Ilaria Tuti, lei ha studiato economia ed è appassionata di pittura: avrebbe mai immaginato di diventare una scrittrice di successo?
«Non era tra i miei sogni, forse perché così lontano dalla mia quotidianità. Mi sono avvicinata alla scrittura in un lungo percorso e nemmeno quando è diventata una passione pregnante ho mai pensato al “successo”: desideravo solo scrivere storie, dare voce ai personaggi e profumi e suoni alle ambientazioni».
Il suo primo romanzo, Fiori sopra l’inferno (Longanesi, 2018), ha venduto in un anno oltre 100 mila copie, venendo tradotto in più lingue, compreso l’ebraico. Com’è nata l’idea di scriverlo?
«Da qualche tempo avevo iniziato a scrivere racconti brevi di vario genere, ma mi stavo appassionando ai gialli e ai noir. L’idea è nata assieme alla protagonista, Teresa Battaglia: un commissario di polizia quasi sessantenne, acciaccata, fuori forma, una donna sola che ha sperimentato la violenza, ma che è riuscita a fare del proprio dolore un fuoco di vita. Una donna che racchiude in sé la bellezza e la forza della normalità, che parte quasi come un personaggio difettoso e che alla fine risulta vincente per la sua capacità di rimettersi sempre in piedi. A quel punto avevo bisogno di un antagonista forte tanto quanto lei, che non scomparisse nella storia: l’ho trovato in alcuni studi di psicologia che mi hanno aiutato a tratteggiare la sua mente così peculiare, tanto che perfino un’esperta come Teresa farà fatica a delineare il suo profilo e lo definirà “alieno”. L’ambientazione, lo sapevo fin dall’inizio, doveva essere la mia terra. Così è nato Fiori sopra l’inferno».
In Fiori sopra l’inferno i bambini hanno un ruolo centrale: dal figlio perduto della protagonista al neonato vittima di un esperimento che segnerà la sua esistenza. Averlo scritto mentre era incinta che cosa ha significato per lei?
«Ha significato immergermi completamente nel vissuto di questi piccoli guerrieri, con tutte le emozioni, le aspettative e le paure che stavo vivendo. I bambini sono un simbolo di speranza in questo romanzo, subiscono il mondo adulto che li tradisce, ma si salvano prima di tutto da soli: stando assieme, confidandosi, trovando il coraggio l’uno nell’altro. Vivono la foresta come una grande avventura e sono gli unici a non temerla. Teresa lo dice: sono da poco al mondo, eppure sembrano portarsi dentro un’esperienza antica. Le letture di psicologia criminale che stavo facendo in quel periodo per documentarmi erano dolorose, ma mi hanno aiutato a capire che spesso il male nasce nell’infanzia, anche per questo dobbiamo proteggerla e curarla come qualcosa di infinitamente prezioso».
Da scrivere un romanzo avvincente a trovare un editore che lo valorizzi il passaggio non è scontato. Nel suo caso come è avvenuto?
«Il gruppo GeMS, di cui la casa editrice Longanesi fa parte, indice ogni anno un concorso online per proporre le proprie opere. Ho partecipato e il personaggio di Teresa Battaglia è stato notato dall’editor. L’idea di farne una serie mi è stata proposta subito, tanto ci credevano».
Da appassionata di scrittura a scrittrice di successo: nell’ultimo anno com’è cambiata la sua vita?
«Si è arricchita di esperienze e di soddisfazioni, ma è diventata anche più complicata. Di colpo ci si ritrova a fare due, tre lavori contemporaneamente: il mio, che ancora svolgo, la scrittura e la promozione, che porta via gran parte del tempo. Gestire tutti gli impegni non è facile, ci sono scadenze da rispettare, professionisti con cui confrontarsi quasi quotidianamente, viaggi da programmare, senza far mancare nulla agli affetti… Per me, riservata e solitaria, si è trattato di far fronte a una vera e propria rivoluzione, che come tutte le rivoluzioni ha portato anche scompiglio e un po’ di stanchezza».
Cosa significa la scrittura per Ilaria Tuti?
«È la creatività di cui ho bisogno per essere felice e sentirmi “dispiegata”. Un ingrediente necessario che si aggiunge agli affetti più cari».
La protagonista dei suoi romanzi, Teresa Battaglia, è un commissario di polizia di 60 anni. Eppure la domanda sorge spontanea: quanto c’è dell’autrice in questo personaggio?
«Teresa è la persona che vorrei essere alla sua età: di grande integrità, generosa, presente per chi ne ha bisogno, compassionevole».
Fiori sopra l’inferno è ambientato in un immaginario paese delle montagne friulane, Travenì. Ninfa dormiente, invece, è ambientato in Val Resia e i nomi dei luoghi sono reali e veritieri: come mai questo cambiamento?
«La scelta di usare nomi di fantasia nel primo romanzo è stata dell’editore, perché la storia parla di una piccola comunità omertosa: in realtà il villaggio è inventato, ma le altre ambientazioni sono reali – il Tarvisiano, l’orrido dello Slizza, i laghi di Fusine, le miniere di Raibl –, per cui si temeva che qualcuno confondesse i due piani, immaginario e reale. Nel secondo caso, invece, cambiare i nomi avrebbe significato tradire il popolo resiano, che sta lottando strenuamente e con dolore per il riconoscimento della propria identità».
Dal Tarvisiano alla Val Resia, la montagna della sua terra cosa rappresenta per Ilaria Tuti?
«È origine, radici, materia che plasma l’indole. In questo momento di grandi cambiamenti nella mia vita, è anche salvifica: con la sua immensità immobile mi ricorda la vera dimensione delle cose. Ridimensiona preoccupazioni e ansie, mi accoglie con suoni gentili e profumi calmanti quando il “rumore” attorno a me diventa troppo».
Ninfa dormiente è destinato a bissare il successo del primo romanzo: dopo le prime 50.000 copie si è già alla quarta ristampa. Inevitabile che si ragioni su un terzo capitolo della saga… Ha già iniziato a scriverlo?
«Mi sono documentata sugli argomenti che intendo toccare e ho scritto la trama, e questa è forse la parte più impegnativa del processo di creazione: tanti libri da leggere su argomenti disparati (psicologia, storia, geografia, medicina forense, antropologia, procedura penale…), tante immagini mentali da cucire assieme in una visione coerente e, si spera, appassionante. È una fase che richiede mesi di lavoro prima della stesura vera e propria».
Storie avvincenti e luoghi meravigliosi sembrano un binomio perfetto anche per il cinema. Come altri romanzi di successo, anche i suoi diventeranno format per lo schermo?
«L’opzione sui diritti cinetelevisivi è già stata ceduta per entrambi i romanzi. Significa che la casa di produzione è già al lavoro su uno studio di fattibilità e su una possibile sceneggiatura. Sono comunque processi molto lunghi. Speriamo che prima o poi il progetto si realizzi».
In Fiori sopra l’inferno Teresa Battaglia deve catturare un omicida seriale; in Ninfa dormiente deve risolvere un caso di omicidio mai risolto ma del quale non esiste nemmeno il cadavere. La passione e l’abilità di Ilaria Tuti nel destreggiarsi in queste storie criminali da dove nascono?
«Dentro l’essere umano: nelle mie storie indago la mente, prima di tutto. Alla fine l’indagine corre in superficie e parallelamente a un’altra esplorazione molto più profonda, che coinvolge la psiche umana e che cerca di gettare un po’ di luce negli abissi di oscurità che tutti, poco o tanto, ci portiamo dentro come un potenziale inesploso».
Nelle anticipazioni sul terzo libro della serie, lei ha rivelato che i paesaggi naturali avranno un ruolo meno preponderante rispetto ai primi due, mentre la storia si svilupperà in un contesto più storico e archeologico. Come mai questa scelta?
«Non amo le ambientazioni e i personaggi fissi: per appassionarmi, tutto deve evolversi, deve avere una storia. Non sarei riuscita a descrivere ancora la montagna con i suoi boschi: nei primi due romanzi la foresta aveva un ruolo preciso, era un simbolo, fino a diventare vero e proprio personaggio. Nel terzo capitolo, invece, sarà altro a “parlare”. Il Friuli Venezia Giulia è una terra poco conosciuta, ma con la sua storia più che millenaria e i paesaggi fascinosi e sempre diversi offre infinite suggestioni. Perché non attingere da tanta ricchezza?»
Teresa Battaglia diventa sempre più anziana e sempre più malata. Dopo il terzo capitolo della saga, Ilaria Tuti che futuro vede per la protagonista dei suoi romanzi?
«Un quarto romanzo di chiusura, in cui saluterò Teresa Battaglia. Non sarà una serie lunga, per coerenza con il personaggio, con le sue caratteristiche. Teresa uscirà di scena come le si confà: da guerriera. Mi mancherà, ma ormai per me è una compagna, ci sarà sempre qualche sua battuta caustica dentro di me».
Nel proprio futuro, invece, Ilaria Tuti quali sogni vorrebbe realizzare?
«Ho un altro progetto di scrittura a cui tengo moltissimo e che non vedo l’ora di concretizzare: una storia che appartiene al Friuli, con una protagonista ancora una volta fuori dall’ordinario, ma vera».
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