Sono passati 50 anni dal 1968 in cui lo slogan esistenziale e politico “l’immaginazione al potere” sventolava nelle piazze dei movimenti libertari e rivoluzionari di quella stagione e del decennio successivo, rievocando le visioni utopiche di un importante filosofo del ʼ900 come Herbert Marcuse. Immaginazione e tecnologia, oggi come allora, può evocare un binomio di ambiti contrapposti come da un lato la creatività artistica, la fantasia e dall’altro la razionalità, il pensiero scientifico, espressioni caratteristiche delle capacità umane.
Oggi potrebbe essere uno slogan riutilizzabile invertendone i termini: potere all’immaginazione. Infatti illustri studiosi, tra gli altri alcuni del centro ricerche della NASA, stanno prefigurando la nostra come l’era dell’immaginazione, definendola come il periodo oltre la contemporanea era dell’informazione.
Quella dell’immaginazione è l’era in cui la creatività e l’immaginazione diventeranno i principali creatori di valore economico e sociale. In contrasto con l’era dell’informazione in cui l’analisi e il pensiero razionale hanno costituito le principali forme di conoscenza e di sviluppo.
L’economia e la società dell’immaginazione è definita da alcuni pensatori come un mondo in cui il pensiero intuitivo e creativo crea valore economico-sociale a valle del pensiero logico e razionale che può essere svolto dalle “protesi” tecnologiche che si stanno diffondendo con velocità crescente.
A differenza dell’era industriale, durata circa 150 anni, in circa 20-30 anni l’era dell’informazione sembra aver fatto il suo corso. L’informazione sta diventando una commodity, un bene disponibile a costi sempre più bassi di fruizione, trasmissione e comunicazione.
Ora, qualcosa di nuovo sta avanzando, qualcosa che sta evocando diversi modelli di sviluppo, di convivenza e di leadership. Assistere al lancio della batteria domestica che alimenta le nostre case attraverso i pannelli solari sul tetto o ascoltare il pianoforte auto-sonante che con un click sull’iPad dà vita a centinaia di registrazioni dei migliori artisti al mondo da Bernstein ad Askenazy o Pollini, come se fosse l’artista stesso a suonarlo, può prefigurare un futuro diverso oltre il caos del terrorismo, della distruzione ambientale, dei massacri di popolazioni sull’altare di una pericolosa deriva geopolitica.
Sebbene il controllo e l’accesso a risorse fisiche e alle informazioni siano utili per una strategia di sviluppo, essi non sono più sufficienti per creare crescita e valore in modo sostenibile. È richiesto un terzo elemento: l’asset della creatività. Questa risorsa richiede che le organizzazioni e i contesti in cui cresciamo, impariamo e lavoriamo si trasformino e siano agili, coraggiosi, altruisti e compassionevoli. In un recente articolo del BCG Henderson Institute, The New Logic of Competition, si afferma che “I leader aziendali di oggi stanno affrontando problemi competitivi complessi a breve termine. Ma con l’avvicinarsi del 2020, devono anche guardare oltre la situazione odierna e comprendere a un livello più fondamentale cosa separerà i vincitori dai perdenti nel prossimo decennio”.
È emozionante immaginare un futuro in cui la tecnologia crea ancora più opportunità per gli umani, un futuro in cui le persone massimizzeranno il loro potenziale di sviluppo personale e professionale per ricoprire ruoli interpersonali, relazionali e creativi che saranno più difficili da automatizzare. In una recente ricerca la società di consulenza Deloitte (Il percorso verso la prosperità: perché il futuro del lavoro è umano) afferma che il lavoro noioso e ripetitivo sarà svolto dai robot, lasciando il lavoro più stimolante, creativo e interessante a noi umani, mettendo le persone al centro. Quasi un nuovo umanesimo.
Si ritiene inoltre che lo sviluppo di queste abilità non siano limitate alla classe più abbiente o alla classe intellettuale. Secondo questi scenari tutti noi, come esseri umani, potremmo sviluppare pienamente il nostro potenziale di creatività, immaginazione, intelligenza sociale e intelligenza emotiva. Secondo la Singularity University, le tecnologie emergenti possono distruggere molti posti di lavoro ma creeranno anche molti nuovi ruoli interessanti. La diffusione dell’innovazione nell’era dell’immaginazione darà vita a nuove industrie e forme di lavoro entusiasmanti, che saranno tutte nuove fonti di lavoro professionale e di autorealizzazione.
Nel libro The Singularity is Near, Raymond Kurzweil afferma che la futura combinazione di AI (Intelligenza Artificiale), nanotecnologia e biotecnologia creerà un mondo in cui tutto ciò che può essere immaginato sarà possibile, aumentando l’importanza dell’immaginazione come modalità chiave del pensiero e dell’essere umano. Ma come possiamo preparare le persone, e in particolare le classi dirigenti, all’era dell’immaginazione? Come risolvere le grandi sfide che l’umanità sta affrontando in modo creativo e collaborativo, attraverso la sperimentazione e l’innovazione? Come sviluppare l’intelligenza emotiva e cognitiva per essere più curiosi, fantasiosi e creativi, per essere più connessi, empatici e compassionevoli? Come sempre accade nella storia, questi scenari potranno eventualmente concretizzarsi soltanto dopo una fase di transizione complessa e irta di ostacoli, di difficoltà personali e di costi sociali.
Oggi, tuttavia, in questo scenario si possono trovare elementi di positività e speranza. I Millennials stanno diventando i nuovi cittadini, entrando a far parte della nostra forza lavoro. Rivendicano autonomia e indipendenza, non solo materiale. Sono stati educati meglio a lavorare in gruppo rispetto a qualsiasi altra generazione e le loro reti digitali e la loro tensione a collaborare piuttosto che a competere è più sviluppata. Non vogliono essere vincolati dalla devozione a ideologie e appartenenze e devono spostarsi regolarmente in contesti diversi e mutevoli. In un certo senso il prossimo decennio potrebbe davvero segnare un ritorno verso il futuro, poiché questi Millennials diventano i pionieri dei nostri prossimi decenni, useranno dati, reti e robotica, non saranno vincolati da barriere geografiche, culturali, di genere o linguistiche. Per loro il mondo è già piatto, nessuna parte del mondo è considerata troppo lontana o avventurosa. Emergeranno una varietà di nuove attitudini per il lavoro senza confini. Questa generazione potrà sviluppare capacità di innovazione superiori che richiedono immaginazione e una visione sistemica di come tutte le parti di un sistema complesso si incastrano per formare un insieme coerente.
È nostra la responsabilità, della mia generazione e di quelle contigue, l’onere di creare contesti istituzionali, organizzativi e sociali idonei allo sviluppo e alla diffusione di queste capacità: accompagnare e facilitare le nuove generazioni nell’ingresso all’era dell’immaginazione. La società di consulenza McKinsey afferma che “se l’onere della leadership nell’era moderna sembra schiacciante, i potenziali benefici sono enormi”. Le Istituzioni e le grandi organizzazioni possono fare molto di più per più persone di quanto sia successo in qualsiasi altro momento della storia.
Torniamo quindi alla questione di come possiamo preparare e accompagnare le nuove generazioni a migliorare e a sviluppare le nuove capacità, creando al contempo contesti di lavoro attrattivi, flessibili, affidabili e collaborativi.
Credo che si debba iniziare dalla formazione, dai percorsi educativi, fin dalla scuola primaria e con continuità lungo tutto l’arco della vita, in modo ricorrente e programmato, anche oltre a quella scolastica. L’educazione di base, direi “fondativa”, su cui occorre investire di più non riguarda i saperi verticali e iperspecialistici: riguarda le capacità delle persone di essere, pensare, parlare e agire in modo diverso, per sopravvivere e prosperare nell’era dell’immaginazione.
Come sostiene Silvia Damiano, fondatrice di About my Brain Institute, sarà importante essere creativi, ovvero agire per ideare, inventare e innovare, facilitando le conversazioni generative, che si traducono in modi più intelligenti e veloci di risolvere i problemi e per prendere decisioni adeguate e soddisfacenti per il bene comune.
Cosi forse l’immaginazione sarà l’abilità più apprezzata nella nostra società.