L’era dell’immaginazione

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redazione

31 Dicembre 2019
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Futuro e creatività

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Sono passati 50 anni dal 1968 in cui lo slogan esistenziale e politico “l’immaginazione al potere” svento­lava nelle piazze dei movimenti liber­tari e rivoluzionari di quella stagione e del de­cennio successivo, rievocando le visioni utopi­che di un importante filosofo del ʼ900 come Her­bert Marcuse. Immaginazione e tecnologia, oggi come allora, può evocare un binomio di ambi­ti contrapposti come da un lato la creatività arti­stica, la fantasia e dall’altro la razionalità, il pen­siero scientifico, espressioni caratteristiche delle capacità umane.

Oggi potrebbe essere uno slogan riutilizzabi­le invertendone i termini: potere all’immagina­zione. Infatti illustri studiosi, tra gli altri alcuni del centro ricerche della NASA, stanno prefiguran­do la nostra come l’era dell’immaginazione, de­finendola come il periodo oltre la contemporanea era dell’informazione.

Quella dell’immaginazione è l’era in cui la creatività e l’immaginazione diventeranno i principali creatori di valore economico e socia­le. In contrasto con l’era dell’informazione in cui l’analisi e il pensiero razionale hanno costitui­to le principali forme di conoscenza e di svilup­po.

L’economia e la società dell’immaginazione è definita da alcuni pensatori come un mondo in cui il pensiero intuitivo e creativo crea valo­re economico-sociale a valle del pensiero logi­co e razionale che può essere svolto dalle “pro­tesi” tecnologiche che si stanno diffondendo con velocità crescente.

A differenza dell’era industriale, durata circa 150 anni, in circa 20-30 anni l’era dell’informa­zione sembra aver fatto il suo corso. L’informa­zione sta diventando una commodity, un bene di­sponibile a costi sempre più bassi di fruizione, trasmissione e comunicazione.

Ora, qualcosa di nuovo sta avanzando, qual­cosa che sta evocando diversi modelli di svilup­po, di convivenza e di leadership. Assistere al lancio della batteria domestica che alimenta le nostre case attraverso i pannelli solari sul tetto o ascoltare il pianoforte auto-sonante che con un click sull’iPad dà vita a centinaia di registrazio­ni dei migliori artisti al mondo da Bernstein ad Askenazy o Pollini, come se fosse l’artista stes­so a suonarlo, può prefigurare un futuro diverso oltre il caos del terrorismo, della distruzione am­bientale, dei massacri di popolazioni sull’altare di una pericolosa deriva geopolitica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sebbene il controllo e l’accesso a risorse fisi­che e alle informazioni siano utili per una stra­tegia di sviluppo, essi non sono più sufficienti per creare crescita e valore in modo sostenibile. È richiesto un terzo elemento: l’asset della crea­tività. Questa risorsa richiede che le organizza­zioni e i contesti in cui cresciamo, impariamo e lavoriamo si trasformino e siano agili, corag­giosi, altruisti e compassionevoli. In un recente articolo del BCG Henderson Institute, The New Logic of Competition, si afferma che “I leader aziendali di oggi stanno affrontando proble­mi competitivi complessi a breve termine. Ma con l’avvicinarsi del 2020, devono anche guar­dare oltre la situazione odierna e comprendere a un livello più fondamentale cosa separerà i vincitori dai perdenti nel prossimo decennio”.

È emozionante immaginare un futuro in cui la tecnologia crea ancora più opportunità per gli umani, un futuro in cui le persone massimizze­ranno il loro potenziale di sviluppo personale e professionale per ricoprire ruoli interpersonali, relazionali e creativi che saranno più difficili da automatizzare. In una recente ricerca la società di consulenza Deloitte (Il percorso verso la pro­sperità: perché il futuro del lavoro è umano) af­ferma che il lavoro noioso e ripetitivo sarà svol­to dai robot, lasciando il lavoro più stimolante, creativo e interessante a noi umani, mettendo le persone al centro. Quasi un nuovo umane­simo.

Si ritiene inoltre che lo sviluppo di queste abi­lità non siano limitate alla classe più abbiente o alla classe intellettuale. Secondo questi scenari tutti noi, come esseri umani, potremmo svilup­pare pienamente il nostro potenziale di creativi­tà, immaginazione, intelligenza sociale e intelli­genza emotiva. Secondo la Singularity Univer­sity, le tecnologie emergenti possono distrugge­re molti posti di lavoro ma creeranno anche mol­ti nuovi ruoli interessanti. La diffusione dell’in­novazione nell’era dell’immaginazione darà vita a nuove industrie e forme di lavoro entusia­smanti, che saranno tutte nuove fonti di lavo­ro professionale e di autorealizzazione.

Nel libro The Singularity is Near, Raymond Kurzweil afferma che la futura combinazio­ne di AI (Intelligenza Artificiale), nanotecnolo­gia e biotecnologia creerà un mondo in cui tutto ciò che può essere immaginato sarà possibile, aumentando l’importanza dell’immaginazione come modalità chiave del pensiero e dell’esse­re umano. Ma come possiamo preparare le per­sone, e in particolare le classi dirigenti, all’era dell’immaginazione? Come risolvere le grandi sfide che l’umanità sta affrontando in modo cre­ativo e collaborativo, attraverso la sperimenta­zione e l’innovazione? Come sviluppare l’intel­ligenza emotiva e cognitiva per essere più curio­si, fantasiosi e creativi, per essere più connessi, empatici e compassionevoli? Come sempre ac­cade nella storia, questi scenari potranno even­tualmente concretizzarsi soltanto dopo una fase di transizione complessa e irta di ostacoli, di dif­ficoltà personali e di costi sociali.

Oggi, tuttavia, in questo scenario si posso­no trovare elementi di positività e speranza. I Millennials stanno diventando i nuovi citta­dini, entrando a far parte della nostra forza la­voro. Rivendicano autonomia e indipendenza, non solo materiale. Sono stati educati meglio a lavorare in gruppo rispetto a qualsiasi altra ge­nerazione e le loro reti digitali e la loro tensio­ne a collaborare piuttosto che a competere è più sviluppata. Non vogliono essere vincolati dalla devozione a ideologie e appartenenze e devono spostarsi regolarmente in contesti diversi e mu­tevoli. In un certo senso il prossimo decennio potrebbe davvero segnare un ritorno verso il fu­turo, poiché questi Millennials diventano i pio­nieri dei nostri prossimi decenni, useranno dati, reti e robotica, non saranno vincolati da barriere geografiche, culturali, di genere o linguistiche. Per loro il mondo è già piatto, nessuna parte del mondo è considerata troppo lontana o avventu­rosa. Emergeranno una varietà di nuove attitu­dini per il lavoro senza confini. Questa genera­zione potrà sviluppare capacità di innovazione superiori che richiedono immaginazione e una visione sistemica di come tutte le parti di un si­stema complesso si incastrano per formare un insieme coerente.

È nostra la responsabilità, della mia genera­zione e di quelle contigue, l’onere di creare con­testi istituzionali, organizzativi e sociali idonei allo sviluppo e alla diffusione di queste capacità: accompagnare e facilitare le nuove generazioni nell’ingresso all’era dell’immaginazione. La so­cietà di consulenza McKinsey afferma che “se l’onere della leadership nell’era moderna sembra schiacciante, i potenziali benefici sono enormi”. Le Istituzioni e le grandi organizzazioni posso­no fare molto di più per più persone di quanto sia successo in qualsiasi altro momento della storia.

Torniamo quindi alla questione di come pos­siamo preparare e accompagnare le nuove ge­nerazioni a migliorare e a sviluppare le nuove capacità, creando al contempo contesti di lavo­ro attrattivi, flessibili, affidabili e collaborativi.

Credo che si debba iniziare dalla formazio­ne, dai percorsi educativi, fin dalla scuola pri­maria e con continuità lungo tutto l’arco della vita, in modo ricorrente e programmato, anche oltre a quella scolastica. L’educazione di base, direi “fondativa”, su cui occorre investire di più non riguarda i saperi verticali e iperspecialisti­ci: riguarda le capacità delle persone di essere, pensare, parlare e agire in modo diverso, per so­pravvivere e prosperare nell’era dell’immagina­zione.

Come sostiene Silvia Damiano, fondatrice di About my Brain Institute, sarà importante essere creativi, ovvero agire per ideare, inventare e in­novare, facilitando le conversazioni generative, che si traducono in modi più intelligenti e velo­ci di risolvere i problemi e per prendere decisio­ni adeguate e soddisfacenti per il bene comune.

Cosi forse l’immaginazione sarà l’abilità più apprezzata nella nostra società.

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