Sciacallo dorato catturato e liberato sul Carso Goriziano

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redazione

22 Dicembre 2020
Reading Time: 4 minutes

Utilizzata per la prima volta una trappola a cassa in legno

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Nella notte di domenica 20 dicembre nei pressi di Doberdò del Lago, i ricercatori dell’Università di Udine hanno catturato Pepe (guarda il video), uno sciacallo dorato (Canis aureus) maschio di circa due anni di età e del peso di 13,1 chili. Dopo averne verificato lo stato di salute e aver eseguito gli esami fisiologici, i rilievi biometrici e le analisi genetiche, si è proceduto all’apposizione del radiocollare e quindi alla liberazione. Pepe – diminutivo di Giuseppe nel dialetto sloveno dell’altopiano carsico – è, dall’aprile 2019, il quinto sciacallo monitorato attraverso collari satellitari e radio dai ricercatori e tecnici dell’Ateneo friulano.

«I dati raccolti mediante telemetria satellitare – spiega Stefano Filacorda, del Dipartimento di Scienza agroalimentari, ambientali e animali e responsabile per l’Università di Udine dei progetti sulla fauna selvatica – saranno di grande utilità nell’acquisizione di ulteriori informazioni in merito all’ecologia spaziale e nutrizionale di questa specie, oltre a capire quali sono gli spostamenti compiuti dall’animale in relazione all’alta mortalità stradale, in particolare in un’area antropizzata come quella del carso Goriziano. Questi studi si svolgono in un contesto di collaborazione internazionale con Paesi in cui la specie è presente e studiata, ovvero Slovenia, Ungheria, Serbia e Austria».

Alla mezzanotte e 10 del 20 dicembre, Pepe, frequentando il sito, ha attivato la trappola e i dispositivi di allarme, facendo sopraggiungere tempestivamente il team di ricerca nell’area. Una volta giunti sul posto il medico veterinario ha sedato e messo in sicurezza l’animale per poi procedere al monitoraggio dei parametri vitali e dello stato di salute durante tutto l’arco dell’operazione.

È stato inoltre eseguito un prelievo di sangue per valutare lo stato di salute del soggetto e, per esteso, della popolazione, grazie alla collaborazione sinergica tra Università e Istituto Zooprofilattico delle Venezie. Successivamente, si è proceduto all’apposizione del radiocollare, al prelievo del pelo per le analisi genetiche e fisiologiche nonché ai rilievi biometrici. L’animale, una volta ristabilitosi, è stato liberato.

«La trappola a cassa in legno a chiusura automatica – precisa Filacorda – si è rivelata utile e funzionale alla cattura dello sciacallo. Si tratta della prima cattura realizzata avvalendosi di questo metodo su tutto il territorio nazionale e nei confronti di questa specie».

All’operazione, coordinata da Stefano Filacorda, hanno partecipato Stefano Pesaro (medico veterinario), Andrea Madinelli (tecnico), Lorenzo Frangini (assegnista di ricerca) e Marcello Franchini (dottorando di ricerca), con il supporto di Saimon Ferfolja (tecnico faunista) e di Giacomo Bondi, tesista magistrale dell’Università di Bologna.

Pepe è il quinto sciacallo monitorato attraverso collari satellitari e radio dai ricercatori e tecnici dell’Università di Udine a partire da aprile 2019. Si tratta degli unici sciacalli che sono stati dotati di radiocollare in Italia. Nel 2019 il primo radiocollare è stato apposto ad Alberto, un esemplare soccorso a seguito di un investimento stradale avvenuto nei pressi di Osoppo (provincia di Udine).

Successivamente, ad agosto dello stesso anno, è stato catturato il primo esemplare in natura, Yama, nel territorio della Riserva Naturale Regionale dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa (provincia di Gorizia), nell’ambito del programma di monitoraggio appartenente al progetto transfrontaliero Interreg Italia-Slovenia “Nat2Care”. A questa sono seguite le catture di altri tre esemplari: Maya e Isabella nel 2019, sempre nei pressi della Riserva Naturale Regionale dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa, e, appunto, Pepe nel 2020.

Lo sciacallo dorato è una specie gregaria che forma branchi composti in media da 5-6 individui. Presenta un comportamento alimentare detto “opportunistico” il quale gli consente di sfruttare con un buon margine di successo anche ambienti modificati dalle attività umane. I dati bibliografici suggeriscono che i primi avvistamenti nella Regione Friuli Venezia Giulia risalgono al 1984 in seguito all’arrivo di alcuni esemplari di presunta origine dalmata e della Slavonia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un periodo di presenza/assenza dovuto alla non colonizzazione stabile del territorio, la specie è stata definitivamente inclusa all’interno della lista della Fauna Italiana a partire dal 1992. I primi nuclei riproduttivi stabili risalgono alla metà degli anni Novanta. Ad oggi si stima che in regione vi sia un numero variabile minimo, di 100-150 individui, prevalentemente distribuiti sul Carso Triestino e Goriziano, dove raggiunge densità tra le più elevate in Europa, e lungo corsi d’acqua quali in Tagliamento e il Torre. La specie ha mostrato, inoltre, buone tendenze all’espansione anche nelle regioni limitrofe quali Veneto e Trentino Alto Adige. Inoltre, avvistamenti sporadici sono stati segnalati in Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.

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