello, riducendolo ad appiattimento. Qui i frati nei secoli hanno cercato e creato bellezza».

Da grande appassionato, qual è la sua auto preferita?

«Direi la Ferrari a pari merito con l’Alfa Romeo. Per lavoro ho una monovolume ma nel mio garage di collezionista di auto storiche possiedo una Ferrari BB 512 degli anni ’80, una Fiat 124 Spider e un’Alfa Romeo Giulia Spider carrozzate Pininfarina».

Auto icone della bellezza e dell’originalità del design italiano nel mondo: basta citarle per sapere esattamente di che forme si tratta.

 

 

Decima Mostra d’Arte Biennale 2019 Motori&Musica-Musica&Motori. Enrico Ghinato / Abbazia di Rosazzo, Manzano – Fino al 7 gennaio 2020 – Orari: aperto da lunedì a domenica 9.30-12.30/15-18. Ingresso: gratuito. Info: 0432 759091 fondazione@abbaziadirosazzo.it

Visited 9 times, 1 visit(s) today
Condividi